REGNO UNITO

Conto alla rovescia per Indi Gregory

I giudici inglesi hanno deciso che da oggi, giovedì 9 novembre, alle 15 (ora italiana) i medici dell’Ospedale di Nottingham possono iniziare le procedure per togliere i supporti vitali alla bambina di 8 mesi gravemente malata. Ridotte al lumicino le speranze di un trasferimento in Italia.

+++ AGGIORNAMENTO delle 18.30: Domani, venerdì 10 novembre, a partire dalle 12 (le 13, in Italia), sarà discusso il nuovo ricorso della famiglia di Indi Gregory. In attesa della decisione sul ricorso, rimangono attaccati i supporti vitali di Indi.

Life and Bioethics 09_11_2023 English
Indi Gregory

La speranza che un tribunale permetta il trasferimento di Indi Gregory in Italia si è probabilmente infranta ieri pomeriggio, quando il giudice Peel ha consegnato ai genitori di Indi la decisione finale su dove la bambina di 8 mesi dovrà trascorrere le sue ultime ore di vita: «Il supporto vitale della piccola Indi deve essere rimosso alle 14 (ora inglese, le 15 in Italia, ndr) di domani, giovedì 9 novembre, al Queen's Medical Centre o in un hospice».

Non potrà dunque essere trasferita nella sua casa di Ilkeston, Derbyshire, come avevano chiesto i genitori, si legge nel comunicato stampa di Christian Concern, l’associazione che sta assistendo la famiglia. I genitori hanno già annunciato il ricorso contro la decisione. Vogliono chiedere ancora una volta che a Indi, nata con una malattia mitocondriale, sia permesso di tornare a casa in questo tragico momento della sua breve vita. La decisione del tribunale di accettare o rifiutare la loro richiesta sarà comunicata oggi.

La vita di Indi è appesa a un filo da quando, lo scorso settembre, è iniziato il contenzioso tra il Nottingham Hospital Trust e i genitori, Dean Gregory e Claire Staniforth, su quale sia “il miglior interesse” della bambina che oggi ha otto mesi. Lo scorso 16 ottobre il giudice Peel ha autorizzato il ritiro del supporto vitale di Indi. Sarebbe stata la prima di una serie di sentenze che condannano di fatto la bambina a una morte prematura. Una nuova speranza di salvare Indi, tuttavia, è arrivata quando l'Italia si è interessata al suo caso e dopo che la famiglia aveva esaurito tutte le possibili vie legali nel Regno Unito e presso la CEDU. La disponibilità offerta dall'Ospedale pediatrico vaticano Bambin Gesù di accogliere Indi e continuare le sue cure, compresa un'operazione al cuore che le avrebbe permesso di respirare autonomamente, sembrava dare a Indi un'altra insperata possibilità. Ma con grande sgomento della famiglia e dell'opinione pubblica, il giudice Peel, in due sentenze dell'Alta Corte, ha bloccato il trasferimento di Indi in Italia per le cure specialistiche e ha nuovamente stabilito che la morte di Indi è nel suo "miglior interesse".

Per non essere sconfitta al primo ostacolo, l'Italia ha risposto alla sentenza di Peel concedendo a Indi la cittadinanza italiana il 6 novembre con una riunione d’emergenza del Consiglio dei ministri presieduto da Giorgia Meloni. Inoltre il governo ha garantito il pagamento delle cure a Roma e ha emesso un provvedimento d'urgenza che autorizza il trasferimento della bambina al Bambin Gesù. Dean Gregory ha dichiarato alla Bussola di aver già «raccolto i soldi necessari per finanziare l'aereo-ambulanza che porterà la piccola Indi in Italia e le darà una possibilità di vita».

Nel frattempo, i medici responsabili delle cure di Indi hanno continuato a sottoporre la famiglia a forti pressioni per interrompere il supporto vitale. Ieri i medici dell'ospedale, approfittando di un errore nel documento dei giudici, hanno minacciato di avviare il protocollo immediatamente e in assenza del padre di Indi. Dean Gregory ha quindi dichiarato alla Bussola: «La minaccia dell'ospedale di rimuovere il supporto vitale prima dell'invio della sentenza ufficiale mi ha causato un grande stress, mi è sembrato che stessi per avere un attacco di cuore, il pensiero di rimuovere il supporto vitale quando non ero presente è una cosa assolutamente vergognosa e senza cuore da suggerire».

Forse i medici dell'ospedale di Nottingham stanno diventando sempre più nervosi davanti all'eventualità che, continuando gli avvocati a guadagnare tempo, si possano creare le condizioni per il trasferimento di Indi in Italia. Il 7 novembre «il console italiano a Manchester, Matteo Corradini, in qualità di tutore di Indi Gregory, ha emesso un provvedimento d'urgenza, riconoscendo l'autorità dei tribunali italiani e il giudizio su questo caso. Il giudizio autorizza il trasferimento del minore all'ospedale Bambin Gesù di Roma e l'adozione del piano terapeutico proposto. Il console italiano ha inoltre nominato un tutore speciale per gestire la situazione. Il decreto è stato comunicato dal tutore al direttore generale dell'ospedale britannico per favorire una collaborazione ordinata e costruttiva tra le autorità sanitarie italiane e inglesi, al fine di evitare questioni legali di conflitto di giurisdizione», ha annunciato Tom Allen a nome del Christian Concern.

Dean Gregory, da parte sua, ha ringraziato il presidente, il governo  e il popolo italiano con una dichiarazione pubblica: «Vi ringraziamo dal profondo del cuore e vi vediamo come l'angelo custode di Indi per la compassione e l'amore che avete, cercando di aiutare nostra figlia a ricevere le cure di cui ha bisogno e per la devozione che avete per Indi, questo ci rende felici. Ma è ancora urgente fare appello al governo britannico affinché permetta a Indi di venire in Italia, prima che sia troppo tardi. Come padre, non ho mai chiesto o implorato nulla in vita mia, ma vi prego di aiutarci a evitare che la vita di nostra figlia venga portata via». 

Sulla vicenda di Indy sono intervenuti anche i vescovi cattolici: il 7 novembre, Patrick McKinney, vescovo di Nottingham, e John Sherrington, responsabile Vita della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, hanno pubblicato una dichiarazione congiunta a sostegno del diritto alla vita. «La sospensione di terapie sproporzionate non può giustificare la sospensione delle cure di base, che comprendono i trattamenti necessari per mantenere le funzioni fisiologiche essenziali finché l'organismo ne può beneficiare (come l'idratazione, la nutrizione, il supporto respiratorio proporzionato, la termoregolazione e la gestione del dolore) (...) Non dovremmo mai agire con l'intenzione deliberata di porre fine a una vita umana, compresa la rimozione delle cure di base per raggiungere la morte», si legge nella dichiarazione.

Hollie Dance, madre di Archie Battersbee, che ha combattuto e perso la sua battaglia per difendere il diritto alla vita del figlio, compreso il diritto di portarlo all'estero per le cure, ha dichiarato alla Bussola: «Sono al fianco di Dean e Claire nella loro lotta per salvare Indi. Non credo che la gente si renda conto che in questi casi si è prigionieri dello Stato. Se non si vivono queste situazioni, non si ha idea di quanto sia cupa e solitaria questa lotta».

Nel corso degli anni, il Regno Unito è stato teatro di una serie di casi di fine vita che hanno fatto rumore. Questi casi hanno diversi punti in comune, ma ce n'è uno che spicca in questo momento particolare: l'evidente disparità tra ciò che i genitori dicono essere la condizione del loro bambino in ospedale e le tragiche dichiarazioni rilasciate sotto giuramento dai medici del Servizio sanitario nazionale. Nel caso di Indi, i medici hanno detto al giudice che Indi era «chiaramente angosciata, agitata e sofferente» a causa delle cure subite.
Tuttavia, è difficile far coincidere questa affermazione con i video molto recenti, girati dai genitori, in cui Indi risponde al tocco dei genitori, godendosi chiaramente la musica in sottofondo senza alcun segno visibile di dolore. Inoltre, nell'ultima sentenza dell'Alta Corte che ha negato a Indi la possibilità di tornare a casa, si legge: «Il Trust cercherà di stabilizzarla dopo l'estubazione e di valutare il passo successivo, un processo che secondo loro potrebbe richiedere una settimana o poco più». Se Indi può sopravvivere per «circa una settimana» dopo l'estubazione, ci si chiede perché Indi non possa correre il rischio di andare in Italia e magari vivere tre settimane o più?

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+++ AGGIORNAMENTO delle 15: «Il tutore italiano di Indi Gregory ha presentato una richiesta urgente all’Alta Corte del Regno Unito chiedendo al giudice Robert Peel di cedergli la giurisdizione sul caso ai sensi dell’articolo 9§2 della Convenzione dell’Aia del 1996. Uno sviluppo del genere non si era mai verificato prima in un caso di fine vita riguardante un bambino nel Regno Unito».
È quanto si legge in un comunicato stampa del Christian Legal Centre, l’associazione che sta assistendo legalmente la famiglia di Indi Gregory, la bambina anglo-italiana di 8 mesi affetta da una rara patologia mitocondriale a cui medici e giudici britannici vogliono staccare i supporti vitali. «Questi ordini – prosegue il comunicato – hanno effetto immediato a causa del pericolo imminente per la vita di Indi, con i medici pronti a rimuoverle il supporto vitale oggi alle 14 (le 15 in Italia, ndr)».
Intanto, come riferisce il Tg3 e come conferma alla Bussola il portavoce di Pro Vita & Famiglia, Jacopo Coghe, è stata posposta di due ore l’autorizzazione all’ospedale a staccare i supporti vitali di Indi, che dunque non potranno essere staccati prima delle 17 di oggi (ora italiana), 9 novembre 2023.

+++ AGGIORNAMENTO delle 18.30: Domani, venerdì 10 novembre, a partire dalle 12 (le 13, in Italia), sarà discusso il nuovo ricorso della famiglia di Indi Gregory, che punta a chiedere il trasferimento della giurisdizione al giudice italiano. Ciò avviene a seguito innanzitutto della decisione del governo Meloni (6 novembre) di concedere la cittadinanza italiana alla bambina inglese di 8 mesi affetta da una rara patologia mitocondriale e poi all’attivazione, nella giornata di oggi (9 novembre) e sempre da parte del governo italiano, della procedura prevista dall’articolo 9 della Convenzione dell’Aia del 1996.
In attesa della decisione sul ricorso, rimangono attaccati i supporti vitali di Indi.



REGNO UNITO

Sì, vale la pena lottare per la vita di Indi Gregory

07_11_2023 Riccardo Cascioli

Malgrado la speranza generata dalla concessione della cittadinanza italiana, la strada resta in salita per salvare la bambina inglese di 8 mesi che medici e giudici vogliono lasciar morire. Ma la dignità della persona esige che la battaglia per la vita sia portata fino in fondo.

il caso

«Incurabile». Il benvenuto di morte della stampa a Indi

08_11_2023 Andrea Zambrano

I media italiani si accodano al best interest sancito da medici e giudici definendo Indi «incurabile». Che però non è sinonimo di inguaribile. Un asservimento della stampa alla mentalità eutanasica dominante. 

INTERVISTA / DEAN GREGORY

«Mia figlia Indi messa a morte da un Sistema diabolico»

Si è riaccesa una piccola speranza per Indi Gregory, la bambina di 8 mesi gravemente malata a cui oggi i medici potrebbero togliere i supporti vitali: il governo italiano le ha concesso la cittadinanza italiana così da facilitare un eventuale trasferimento al Bambin Gesù di Roma. Alla Bussola il papà di Indi, Dean Gregory, consegna un messaggio di gratitudine per tutto quanto sta facendo l'Italia. E sulla sua vicenda dice: «In tribunale ho visto l’inferno, per questo ho fatto battezzare mia figlia».

NOTTINGHAM

Indi Gregory, otto mesi, l’ultima vittima del “fine vita” inglese

Affetta da rara malattia genetica degenerativa, sarà fatta morire oggi, 30 ottobre, a meno che venga accolto l’estremo ricorso per farla trasferire in Italia, al Bambin Gesù di Roma.