EUTANASIA DI STATO

Francia, anche la Cassazione condanna a morte Vincent

La Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d’Appello, dando di fatto il via libera alla morte di Vincent per fame e per sete. Gli avvocati dei genitori chiedono il rispetto delle misure provvisorie derivanti dagli accordi con l’Onu, pena la denuncia del dottor Sanchez per «omicidio premeditato». Ma intanto si è stabilito un precedente, che è un pericolo per tutti i disabili.

Life and Bioethics 29_06_2019

Per l’ennesima volta Vincent Lambert è stato di fatto condannato a morire di fame e di sete, con la particolarità che ieri a pronunciarsi è stata la più alta corte francese, attraverso una sentenza «senza rinvio» ad altra giurisdizione. In pratica, una decisione definitiva, anche se non è possibile escludere altri colpi di scena, visto che gli avvocati dei genitori di Vincent hanno annunciato che la battaglia continua.

Il principale argomento usato dalla Cassazione per annullare la provvidenziale sentenza emessa il 20 maggio dalla Corte d’Appello è che il diritto alla vita non rientra nel campo della libertà personale. Un argomento che suona come un pugno alla ragione, essendo il diritto alla vita fondamento di tutti gli altri. Senza vita non ha nemmeno senso parlare di libertà, che tra l’altro è negata con il rifiutare ai genitori di poter trasferire il figlio per proseguirne le cure. Eppure la Cassazione, riunita in seduta plenaria, ha proprio sentenziato che «solo la privazione della libertà può essere descritta come un attacco alla libertà individuale (custodia della polizia, detenzione, ricovero senza consenso); il diritto alla vita non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 66. Di conseguenza, il rifiuto dello Stato di ordinare il mantenimento delle cure vitali fornite a Lambert non costituisce una violazione della libertà individuale».

La sentenza afferma poi che «rifiutando di ordinare il mantenimento delle cure richiesto dal Comitato dell’Onu, lo Stato non ha preso una decisione che va in modo manifesto al di là dei poteri che gli appartengono», per concludere che non vi è l’«atto illegittimo» lamentato dalla Corte d’Appello, la quale «non è quindi competente in questo caso». Competenza che invece spetterebbe, secondo la Cassazione, esclusivamente alla giustizia amministrativa: vale in breve l’ultima decisione del Consiglio di Stato, che aveva dato il via libera all’ospedale universitario di Reims per l’interruzione delle cure di base.

La Corte d’Appello aveva invece fatto presente la sua competenza a decidere, appunto collegando la libertà personale di Vincent al suo diritto alla vita, e ordinando di riprendere la somministrazione di acqua e cibo per sei mesi, così da dare il tempo al Comitato per i diritti dei disabili di analizzare il caso Lambert e pronunciarsi, come già richiesto a maggio dallo stesso organo dell’Onu sulla base degli accordi internazionali firmati dalla Francia.

Il quotidiano Le Monde ha osservato che raramente la Cassazione ha emesso una sentenza in modo così rapido. Certo è che i 19 giudici riunitisi per decidere sulla vita di Vincent hanno deciso in un contesto in cui la moglie Rachel, l’ospedale, il governo Macron e il procuratore generale ne chiedono tutti la morte. Con il sostegno di gran parte del sistema mediatico, schieratissimo per l’eutanasia e disposto a spargere una quantità senza limiti di bugie pur di ottenerla. Dall’altro lato ci sono due anziani genitori, Viviane e Pierre, che stanno combattendo come leoni per non farsi ammazzare il figlio.

L’attuale primo presidente della Cassazione, Bertrand Louvel, lascerà il suo posto domani, 30 giugno. Anche questa circostanza, unita alla richiesta di attesa proveniente dal Comitato per i disabili, avrebbe dovuto suggerire di rimandare l’esame di una vicenda così delicata, in cui i ricorrenti chiedevano non di fornire le cure necessarie a un paziente - fatto che avrebbe giustificato l’urgenza - ma di togliergliele. Invece, c’è stata una fretta spasmodica. E così ieri, nella solennità del Sacro Cuore di Gesù, devozione radicatasi con grandi meriti di santi francesi, la parte di Francia che ha voltato le spalle a Cristo ha deciso che sia legittimo non dare da mangiare e da bere a un malato. Tristemente ironico, come osserva il comitato Je soutiens Vincent, che Vincent possa essere privato dell’acqua «nel pieno della canicola, mentre ai francesi ci ripetono costantemente che bisogna idratarsi!».

Quali possibilità rimangono allora per Vincent? Jérôme Triomphe e Jean Paillot, avvocati dei suoi genitori, hanno annunciato subito dopo il verdetto che presenteranno una denuncia per «omicidio premeditato» contro il dottor Vincent Sanchez nel caso questi dovesse interrompere l’idratazione e la nutrizione del quarantaduenne tetraplegico. I due legali puntano sul fatto che la Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d’Appello per questioni di competenza, ma non si è pronunciata sul carattere obbligatorio delle misure provvisorie prescritte dal Comitato dell’Onu e che chiaramente richiedono di mantenere in vita il paziente disabile. «Oggi le misure provvisorie esistono e sono vincolanti per la Francia e il dottor Sanchez», ha detto Triomphe, spiegando che se «il governo non farà rispettare queste misure provvisorie verranno immediatamente avviati procedimenti penali contro i ministri interessati», cioè il ministro degli Esteri e quello della Sanità. Il legale ha quindi accusato il governo di «falsa testimonianza contro i suoi impegni internazionali».

Di altro avviso è invece il legale di Rachel, ossia Patrice Spinosi, uno degli avvocati più potenti della Francia, secondo cui la decisione della Cassazione «è il punto finale su questo affare» e che l’ospedale può interrompere le cure «subito».

L’ospedale di Reims non ha fin qui comunicato quando riprenderà l’iter per l’eutanasia. Ma rimane la spada di Damocle di una sentenza iniqua che non colpisce solo il diritto alle cure di Vincent, poiché rappresenta un precedente giurisprudenziale di grande peso, che sarà usato - contro i malati - per altri casi simili. Ricordiamo che Vincent si trova in uno stato di minima coscienza, non è in fin di vita né tantomeno terminale, respira in modo autonomo, non è attaccato a nessuna macchina, come si può facilmente constatare anche dal video girato dai suoi genitori il 19 maggio. Anche se fosse terminale o tenuto in vita da una macchina non sarebbe comunque moralmente lecito ucciderlo privandolo di cibo e acqua, ma ricordare le sue reali condizioni aiuta a capire quanto si sia diffusa la cultura eugenetica delle «vite non degne di essere vissute», che ha condotto le società occidentali all’eutanasia di Stato sui disabili.