INCHIESTA “ANGELI E DEMONI”

Bibbiano, un mese dopo: i fatti che molti vogliono insabbiare

Un mese e un giorno dopo quel 27 giugno in cui è emerso, grazie al lavoro della procura di Reggio Emilia, lo scandalo affidi della Val d’Enza, è bene fare il punto sulla vicenda che da più parti si cerca di minimizzare. All’origine dei bambini sottratti ingiustamente ai genitori non ci sono solo interessi economici ma anche un’ideologia anti-famiglia alimentata da attivisti Lgbt, vicini a esponenti del Pd. Dal «deus ex machina» dei servizi sociali, Federica Anghinolfi, a Claudio Foti del centro Hansel e Gretel, ecco i numeri e i fatti principali emersi finora dall’inchiesta, che conta ad oggi 29 indagati tra assistenti sociali, medici, psicologi e politici.

È passato un mese e un giorno da quando, il 27 giugno, è venuto alla luce lo scandalo di Bibbiano, emerso grazie all’inchiesta “Angeli e Demoni” coordinata dal pubblico ministero Valentina Salvi (sostituto alla procura di Reggio Emilia) e avviata nella seconda metà del 2018 per l’anomala quantità di presunti maltrattamenti su minorenni, di cui i servizi sociali dell’Unione Val d’Enza avevano accusato i genitori.

A distanza di un mese - per evitare i soliti tentativi, del resto in atto fin da subito, di minimizzare o insabbiare fatti e responsabilità - può essere utile fare il punto sulla vicenda, che unisce indebiti giri di denaro pubblico, coperture politiche e un’ideologia ostile alla famiglia che vede in prima linea esponenti del movimento Lgbt.

Sei i fascicoli relativi ad affidi (per sette bambini in totale) passati al vaglio degli inquirenti e oggetto dell’ordinanza di 277 pagine firmata dal giudice per le indagini preliminari, Luca Ramponi. Ma nei giorni scorsi, come ha riferito il Corriere, il Tribunale dei minori di Bologna ha disposto di estendere i controlli a oltre 70 casi, relativi agli ultimi due anni.

Tra gli indagati ci sono assistenti sociali, medici, politici, psicologi e psicoterapeuti, accusati a vario titolo di maltrattamenti su minori, abuso d’ufficio, depistaggio, falso in atto pubblico, frode processuale, peculato d’uso, tentata estorsione, violenza privata. Alcuni dei minori strappati alle loro famiglie manifestano oggi segni di profondo disagio quali tossicodipendenza e autolesionismo, ragion per cui tra le accuse vi è quella di lesioni gravissime in relazione ai traumi procurati.

Negli ultimi giorni le cronache hanno raccontato che alcuni dei bambini ingiustamente sottratti ai genitori sono potuti tornare in famiglia.

LA POSIZIONE DI CARLETTI

Uno dei 27 indagati della prima ora è il sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti, del Pd, delegato per le politiche sociali dell’Unione Val d’Enza e accusato di abuso d’ufficio e falso. Secondo l’ordinanza, Carletti e altri, in concorso di reato, avrebbero omesso di fare «una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento del servizio di psicoterapia avente un importo superiore a 40.000€» e così «intenzionalmente procuravano un ingiusto vantaggio patrimoniale al centro studi Hansel e Gretel, i cui membri Foti Claudio, Bolognini Nadia e Testa Sarah esercitavano sistematicamente, a nessun titolo, l’attività di psicoterapia a titolo oneroso con minori asseritamente vittime di abusi sessuali e/o maltrattamenti». Agli stessi Foti, Bolognini e Testa era concesso «l’utilizzo gratuito dei locali della pubblica struttura “La Cura” di Bibbiano, messi a loro disposizione dall’Unione Comuni Val d’Enza (che pagava il canone annuale di locazione)».

In particolare Carletti agiva «in costante raccordo con la Anghinolfi [Federica]» ed essendo «pienamente consapevole della totale illiceità del sistema». Sempre il sindaco del Pd, intanto autosospesosi dal partito, che gli ha espresso solidarietà, «si era personalmente occupato» dell’istituzione del centro La Cura e ne aveva «assunto la paternità in diverse occasioni pubbliche», anche promuovendo convegni in cui lui stesso faceva da relatore e ai quali «venivano invitati a partecipare (retribuiti) Foti e la Bolognini», con il fine di sostenere e ampliare le attività del centro piemontese Hansel e Gretel. Rispetto al quale, scrive il gip, «forniva copertura politica».

ALTRI 2 INDAGATI: EX SINDACI DEL PD

Ai 27 indagati iniziali se ne sono aggiunti presto altri 2, anch’essi, come Carletti, provenienti dal Pd: si tratta di Paolo Colli e Paolo Burani, ex sindaci rispettivamente di Montecchio Emilia e di Cavriago, entrambi comuni della Val d’Enza. L’accusa per loro è di abuso d’ufficio.

IL RUOLO DI FEDERICA ANGHINOLFI

Persona chiave dell’inchiesta è la già citata Federica Anghinolfi, dirigente dei servizi sociali della Val d’Enza nonché nota attivista Lgbt, ritenuta dal giudice «il deus ex machina della gestione dei presunti abusi». La Anghinolfi ha per anni partecipato a manifestazioni e convegni vari per promuovere la causa degli affidi e delle adozioni per persone gay, insistendo sulla necessità di combattere l’«omofobia» e la «transfobia» di chi difende la famiglia naturale, verso cui manifesta avversione. Nella stessa ordinanza si legge che «sono state la sua stessa condizione personale e le sue profonde convinzioni ad averla portata a sostenere con erinnica perseveranza la “causa” dell’abuso da dimostrarsi ad ogni costo». Evidentemente anche quando questi presunti abusi, in famiglia, non esistevano.

È in ragione di questa ideologia, emergente dalle stesse carte dell’inchiesta, che la Anghinolfi, in concorso con altri, ha prodotto «una sistematica pluralità di falsi in atto pubblico» al fine di allontanare i minori dalle loro famiglie. Sempre a questo scopo, diversi degli indagati operavano per indurre falsi ricordi nei bambini e spingerli a confessare abusi o maltrattamenti mai subiti. Così, oltre a falsificare le relazioni, la Anghinolfi operava «in collaborazione con gli psicologi […] nel costruire una avversione psicologica dei minori per la famiglia d’origine».

La Anghinolfi aveva fatto promesse di affidi senza scadenza (stravolgendo così il senso stesso dell’affido) e, riferisce Il Resto del Carlino, si sarebbe servita di una lavoratrice precaria per documentare affidi fantasma, facendo transitare denaro pubblico verso il centro Hansel e Gretel.

NO ELETTROSHOCK

Gli psicologi non si sarebbero comunque serviti dell’elettroshock, come hanno riportato le prime cronache dei giornali. La tecnica usata è quella dell’EMDR, una tecnica lecita come ha spiegato Silvana de Mari su questo quotidiano, se usata in modo rigoroso e con domande neutre.

BAMBINI A COPPIE LESBICHE

Uno dei casi oggetto dell’indagine riguarda una bambina con crisi epilettiche, data in affidamento a una coppia lesbica, quella formata da Daniela Bedogni e Fadja Bassmaji, quest’ultima in passato compagna della stessa Anghinolfi. Sia la Bedogni che la Bassmaji sono a loro volta indagate per maltrattamenti nei confronti della bambina loro affidata. Altri due bambini erano stati affidati a una coppia lesbica, formata dalla madre dei due e dalla compagna per la quale la prima aveva lasciato il marito, che solo in questi giorni ha potuto rivedere i suoi figli, dai quali era stato allontanato con falsi pretesti, tra cui un’accusa di «omofobia» (clicca qui).

CLAUDIO FOTI E IL CENTRO HANSEL E GRETEL

Altra persona chiave è Claudio Foti, direttore del centro Hansel e Gretel, a cui sono stati nel frattempo revocati gli arresti domiciliari (sostituiti con un obbligo di dimora a Pinerolo) perché il tribunale del Riesame, in merito a uno dei capi d’accusa, cioè la presunta manipolazione della mente di una ragazza, non avrebbe trovato, come riferisce il suo avvocato, «gravi indizi di colpevolezza» a suo carico. Rimane l’accusa di abuso d’ufficio in concorso. Inoltre, poco dopo la revoca dei domiciliari, è emerso che Foti è indagato ora anche per maltrattamenti nei confronti della seconda moglie, Nadia Bolognini (indagata a sua volta), e dei figli, sulla base di intercettazioni in cui si sente tra l’altro la Bolognini dire all’uomo:  «E poi andiamo a fare convegni sulla tutela dei minori…».

Foti, con il suo centro Hansel e Gretel, è la stessa persona coinvolta in altre drammatiche vicende recenti, come quella avvenuta nella Bassa Modenese sul finire degli anni Novanta (oggetto dell’inchiesta giornalistica “Veleno”, pubblicata su Repubblica), quando la sua onlus prestò alcune delle consulenze che condussero all’allontanamento di 16 bambini dalle loro famiglie, con i genitori che vennero accusati falsamente - come emerse negli anni successivi - di aver compiuto riti satanici sui piccoli.

I NUMERI

Secondo i dati di un documento contabile dell’Unione Val d’Enza, riferiti da Reggio Sera, i minori «dati in affidamento sono stati 0 nel 2015, 104 nel 2016, 110 nel 2017 e 92 nei primi sei mesi del 2018». Questo aumento improvviso dei casi di affido era stato denunciato l’anno scorso da Natascia Cersosimo - esponente del Movimento 5 Stelle - dopo che aveva ottenuto di accedere ai documenti dell’Unione Val d’Enza, perché intanto era stata avanzata la richiesta di varare un aumento di spesa di 200.000 euro per i servizi sociali. Dalle carte, si scoprì pure che i minori in strutture d’accoglienza erano 18 nel 2015, 33 nel 2016, 40 nel 2017, 34 nei primi sei mesi del 2018. Sempre Reggio Sera riferisce che quel documento indicava una spesa per gli affidi di 245.000 euro nel 2015, 305.000 nel 2016, 327.000 nel 2017 e, in proiezione, 342.000 per il 2018. Altra progressione era stata quella delle spese per le psicoterapie: 6.000 euro nel 2015, 31.000 nel 2017, 27.000 nei primi sei mesi del 2018. Un’impennata anche per le prese in carico per violenza: 136 nel 2015, 183 nel 2016, 235 nel 2017, 178 nel primo semestre del 2018.

C’è poi la seduta della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, nell'occasione presieduta dalla piddina Sandra Zampa (grande sostenitrice delle “unioni civili”), vicepresidente senza deleghe: è il 14 luglio 2016 e la Anghinolfi viene invitata, insieme al sindaco Carletti, a parlare del modello Val d’Enza*. La Anghinolfi dava questi dati: «Per quanto riguarda la Val d’Enza, è un’Unione che ha 62.000 abitanti, 12.000 dei quali minorenni; in carico come area della tutela ne abbiamo circa 900, di questi circa 90 sono vittime di abusi sessuali, gravi maltrattamenti, violenza assistita e violenza psicologica […]. Nella casistica dei 90 prima citati, 31 sono di violenza sessuale, 26 di violenza assistita, 19 di maltrattamento fisico». Pochi giorni dopo un articolo della Stampa esaltava il modello Val d’Enza, con dichiarazioni di Carletti e Anghinolfi, la quale lamentava la mancanza di soldi pubblici e se la prendeva con «l’idea della famiglia patriarcale padrona dei figli».

* RETTIFICA (10:45, 30 luglio 2019): nell'articolo originario avevamo scritto che l'onorevole Sandra Zampa era presidente della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza: in realtà era vicepresidente senza deleghe, e nell'occasione presiedeva l'audizione. Accennando alla presentazione del modello Val d'Enza presso la stessa Commissione avevamo anche scritto che esso era stato “incensato in apertura di seduta dalla stessa Zampa”: uno scambio di nome dovuto a una svista, in realtà, perché ci riferivamo alle parole della deputata reggiana del Pd, Vanna Iori, comunque estranea all'inchiesta. Ci scusiamo con la dottoressa Zampa - che non conosce personalmente gli indagati ed è estranea ai fatti dell'inchiesta - e con i lettori per l'errore, che è stato corretto.

LA COMMISSIONE REGIONALE D’INCHIESTA

Ieri il parlamento dell’Emilia Romagna ha votato per istituire una commissione d’inchiesta sul sistema di tutela dei minori. Il voto è arrivato solo dopo l’approvazione, da parte della stessa assemblea regionale, della legge «contro le discriminazioni» delle persone Lgbt, con Roberta Mori del Pd - estranea all’inchiesta “Angeli e Demoni” ma sostenitrice degli stessi eventi su adozioni e affidi per gay cui partecipavano tre delle indagate (Anghinolfi, Bassmaji, Bedogni) - come relatrice di maggioranza e i 5 Stelle a votare con il centrosinistra. Una legge che nel suo articolato, al di là dei fini ‘ufficiali’, riflette la stessa cultura anti-famiglia emersa nello scandalo affidi e rappresenta una minaccia alla libertà d’espressione (clicca qui). Il che è come dare la risposta contraria a quella necessaria.