VATICANO-PECHINO

Cina, a chi interessa celare la persecuzione dei cristiani

Su Vatican Insider, un articolo non si sa se più disinformato o più malevolo di Gianni Valente rompe il silenzio sull’accordo tra Vaticano e Pechino. Getta fango su alcune delle chiese protestanti fra le più perseguitate dal regime comunista, insinua dubbi su complotti americani e ridimensiona la repressione. Ma perché?

Religious Freedom 21_05_2018
Chiesa di Dio Onnipotente in Cina

Su Vatican Insider, un articolo non si sa se più disinformato o più malevolo di Gianni Valente rompe il silenzio ormai calato sull’accordo tra il Vaticano e il governo neo-post-comunista di Pechino per la nomina dei vescovi, che rischia di svendere i cattolici da sempre fedeli alla Santa Sede.

Il genere letterario è il dire a suocera affinché nuora intenda. Valente spara a zero sui “cattivi” protestanti e sulle “sette”, ancora più “cattive”, tirando la volata al Partito Comunista Cinese, l’erede di una delle rivoluzioni più crudeli e sanguinarie della storia, sul cui capo pesano milioni di vittime e di cui nessuno, men che meno l’attuale dirigenza, ha chiesto scusa.

Valente scrive che, «[...] da settimane, continua ad essere rilanciata in tutto il mondo la segnalazione di misure restrittive messe in atto da apparati locali in alcuni villaggi e città dell’immenso Paese per vietare ai minorenni l’accesso alle chiese e alle attività parrocchiali, insieme a altre disposizioni repressive come la chiusura di una scuola d’infanzia gestita da cattolici». Verissimo. Avviene nella provincia dell’Henan, ci sono le foto, ma Valente insinua il dubbio: sono casi «[...] segnalati da testimonianze locali», «spesso anonime». Già: è ben difficile che le prime notizie di fatti così non provengano da fonti locali, alle elementari del giornalismo lo insegnano il primo giorno. Quanto all’anonimato, ci mancherebbe altro: la repressione contro le religioni in atto in Cina contempla torture, uccisioni, corpi bruciati.

Prosegue Valente: «In quella regione centrale della Cina, una circolare emessa lo scorso 8 aprile, recante i timbri delle sezioni provinciali dell’Associazione patriottica del cattolici cinesi e della Commissione per gli affari della Chiesa (organismi di trasmissione della politica religiosa governativa), ha effettivamente messo nero su bianco il divieto per i minori di entrare in chiesa e di partecipare a attività organizzate dalle comunità ecclesiali. Ma appaiono al momento infondate le affermazioni secondo cui tale divieto sarebbe in vigore e in progressiva applicazione in tutta la Cina».

Falso, come ha documentato AsiaNews e come afferma il suo direttore, padre Bernardo Cervellera, il massimo esperto mondiale cattolico di Cina. Qualora però il divieto riguardasse anche “solo” l’Henan, non sarebbe meno grave: Valente la chiama «area circoscritta», ma l’Henan, nella Cina centrale, consta di 167mila chilometri quadrati, ovvero più della metà dell’Italia (301.340 km2) e ha più di 94 milioni di abitanti (in tutta Italia ce ne sono poco più di 60 milioni). Ma, ecco qua, il punto, dice Valente, è che «[...] per gli addetti alla politica religiosa di Pechino, l’Henan non è una provincia come le altre».

Qui sono infatti diffusissime le cosiddette “House Churches”, le “Chiese domestiche” protestanti di matrice evangelical. Agli occhi del PCC (e di Valente) hanno una pecca gravissima: non obbediscono al governo di Pechino e non si piegano al cosiddetto “Movimento delle tre autonomie” (autogoverno, autofinanziamento, autopropaganda), sorto nel maggio 1950 per controllare e piegare il cristianesimo protestante nel Paese, 7 anni prima della nascita dell’Associazione patriottica cattolica cinese con cui Pechino ha analogamente cercato d’imbavagliare i cattolici.

Valente dice il vero quando scrive che «le migliaia di “Chiese domestiche” dell’Henan appaiono sempre più connesse con la galassia d’impronta evangelicale, pentecostale e carismatica in espansione da decenni in vaste aree del mondo», ma dice il falso quando scrive che «[...] sono stati documentati» i metodi di plagio «[...] e anche casi di omicidi» a carico della Chiesa di Dio Onnipotente (CDO), nota anche come Lampo da Levante, un nuovo movimento religioso considerato eterodosso da diverse Chiese e comunità cristiane maggioritarie. Il suo - unico - riferimento è un articolo di padre Vito del Prete pubblicato dall’agenzia Fides nel 2013, cioè prima dei numerosi studi specialistici pubblicati sulla CDO e la cui unica fonte non è nemmeno l’organizzazione governativa anti-sette cinese, ma solo i corrispondenti occidentali da Pechino che a propria volta leggono solo la propaganda cinese. L’articolo contiene infatti diversi errori fattuali (sbagliate data e luogo di fondazione, sbagliato dire che Zhao Weishan sia l’unico o il principale fondatore, non è vero che gli adepti sono in maggioranza poveri e ignoranti, e il nome “Deng” è dato alla fondatrice solo dalla propaganda anti-sette). Non è nemmeno vero che i convertiti alla CDO vengano abbondantemente dal cattolicesimo, giacché vengono in gran parte dal protestantesimo. E degli omicidi menzionati allora parlava solo il Quotidiano del Popolo, comunista, ma, richiesta di fornire prove, la polizia ha detto di non averne.

Oggi esistono in rete, anche in italiano, fior di studi approfonditi che smentiscono le bugie diffuse dal PCC conto questo gruppo. Perché il punto è questo: la CDO non si piega ai dettami del PCC e così il PCC la perseguita con asprezza. Esattamente come fa da anni con il Falun Gong (o Falun Data), con gli uiguri musulmani della provincia autonoma Xinjiang (entrambi i gruppi vittime designate della mattanza per l’espianto e il commercio di organi umani), con tutte le altre etnie islamiche del Paese - per esempio i Tablighi, cioè il più grande movimento sunnita del mondo, e chiunque stia con il “blocco sunnita” sostenuto dagli Stati Uniti -, avendo convinto tutti che ogni musulmano locale sia un terrorista (e dunque il suo arresto o persino la sua tortura siano praticamente sempre giustificabili). È del resto recentissima la decisione di Pechino d’imporre a ogni famiglia musulmana dello Xinjiang di ospitare, a spese proprie, un funzionario non musulmano del PCC - si parla di più di un milione di agenti - a cui è affidata sia la rieducazione ideologica sia la sorveglianza e lo spionaggio di dette famiglie.

Perché Valente sostiene la linea falsa diffusa dal PCC? Perché è convinto di un grande complotto: le “sette” e i protestanti non ligi agli ordini di Pechino, accomunati da un’avversione di tipo apocalittico verso il comunismo per cui trattare con esso significa trattare con il demonio, sono lo strumento dell’imperialismo americano teorizzato e praticato dalle «[...] centrali del pensiero neo-conservatore, avvezze all’uso politico della religione», le quali «[...] scommettono sull’espansione dei gruppi cristiani evangelicali cinesi per trasformare nei prossimi decenni l’assetto politico della Cina popolare. Ed eventualmente rovesciare l’egemonia del Partito comunista sulla società cinese». 

Ora, a parte sia il fatto che se il comunismo cinese cadesse non sarebbe una brutta cosa, sia il fatto che esso ha dato spesso l’impressione di essere demoniaco, Valente ricostruisce un po’ alla buona la teologia di quei gruppi. Per certo prende per buona la versione distorta che ne dà il governo cinese. La CDO, per esempio, identifica sì il PCC con il drago dell’Apocalisse, ma sostiene che il comunismo cinese crollerà da sé e invita i fedeli a tenersi lontani da politica, insurrezioni e cose così.

Quanto ai “neoconservatori”, essi non sono al potere negli Stati Uniti da dieci anni. Solo di recente, alcuni ambienti straussiani (cioè una delle componenti degli “straussiani dell’Ovest”: ce ne sono altre e ci sono anche gli “straussiani dell’Est”) hanno scelto di appoggiare apertamente il trumpismo, ma di per sé i neocon, pur imparentati con gli straussiani, sono un’altra cosa. Erano stati descritti come la “cabala” lanciata alla conquista del mondo ed è bastato che Barack Obama vincesse le elezioni nel 2008 per ridimensionarli in una notte, con tanto di chiusura di organizzazioni e siti. E poi, se oggi i protestanti evangelical cinesi potrebbe forse avere in Donald J. Trump un alleato (per via dell’appoggio che a lui danno gli evangelical statunitensi), certo non ne hanno avuto nella lunga stagione obamiana (mentre, stando a Valente, il complotto andrebbe avanti da tempo).

Qual è la posta in gioco? Dietro l’articolo di Valente (vicinissimo al Papa) sembra spuntare la logica di una proposta indecente fatta al PCC da quella fazione vaticana che è favorevole all’accordo a ogni costo con Pechino: se il PCC (che ora teme di finire vittima invece che vincitore, ecco perché tutto si è fermato) firmerà l’intesa con il Vaticano, il Vaticano offrirà al PCC quella copertura internazionale di cui ha disperato bisogno chiudendo uno, forse due occhi sulla sistematica violazione della libertà religiosa. È ciò che denuncia padre Cervellera parlando della «[...] campagna vaticana mirante a persuadere i cinesi a firmare l’accordo».

Ovviamente i cattolici possono e debbono criticare i nuovi movimenti religiosi e le Chiese protestanti sul piano teologico, a magari anche su qualche altro piano, ma il problema è che in Cina vengono perseguitati proprio in quanto persone religiose e quindi nemiche dello Stato ateo comunista. E il Vaticano non può esserne complice, Valente o non Valente.