IL CASO A MILANO

Fra Pd e islam politico c'è un rapporto non occasionale

Maryan Ismail, antropologa somala ed ex Pd e Matteo Forte, consigliere Popolare, avevano ragione. Il sostituto procuratore di Milano ha chiesto l'archiviazione della querela per diffamazione sporta dal Pd. Querela su cosa? La Ismail e Forte avevano accusato il Pd di intrattenere "rapporti non occasionali" con l'islam politico.

Attualità 15_04_2018
Matteo Forte e Maryan Ismail

Quasi un anno fa, il Partito Democratico querelava Maryan Ismail, antropologa somala, donna simbolo dell’islam moderato milanese nonché ex esponente del partito e un consigliere Popolare, il professor Matteo Forte. La querela era per diffamazione. Ora è stata archiviata. Le motivazioni con cui il sostituto procuratore di Milano ha chiesto l'archiviazione della querela sono molto rivelatorie: quelle della Ismail e di Forte non erano “allusioni malevole”, ma “dati oggettivi”. E’ una buona notizia per l’antropologa e il consigliere. Ma una brutta notizia per i milanesi. Perché la Ismail e Forte lanciavano un’accusa precisa e inquietante: il Pd e l’islam politico hanno un “rapporto non occasionale”. Nella loro conferenza stampa avevano accostato il simbolo del Pd con quello dei Fratelli Musulmani.

La Ismail e Forte non avevano chiesto le dimissioni di alcuno. Si erano limitati a denunciare fatti documentati pubblicamente e a porre serie domande al Pd. E in un passaggio della richiesta si cita l'elezione in Consiglio di Sumaya Abdel Qader, “che ha ricoperto ruoli di rilievo della Fioe, organizzazione indicata dal sito Global Muslim Brotherhood Daily Watch come legata ai Fratelli musulmani”. La decisione del giudice, spiega la Ismail, “tranquillizza la cittadinanza di fede islamica e offre la possibilità di esprimere sia nei luoghi pubblici che nelle sedi politiche, timori e preoccupazioni sull'uso dell'ideologia oscurantista nell'ambito islamico. Una grande vittoria, in particolare per le minoranze e le donne musulmane”. E aggiunge che: “Continuerò il mio impegno in questo senso, certa che le istanze d'inclusione, giustizia, dignità e libertà di tutti, saranno il prossimo traguardo da raggiungere”.

Maryan Ismail aveva già spiegato alla Nuova Bussola Quotidiana il pericolo della penetrazione di un islam politico nei partiti della sinistra italiana. “A mio avviso l’obiettivo è porre le proprie pedine politiche per promuovere la loro visione - ci aveva spiegato allora - E questa visione è più che esplicita: anche l’estate scorsa si è parlato di equiparare le unioni civili alla poligamia. Poligamia che, nei nostri paesi, noi stiamo cercando di sospendere, perché è una pratica in disuso, dispendiosa e non rispettosa della volontà delle parti. Il ritornare ‘sui propri passi’, posto che sia stata anche solo una boutade, ha però innescato un altro dibattito sul velo: lo si presenta come una sorta di sacra reliquia e lo si riveste di una simbologia che in realtà non appartiene all’islam. E non solo: c’è poi il rifiuto dell’adozione, perché l’islam politico riconosce solo l’affidamento. E infine, ma non da ultimo, la polemica sul tribunale islamico. E’ vero che già esistono altri tribunali religiosi delle minoranze, come il tribunale rabbinico. Ma il tribunale rabbinico, giusto per restare su questo esempio, esprime suggerimenti nella comunità ebraica, che non si contrappongono al diritto italiano, né disconoscono lo Stato. Un tribunale islamico, come vediamo già in Gran Bretagna, ha creato danni, perché è incompatibile con tutta una serie di diritti riconosciuti, soprattutto, alla donna: eredità dimezzata, diritto al divorzio, diritto alla tutela dei figli… temi fragili e importanti, che la battaglia sul velo racchiude non solo simbolicamente”

Per Matteo Forte, l’alleanza fra questo islam più oscurantista e il Pd non è occasionale, appunto, ma strategica: “Non si tratta più di un rapporto privilegiato con alcuni. Si tratta di una scelta di portarsi in pancia un mondo islamista politico che, non è terrorista, ma sta al jihadismo esattamente come i cattivi maestri degli anni 70 stavano ai brigatisti rossi”, spiegava nella conferenza stampa incriminata. Nella relazione tenuta assieme alla Ismail, venivano citati alcuni casi noti e uno inedito: un intervento della consigliera comunale Abdel Qader, eletta nel Pd, che nel 2012 proponeva di sostenere la causa del cugino, Samer Al Barq, detenuto nelle carceri israeliane. Secondo quanto ricostruito da Forte, Samer Al Barq compariva anche nel rapporto di una commissione del Senato Usa, “in relazione all'utilizzo di antrace da parte di Al Qaeda e ad attività qaediste in Pakistan”. Veniva citata anche un'associazione, Segnali, che annoverava nel suo organico al vertice dirigenti del Pd ed esponenti musulmani di area Ucoii, fra cui il presidente del comitato Libertà e Democrazia per l'Egitto, indicata come sigla che sosteneva l’ex presidente egiziano Mohamed Morsi, esponente dei Fratelli Musulmani.

Quanto questo islam politico starebbe influenzando la politica del Pd? Molto, secondo Forte, “come si è visto nel piano moschee”, come aveva spiegato lo stesso consigliere popolare alla Nuova Bussola Quotidiana quattro anni fa. Inoltre, “si sono inseriti nelle liste, esponenti di questo mondo”. Ai quali contesta “l’appartenenza ideologica a un mondo politico col quale, negli altri paesi d’Europa, ma anche in Nord Africa, si stanno tagliando i ponti”. La domanda al Pd che non ha ancora trovato risposta è: “A quale islam si sta dando spazio? E per quale finalità?” Il Pd si è accorto del rischio? “Non so nemmeno se si sia posto il problema – diceva la Ismail nel 2017 – Quando, durante la mia presenza nella segreteria metropolitana, ho chiesto più volte di intervenire, di fare un incontro su questo tema, non mi è mai stato concesso”. Adesso, da caso giudiziario, ritorna alla politica. Chissà che qualche chiarimento in più non arrivi.