un'assenza ingombrante

Il puzzle del Sinodo: esce Ladaria, ma arrivano i cinesi

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Due nomine in omaggio all'Accordo provvisorio con Pechino e un diniego clamoroso, quello dell'ex Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, in cui molti colgono una reazione alla Nota del Vicariato in difesa di Rupnik.

Ecclesia 23_09_2023

Celo, celo, manca. L'album del Sinodo si arricchisce di nuove figurine e ne perde altre. Nelle scorse ore, infatti, è stata ufficializzata la presenza a Roma di monsignor Joseph Yang Yongqiang e di monsignor Anthony Yao Shun.

La nomina del Papa dei due vescovi cinesi nell'elenco dei partecipanti all'assise di ottobre è un omaggio all'Accordo Provvisorio con Pechino: il primo, infatti, è stato addirittura vicepresidente dell'Associazione patriottica cattolica, l'organismo voluto dal regime comunista con una finalità che Benedetto XVI considerava «incompatibile con la dottrina cattolica». Yao Shun, invece, è stato il primo vescovo ordinato dopo la firma dell'Accordo Provvisorio. I due presuli cinesi non passeranno inosservati alla XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.

Così come non è passato inosservato il clamoroso diniego del cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer. L'uomo che fino a poco meno di un mese fa guidava il Dicastero per la Dottrina della Fede ha fatto sapere che non ci sarà. Un diniego che pesa ancora di più se si pensa che il gesuita spagnolo era nell'elenco dei partecipanti per nomina pontificia. L'annuncio l'ha dato monsignor Luis Marin de San Martin, sottosegretario della Segreteria Generale del Sinodo, ad un incontro di formazione sull'assise riservato ai giornalisti ma aggiungendo di non conoscere le motivazioni del ritiro comunicato da Ladaria al Papa. La notizia è stata buttata lì così, senza ulteriori spiegazioni, come se la mancata partecipazione dell'ex Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede non fosse rilevante, peraltro proprio nell'ambito di un evento dedicato alla comunicazione.

Nonostante i proclami, la vicenda Ladaria fa accrescere i dubbi sulla trasparenza nella gestione comunicativa del Sinodo che, come annunciato dal Papa in persona sul volo dalla Mongolia, verrà presidiata da una commissione ad hoc guidata dal prefetto del Dicastero per la Comunicazione Paolo Ruffini. Il capodicastero ha già fatto capire come intende applicare il mandato datogli da Francesco, annunciando di voler «preservare la confidenzialità, la riservatezza».

Malgrado i silenzi della comunicazione ufficiale, la decisione del cardinale spagnolo è stata inevitabilmente collegata alla recente nota del Vicariato di Roma che ha "assolto" Marko Rupnik dalle accuse di abusi sollevando persino perplessità sull'operato del Dicastero per la Dottrina della fede con il passaggio in cui si è parlato di «procedure gravemente anomale il cui esame ha generato fondati dubbi anche sulla stessa richiesta di scomunica». Evidentemente davvero troppo anche per il mite professore di teologia dogmatica che Francesco chiamò nel 2017 a sostituire il cardinale critico Gerhard Ludwig Müller. Ormai in pensione e alla soglia degli ottanta, Ladaria sembra aver scelto di dare un segnale pubblico del suo disappunto privato per la sconfessione subìta dal lavoro del suo Dicastero.

Intanto, la credibilità della Chiesa sulla questione abusi rischia di essere travolta dal muro eretto a difesa di Rupnik. Le presunte vittime dell'artista sloveno hanno manifestato la loro rabbia in una lettera in cui la relazione finale della visita canonica è stata accusata di ridicolizzare il loro dolore. «Come può la Chiesa del nostro tempo compiere meglio la propria missione attraverso un maggiore riconoscimento e promozione della dignità battesimale delle donne?», è una delle domande dell'Instrumentum Laboris del Sinodo.

Con che stato d'animo i padri sinodali proveranno a dare le loro risposte se prima non si fuga ogni dubbio sul sospetto che Rupnik sia stato destinatario di un trattamento di favore nonostante le gravissime accuse formulate contro di lui da religiose ed ex religiose? Accuse evidentemente ritenute credibili dall'ex Congregazione per la Dottrina della Fede che lo scomunicò – come ammesso in conferenza stampa dal preposito generale della Compagnia di Gesù, padre Arturo Sosa – e dai Gesuiti stessi che lo hanno dimesso lo scorso giugno.



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