Prime conferme sul dossier Viganò, nonostante il fango
La galassia mediatica vicina al Vaticano e alla Cei inizia l'opera di demolizione della persona di Viganò delineando complotti, lotte di potere e screditando la moralità dell'arcivescovo. Ma nessuno affronta i fatti per quello che sono nè si chiede se ciò che è scritto sia vero. Intanto, mentre Papa Francesco sceglie la via del silenzio, arrivano i primi riscontri alla versione dell'ex nunzio sull'esistenza di provvedimenti inapplicati contro McCarrick. Un diplomatico citato nella testimonianza conferma: «E' tutto vero».
-IL DOCUMENTO CHE SCUOTE I VERTICI ECCLESIASTICI di Carlo Maria Viganò
La testimonianza pubblicata domenica mattina da La Verità in Italia, e da siti spagnoli e americani, firmata dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò, nunzio negli Stati Uniti dal 2011 al 2016, e in precedenza Segretario dello Stato della Città del Vaticano, ha provocato finora una risposta evasiva ed elusiva da parte del Pontefice e l’attivazione di una macchina del fango senza precedenti da parte dei media più vicini al Pontefice.
Il nodo forse più importante fra le tante cose scritte da Viganò riguarda un colloquio avuto con il Papa il 23 giugno 2013. È opportuno citarlo: “Il papa mi chiese con tono accattivante: ‘Il card. McCarrick com’è?’ Io gli risposi con tutta franchezza e se volete con tanta ingenuità: ‘Santo Padre, non so se lei conosce il card. McCarrick, ma se chiede alla Congregazione per i Vescovi c’è un dossier grande così su di lui. Ha corrotto generazioni di seminaristi e di sacerdoti e papa Benedetto gli ha imposto di ritirarsi ad una vita di preghiera e di penitenza’. Il papa non fece il minimo commento a quelle mie parole tanto gravi e non mostrò sul suo volto alcuna espressione di sorpresa, come se la cosa gli fosse già nota da tempo, e cambiò subito di argomento. In realtà McCarrick fu per anni un grande consigliere del papa in cose americane: “Le nomine di Blaise Cupich a Chicago e di William Tobin a Newark sono state orchestrate da McCarrick, Maradiaga e Wuerl. Anche la nomina poi di McElroy a San Diego fu pilotata dall’alto”. E, afferma Viganò, “Anche McElroy ben sapeva degli abusi commessi da McCarrick, come risulta da una lettera indirizzatagli da Richard Sipe il 28 luglio 2016”.
La bomba è esplosa mentre era in corso il viaggio in Irlanda, terminato domenica sera. Da quanto ci è stato detto dai colleghi che erano sull’aereo, c’è stato un tentativo da parte della Sala Stampa di limitare domande e colloquio con i giornalisti al viaggio. Un tentativo che non ha avuto successo. Riportiamo una traduzione della notizia pubblicata dalla Catholic News Agency. A domanda, il Pontefice ha detto: “Ho letto la dichiarazione stamattina e devo dirvi sinceramente, devo dire questo, a lei e a tutti quelli che sono interessati: leggete attentamente la dichiarazione e formatevi il vostro giudizio”; e ha aggiunto. “Non dirò una sola parola su questo”.Papa Bergoglio ha detto di credere nella “capacità giornalistica di trarre le proprie conclusioni”, definendolo un “atto di fiducia”. “Quando passerà un po’ di tempo e avrete tratto le vostre conclusioni, potrò parlare. Ma vorrei che la vostra maturità professionale facesse il lavoro per voi. Sarà un bene per voi”, ha detto ai membri della stampa. Einterrogato in una domanda di follow-up di quando avesse saputo delle accuse di abusi contro McCarrick, Papa Francesco ha risposto: “Questo fa parte della dichiarazione. Studiatelo e poi dirò”.
I commenti di vari organi di stampa sottolineano la debolezza di questa risposta. Scrive il Wall Street Journal: “Accuse secondo cui papa Francesco ha contribuito a coprire misfatti sessuali, a cui finora ha rifiutato di rispondere, si sono diffuse nella Chiesa cattolica lunedì, minacciando di minare la sua credibilità sugli abusi sessuali e di limitare in generale il suo pontificato”.
E sul Corriere della Sera Massimo Franco ha commentato, fra l’altro: “L’attacco, pubblicato dal quotidiano La Verità, getta una luce inquietante sulla nomenklatura vaticana. E non serve chiedersi quanto siano nobili o meschini i motivi per cui è scattato.Il problema è che si insinua l’immagine di un Papa al corrente degli abusi; e incline a sottovalutarli per ragioni di realpolitik. A dilatare l’eco è quanto è avvenuto negli ultimi mesi in Cile. Bergoglio ha difeso vescovi colpevoli di abusi sessuali, liquidando come «calunnie» le accuse”.
E Maurizio Belpietro, direttore de “La Verità”: “I giornalisti fan di Bergoglio non sperino di cavarsela ignorando il memoriale del monsignore o gettando ombre sulle sue intenzioni. Non importa la ragione che lo ha spinto a parlare, quel che dovrebbe contare è solo la realtà dei fatti elencati. Sono veri oppure no?”.
Un testimone dei fatti, l’allora Primo consigliere di Nunziatura a Washington, Jean-François Lantheaume ha parlato con la Catholic News Agency. Ha lasciato la carriera dioplomatica, e ha scelto di fare il prete in parrocchia. “Viganò ha detto la verità. Questo è tutto”, ha risposto.
E invece, come vediamo, tuttala la galassia dei giornalisti più o meno direttamente legati al Vaticano e alla Cei, per ragioni finanziarie o professionali, invece di chiedersi, e chiedere, se quello raccontato da Viganò è vero, si accaniscono a inventare complotti planetari, inesistenti lotte di potere interne al Vaticano (che se ci sono riguardano, eventualmente, il posizionamento dei sotto-clan bergoglianti in vista di un futuro conclave), o a screditare la figura morale e umana dell’arcivescovo.
Il massimo (o il minimo, se vogliamo) è stato raggiunto da un sito che era finanziato fino a qualche tempo fa dal Vaticano, che è andato a pescare un articolo del 2013 relativo a un conflitto familiare di Viganò; e il link è stato prontamente ripreso e rilanciato su Twitter da Massimo Faggioli, esponente di esportazione della scuola di Bologna e del progressismo ecclesiale senza se e senza ma. Tanto per far capire che non si arretra davanti a nulla.
Temiamo che non sia solo un riflesso di servilismo, ormai automatizzato, quello a cui assistiamo. È la strategia, collaudata, di un leader che non può e non vuole dare una risposta chiara, che lo inchioderebbe. E gioca sul tempo, nel frattempo sguinzagliando contro i critici o i fastidiosi le sue mute massmediali. Abbiamo visto questa stessa strategia in atto quando si è trattato dei Dubia. E lì il silenzio dura ancora.
Qui però, il problema è diverso. Non si parla di dottrina o di teologia, che, in fondo possono scaldare gli animi solo di una percentuale piccola o grande, ma sempre percentuale, di credenti. Il nodo da sciogliere qui riguarda un fatto concreto. È vero o non è vero che il Pontefice il 23 giugno 2013 è stato informato del fatto che McCarrick aveva a suo carico un grosso dossier alla Congregazione per i vescovi? Che aveva rovinato generazioni di seminaristi e giovani preti? Che era stato sottoposto a un regime di sanzioni da parte di Benedetto? È vero o non è vero? Se non è vero, è facile dire: Viganò si sbaglia, ricorda male, mente. (Ma forse c’è il timore che esista qualche documento…).
Se invece è vero, si tratta di spiegare perché McCarrick, fino al 2018, quando è esploso un caso di giustizia civile, ha potuto fare quello che voleva. Per quanto difficile possa essere spiegare, e duro trarre le conseguenze. Ma in questo caso, più che mai, il silenzio non si addice al successore di Pietro. Una non risposta avvalora la denuncia; il silenzio può temporaneamente salvare l’uomo, ma è devastante per il ruolo e l’immagine del Papa e la credibilità della Chiesa.