ISLAM

Un abbraccio spiega il radicalismo del Qatar

L'abbraccio pubblico tra l'emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani e il predicatore islamista Yusuf al-Qaradawi, leader mondiale dei Fratelli musulmani toglie ogni dubbio circa azioni e obiettivi del Qatar in Europa. Ed è uno scandalo che la Comunità internazionale chiuda un occhio su attività che ci potranno costare molto sangue.

World 08_06_2018
L'abbraccio tra l'emiro e il predicatore

L'emiro e il predicatore. I personaggi della storia sono due; uno è l'emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani e l'altro è Yusuf al-Qaradawi, il leader spirituale e carismatico della Fratellanza Musulmana mondiale. Del primo sappiamo molto, anche se la cosa che più ci interessa è l'attività sua e della sua famiglia, partendo dal padre, di supporto e finanziamento dei più grandi movimenti terroristici di questi ultimi dieci anni. E che spende e spande in tutto il mondo, dal calcio alle strutture turistiche, passando per scuole, ospedali, università e interi quartieri. Anche in Italia.

Del secondo l'opinione pubblica sa davvero poco, perché quando la sua figura emerse alle grandi cronache si fece di tutto pur di non raccontarne la storia, di non delinearne i lineamenti di predicatore estremista, di fomentatore di odio jihadista. Nessuno ricorda - perché i media mainstream tutti impegnati nel far cadere i Paesi arabi - che nel 2011 fu lui ad aprire una infiammata preghiera del venerdì in Piazza Tahrir in Egitto, manifestando palesemente che ad impossessarsi della protesta erano i Fratelli Musulmani con il loro carico di radicalismo. Fu il trionfo, per fortuna caduco, della Dawa, del proselitismo ai suoi massimi livelli.

Nessuno ricorda perché nessuna tv osò trasmettere quelle immagini e nessun giornale osò parlarne. Oppure dire che sulla tv Al Jazeera, guardacaso di proprietà qatarina, Qaradawi notoriamente predica la giustificazione del jihad e dei kamikaze. Quest'uomo è bandito dall'entrare negli Usa e in Gran Bretagna per via delle sue convinzioni e della sua attività. Ebbene questi due signori, l'emiro e il predicatore, due giorni fa sedevano allo stesso tavolo durante una cena alla fine della giornata di Ramadan. E fra i due viene immortalato un abbraccio che si potrebbe definire quasi paterno, ma la cui vera natura è velenosa.

Anche questo non lo sappiamo grazie ai giornali o alle tv occidentali bensì a dei tweets sconvolti di alcuni consulenti americani, fra cui anche un ex collaboratore del senatore Ted Cruz, che dopo aver visto (e postato) queste immagini hanno deciso di lasciare il Qatar e di troncare ogni rapporto con Doha. «Ho perso la fiducia che siano seriamente intenzionati a cambiare», scrive uno di loro su Twitter. Cambiare? Sorprende che ci sia ancora qualcuno che crede alla favola del Qatar impegnato nella lotta al terrorismo, visto che non ha smesso un giorno di dare ospitalità e sostegno ad ogni movimento si ispiri al proselitismo e al jihadismo, nel mondo arabo e in Occidente.

La domanda che allora occorre porsi è come faccia ancora il Qatar a definirsi un Paese che non finanzia e non fiancheggia il terrorismo. Come faccia ancora a definirsi in lotta contro il radicalismo e il proselitismo jihadista dei Fratelli Musulmani. E soprattutto come riesca senza vergognarsi la Comunità Internazionale ad avere ancora rapporti con il Qatar, a non isolarlo come hanno fatto Bahrein, Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi chiedendo di tagliare i ponti con il radicalismo. Senza poi non ritenersi direttamente responsabile di ogni attentato, di ogni goccia di sangue che bagna il suolo europeo.