EUTANASIA DI STATO

Ecco perché il governo Macron vuole Vincent morto

Prima delle europee il presidente francese aveva detto di non poter interferire con la decisione di interrompere le cure a Vincent Lambert, mentre dopo le elezioni il suo governo ha presentato ricorso contro la decisione della Corte d’Appello di far riprendere alimentazione e idratazione. Carnevalata elettorale a parte (gli servivano i voti dei cattolici), perché tanta fretta di sbarazzarsi di un disabile? Per una serie di precisi motivi.

Life and Bioethics 13_06_2019

Ricordate l’intervento di Emmanuel Macron, la sera del 20 maggio, allorché a Vincent Lambert erano stati arrestati l’alimentazione e l’idratazione? “Oggi, come Presidente della Repubblica”, aveva detto Macron, “non è di mia pertinenza sospendere una decisione che compete ai medici e che è conforme alle nostre leggi. La decisione di interrompere le cure è stata presa a conclusione di un dialogo continuo tra i medici e la moglie, che è la tutrice legale. È stata presa sulla base della nostra legge, che permette di sospendere le cure nei casi di ostinazione irragionevole, e che, secondo le diverse équipe mediche, è il caso di Vincent Lambert”.

Sostanzialmente, allora, il presidente francese se ne lavò le mani; si era alla vigilia delle elezioni europee e Macron aveva bisogno, per sopravvivere, di raccattare un po’ di voti, anche dal mondo cattolico, che, stando a un sondaggio del giornale La Croix, non ha deluso il fondatore del movimento La République en Marche. I numeri di La Croix mostrano che il favore dato a Macron è direttamente proporzionale alla pratica della “fede cattolica”. Le virgolette non vogliono essere un giudizio su nessuno, ma sia almeno permesso avere qualche dubbio sulla qualità di una fede che si esprime a sostegno di politiche chiaramente contrarie ai principi non negoziabili. Principi che, se non erano negoziabili al tempo di Benedetto XVI, non lo sono nemmeno oggi e non lo saranno neppure domani.

Dunque, il 43% dei cattolici praticanti regolari ha votato per Macron; la percentuale scende al 30% per i praticanti non regolari e al 22% per i non praticanti. Per il partito Rassemblement National vale invece il contrario: più i cattolici stanno lontano dalle chiese e più si sono espressi a sostegno di Marine Le Pen. I “buoni” cattolici hanno perciò sostenuto un partito che venerdì scorso, 7 giugno, ha votato la proposta della socialista Laurence Rossignol di spostare da 12 a 14 settimane il periodo per consentire legalmente l’aborto. Un’emergenza nazionale, secondo la Rossignol, perché “in Francia, ogni anno, dalle 3.000 alle 5.000 persone vanno all’estero per procedere a un aborto ritenuto fuori termine”. Che ingiustizia e che discriminazione! Se sei incinta di 11 settimane e 6 giorni godi ancora della libertà di liberarti di un “fardello”, mentre se il tuo stato interessante perdura da 12 settimane e un giorno, tocca affrontare un viaggio all’estero. Inconcepibile nella Francia dei diritti umani. Ma che diranno adesso, con questo colpo di genio della Rossignol, le donne che dopo 15 settimane si accorgono di non voler mettere al mondo un figlio? Non si sentiranno discriminate anche loro?

Torniamo a Macron e Vincent Lambert. Finita la carnevalata elettorale, venerdì 31 maggio, Macron è venuto allo scoperto e ha pensato bene di fare ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Parigi, che il 20 maggio scorso aveva salvato in extremis la vita di Vincent. Il ricorso è stato fatto dal governo francese, in specie dal Ministero degli Affari esteri e da quello della Solidarietà e Sanità, quest’ultimo guidato da Agnès Buzyn, che si era espressa favorevolmente all’interruzione dei sostegni vitali a Vincent e ha salutato altrettanto favorevolmente, manco a dirlo, l’emendamento della Rossignol.

Il governo francese non ha dunque alcuna intenzione di attendere il pronunciamento del Comitato Onu per i diritti delle persone disabili. Per quale ragione? Anzitutto, una sentenza della Cassazione favorevole alla morte di Vincent sarebbe un grande colpo per Macron. Gli permetterebbe di risolvere il problema Lambert senza dover entrare nell’arena politica di un’eventuale legge sull’eutanasia. La sentenza della Cassazione farebbe giurisprudenza e permetterebbe di regolare i casi futuri in una chiara direzione, risparmiando a Macron di dover nuovamente affrontare una nuova Manif pour tous, mentre ancora fa fatica a gestire la protesta dei Gilets jaunes (i “gilet gialli”) e stenta a rimanere al governo, dopo la recente scoppola elettorale. In caso di una discussione di legge sull’eutanasia, Macron dovrebbe poi prendere una posizione che rischierebbe di fargli perdere i voti dei cattolici praticanti di cui sopra, i quali, nella loro letargia, continuano a pensare che in Francia attualmente l’eutanasia sia illegale.

E poi c’è un altro problema: Vincent deve morire lì dov’è. Perché se per caso dovesse lasciare l’unità di cure palliative dell’Ospedale di Reims e andare, come da anni la famiglia richiede, in un’unità specializzata per pazienti con coscienza minimale, potrebbe accadere che Vincent migliori la sua situazione e trovi persino una modalità comunicativa. Verrebbe dunque alla luce che il mantra che i vari medici, invitati dai grandi media, continuano a ripetere - e cioè che per Vincent non c’è alcuna speranza di miglioramento - potrebbe risultare falso. Ad onta di una porzione della classe medica che pensa di saperne più del Padreterno.

E potrebbe anche accadere che Vincent trovi un canale comunicativo per ringraziare i suoi genitori e dire che vuole continuare a vivere e lottare, mandando così in frantumi il dogma che tiene in piedi le dichiarazioni anticipate di trattamento; quello, cioè, che la decisione sulla propria vita presa quando si sta bene debba per forza essere la stessa di quando invece si sta male. Rischi troppo grossi per quella volpe di Macron: meglio mandare avanti la magistratura e togliersi al più presto questa patata bollente.

La Cassazione si riunirà il prossimo 24 giugno. La famiglia chiede la preghiera di tutti e domanda anche un sostegno economico. La Fondazione Jérôme Lejeune si è offerta di far fronte alle nuove spese legali, ma essa vive a sua volta di donazioni. Chiunque volesse contribuire, lo può fare a questo link