CRITERI DI GIUDIZIO

No al voto a chi nega il valore assoluto della persona

Veniamo da anni di attacchi forsennati alla famiglia e di leggi eversive della coscienza comune del nostro popolo. Emarginare i princìpi non negoziabili significa essere nella società senza identità. E ritirare fuori l'espressione "cattolici adulti" o "maturi" è un'operazione equivoca.
- LA DIASPORA DEI CATTOLICI GIUNTA A COMPIMENTO, di Stefano Fontana

Politics 29_01_2018
La Camera dei Deputati

Il problema della situazione politica del nostro paese di fronte alla scadenza elettorale deve essere affrontato con molto realismo. A sentire in questi giorni alcuni interventi, anche autorevoli, la sensazione è che non ci si renda bene conto della gravità della situazione, come se bastasse semplicemente dare qualche criterio generale per affrontare il problema elettorale.

La situazione culturale, sociale e politica è grave dopo sette anni di governi calati dall’alto, e ora il popolo italiano ha finalmente la possibilità di esercitare il diritto sovrano di scegliere i suoi rappresentanti.

In questi anni abbiamo assistito a un attacco forsennato alla famiglia. Non alla famiglia cattolica, ma alla famiglia su cui è fondata la nostra società secondo il dettato della Costituzione. Abbiamo visto sostanzialmente una serie di leggi eversive della coscienza comune del nostro popolo che hanno di fatto sdoganato – come si dice adesso con vocabolo orrido – le coppie omosessuali, l’utero in affitto, le manipolazioni genetiche. Che hanno aperto con una infame legge sul testamento biologico vere e proprie pratiche eutanasiche che peraltro sono già, per quanto coperte, sufficientemente diffuse negli ospedali italiani.

Il cittadino italiano che va a votare deve tenere presente che questa è la situazione. Non si possono fare sconti, la situazione è questa. Che fare dunque? Bisogna anzitutto aver chiaro che ci sono dei criteri ultimi di giudizio. Sono quelli che il magistero di Benedetto XVI aveva mirabilmente enucleato come principi non negoziabili. Adesso si preferisce non usare più questo termine, ma se non usare questo termine vuol dire emarginare questi principi, vuol dire che si è dentro la società senza identità.

Principi non negoziabili, che ruotano attorno al valore assoluto della persona, indisponibile a tutto, soprattutto non disponibile alle strutture istituzionali che non possono possederlo come se si trattasse di un suddito. Libertà di cultura, libertà di espressione, libertà di intrapresa economica e sociale: la società viene generata dalle persone e dai gruppi che esercitano i diritti fondamentali della persona e della società. Occorre che questa sia la prima preoccupazione.

E la seconda preoccupazione è che le istituzioni servano il bene comune; ma non impongano un proprio bene particolare e neppure la somma dei beni particolari come se fosse il bene comune. Il bene comune è una concezione ampia della vita personale e sociale nella quale i vari gruppi e le varie culture presenti trovano un punto di riferimento e di condivisione comune.
Questi diritti esercitati attivamente contribuiscono alla nascita di una società che ha come compito riconoscere e promuovere le libertà dei singoli e dei gruppi così che la società sia sempre più libera.

Tali questioni, che sembrano un po’ desuete rispetto alla approssimazione paraculturale che domina il nostro paese, devono essere recuperate nella loro forza, e le formazioni politiche e le singole persone che intendono correre per il Parlamento debbono essere valutate e giudicate secondo una consonanza più o meno esplicita a questi valori fondamentali.
Non è lecito votare per formazioni o persone che neghino anche uno solo di questi princìpi che ho evocato.

Mi permetto un ultimo spunto: rifacendomi io alla grande tradizione spirituale, culturale e sociale che è racchiusa nel nome e nella testimonianza di monsignor Luigi Giussani, credo di poter affermare con tranquillità che quanto ho formulato in questo intervento è ciò che don Giussani in occasione delle varie elezioni riformulava ogni volta al suo popolo e, aldilà di esso, a tutta la società.

In tanti anni di convivenza non l’ho mai sentito parlare di cristiani che in quanto “maturi” o “adulti” potessero affrontare le competizioni elettorali senza avere un giudizio chiaro, cosa che equivale ad accettare il pensiero unico dominante. È perciò incomprensibile che ci siano persone che, pur riferendosi alla tradizione di don Giussani, rilancino oggi l’espressione di “cattolici maturi” o “adulti”, un termine non solo equivoco ma anche largamente deficitario, che nell’agone sociale, culturale e politico cattolico è stata lanciata dall’ex presidente del Consiglio Romano Prodi.

* Arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio