TERRORISMO

Parigi, l'identità di carnefici e vittime

Iniziano lentamente ad emergere le identità degli attentatori di Parigi, degli artefici della strage di venerdì 13. Sono Ismail Omar Mostefai, cittadino francese, Salah Adbeslam, cittadino belga, probabilmente ancora vivo e libero. E arriva la conferma della vittima italiana, Valeria Solesin, demografa, morta nella strage del Bataclan.

World 16_11_2015
L'attentatore in fuga

La caccia all’uomo continua in Francia. A quanto pare c’è ancora un jihadista vivo e in fuga. La polizia l’ha identificato in Salah Abdeslam, 26 anni, cittadino belga. Fra falsi allarmi e un primo bombardamento francese di rappresaglia su Raqqa, la giornata di oggi è stata caratterizzata da un timido ritorno alla normalità. Il bilancio delle vittime dell’attacco a Parigi sale a 129. E fra i nomi c’è anche quello della studentessa italiana Valeria Solesin.

L’indagine della polizia francese, domenica, ha portato prima di tutto alla scoperta di un’altra auto usata dai terroristi. Dopo la Polo, immatricolata in Belgio, individuata nei pressi del teatro Bataclan, la seconda è una Seat, rinvenuta a Montreuil. Nella vettura sono stati trovati anche diversi mitra Ak47, come quelli usati negli attacchi. Dall’auto, gli investigatori sono risaliti all’identità di Salah, giungendo alla conclusione che possa essere ancora vivo e in fuga, dopo aver abbandonato la sua auto. Le autorità hanno diffuso i suoi dati e la sua foto segnaletica e hanno chiesto alla popolazione di segnalare subito eventuali avvistamenti. Raccomandando, tuttavia, di stare lontani e ben attenti, perché è classificato come un individuo estremamente pericoloso.

Salah Abdeslam è uno di tre fratelli coinvolti nell’attacco del venerdì 13. Uno dei tre è stato arrestato a Bruxelles, nell’ambito delle indagini della polizia belga. Il terzo, invece, sarebbe morto nel corso dell’attacco, assieme ad altri sei attentatori suicidi. Salah Adbeslam, insomma, sarebbe il misterioso “ottavo uomo”, quello che in un primo tempo era stato dato per prigioniero e poi incluso nel conteggio dei terroristi uccisi dalle teste di cuoio. Il fatto che possa essere in fuga, apre scenari inquietanti. Anche dopo la strage del gennaio scorso, gli stragisti del Charlie Hebdo erano fuggiti, dando inizio a una seconda battaglia con la polizia.

Fra i terroristi morti nell’azione è stato identificato con certezza solo Ismail Omar Mostefai, cittadino francese di 29 anni, cresciuto nella banlieue di Courcouronne. E’ suo il corpo dilaniato dall’esplosione della cintura esplosiva, nel Bataclan. Mostefai era noto alla polizia solo per atti di piccola criminalità, per i quali non era finito in galera. Dal 2010 era noto ai servizi sociali per la sua radicalizzazione. Ma è anche probabile che sia andato in Siria, a “far palestra” in una guerra vera, nel 2014. Su quest’ultimo aspetto gli inquirenti non hanno ancora certezze, tuttavia spiegherebbe come, un "ragazzo difficile" di periferia sia arrivato al punto dell’omicidio-suicidio dei “martiri” jihadisti dopo aver sparato a raffica su suoi coetanei e connazionali a un concerto. Benché non vi siano ancora conferme in merito, sta facendo molto discutere (ovviamente) l’identità di un altro uomo-bomba, di cui è rimasto soltanto il passaporto: quello di un profugo siriano, identificato in Grecia, approdato in Europa sull’isola di Lesbo il 3 ottobre scorso.

Sul tavolo degli inquirenti inizia a prender forma anche il piano d’attacco completo dei jihadisti, incluse le azioni che avrebbero voluto compiere, senza tuttavia riuscirvi. Si è ormai quasi certi che dei tre attentatori suicidi dello Stadio di Francia, almeno uno abbia tentato di entrare, per compiere un massacro nel pubblico e, nella peggiore delle ipotesi, assassinare il presidente François Hollande. Inizia ad essere più chiaro, poi, il movente dell’attacco al teatro Bataclan. Il locale aveva ricevuto minacce dai palestinesi nel 2008, per aver ospitato una festa della guardia di frontiera israeliana. Era stato ancora minacciato di attentato dai radicali islamici di Jaish al Islam nel 2011, sempre perché i suoi proprietari, ebrei, organizzavano manifestazioni in solidarietà con Israele. Nella notte del venerdì 13, suonava il gruppo metal californiano Eagles of Death Metal. Erano anch’essi un obiettivo sensibile, anche in questo caso per il loro legame con Israele. L’estate scorsa erano andati a tenere un concerto nello Stato ebraico, nonostante tutti gli inviti, quasi intimazioni, al boicottaggio. Per questo motivo, il leader del gruppo, Jesse Hughes aveva anche litigato con Roger Waters (Pink Floyd), uno dei maggiori boicottatori di Israele.

E nel pubblico del Bataclan, la notte della strage, c’era purtroppo anche Valeria Solesin. La sua vita si è incrociata con quella di Ismail Omar Mostefai e degli altri jihadisti, nel momento sbagliato e nel luogo sbagliato. Aveva 28 anni, come l’età media degli attentatori, dottoranda in Demografia all'università la Sorbonne, specializzandosi nello studio del ruolo della donna, divisa fra lavoro e famiglia. Lascia un fidanzato, Andrea Ravagnani e i due genitori, straziati dalla notizia della morte della figlia dopo più di un giorno di angosciosa attesa.