DOPO IL 13 NOVEMBRE

L'Europa nichilista si scopre indifesa

Per capire cosa sta accadendo e cosa si può fare bisogna smetterla di oscillare tra astratti luoghi comuni e panico. Non ci si può nascondere la problematicità dei rapporti con l'islam, ma se l'Occidente vuole superare l'enorme crisi attuale deve recuperare le sue radici religiose, perché l'attuale nichilismo di massa è solo destinato ad essere spazzato via.

World 14_11_2015
Attacco a Parigi

Come sempre accade in circostanze del genere, di fronte alla tragica sequenza di spietate stragi di civili indifesi che ieri sera ha funestato Parigi, il circo massmediatico internazionale cessa di distribuire luoghi comuni, come fa di solito, ma solo per mettersi a distribuire panico. Siccome invece il panico non aiuta né a capire, né a difendersi, e soprattutto non aiuta a cambiare la situazione, cerchiamo allora di guardare con occhi diversi e con ben altro animo a quanto è accaduto e anche a quanto potrà ancora accadere. 

Osserviamo in primo luogo che l’Europa, l’Occidente, non sono mai stati così forti ma anche così deboli come adesso. Forti perché la loro superiorità organizzativa, tecnica, scientifica, finanziaria e militare è assoluta. Deboli perché sia il grosso delle élites che il grosso della gente comune non è più consapevole delle radici di tale stato di cose, dei secoli di impegni e di sacrifici personali e di popolo su cui si fonda, dei valori cui occorre restare fedeli perché non venga meno, e delle responsabilità che ne derivano per il bene comune non solo dell’Occidente ma di tutto il mondo, musulmani compresi. In questo quadro la prima cosa da fare è ritrovare la capacità di seguire quella “lezione dei fatti” cui proprio un pensatore francese, Alain Finkielkraut, invita nel suo illuminante saggio Noi, i moderni.

Di fronte alle enormi dimensioni della crisi attuale deriva perciò una specifica responsabilità per chi è riuscito a sfuggire alla censura del senso religioso, e ai cristiani in particolare. Alle urgenze e alle tragedie del nostro tempo la cultura della modernità, tutta fondata sulla separazione tra le idee e la realtà, non è infatti capace di altre risposte se non quelle che in queste ore ci stanno dando i grandi mass media, ossia un minestrone di astratti luoghi comuni e di irresponsabile incitazione al panico.

In tale prospettiva osserviamo in primo luogo che dell’islam siamo vicini di casa: è a larga maggioranza musulmana l’intera riva sud del Mediterraneo dallo stretto di Gibilterra a Istanbul, dove anzi è musulmano pure l’adiacente litorale europeo. Inoltre, a seguito di un afflusso di migranti iniziato già da alcuni decenni, oggi circa 23 milioni di musulmani vivono nell’Europa Occidentale, dove già una buona parte di loro è nata e cresciuta. Ciò detto osserviamo che tale prossimità, innegabile e inevitabile ma più volte nella storia rivelatasi problematica, lo è ancor più adesso; e non fa bene a nessuno fingere che non lo sia.

Come insegna la tradizione cristiana, riprendendo peraltro l’antico filosofo Platone, le quattro virtù cardinali (Giustizia, Prudenza, Fortezza e Temperanza) sono le pietre d’angolo del buon governo. Nel mondo in cui viviamo vengono di certo tutte trascurate, ma ce n’è una della quale si è persa ogni traccia. Si tratta della Fortezza, ovvero della fermezza. Sia in Europa che altrove il confronto con l’islam va invece portato avanti con giustizia, con prudenza, con temperanza ma anche con fermezza. E’ questo tra l’altro il modo migliore di aiutare chi dentro il mondo musulmano, ignorato se non censurato in Occidente (Clicca qui), sta cercando di far uscire l’islam dal vicolo cieco culturale e sociale in cui si è cacciato. Chiedere con fermezza ai musulmani che vivono in Europa di integrarsi nel nostro mondo sarà anche di importante aiuto al processo di autoriforma di cui si diceva, che ovviamente diventerà decisivo solo nella misura in cui avrà luogo nella loro madrepatria.

Circondati e anche scandalizzati dal nichilismo della nostra cultura di massa, l’unica che in genere possono incontrare, i musulmani stabiliti in Europa non sono aiutati a comprendere le radici di uno sviluppo che pure li attrae. Anche perciò molti di quelli cresciuti qui da noi si sentono nello stesso tempo coinvolti ed esclusi dal mondo in cui vivono. E’ questo il brodo di coltura di un disagio che nei più giovani, proprio in quelli cresciuti da noi, sfocia troppo spesso nel terrorismo o quantomeno nell’indulgenza verso di esso. Quanto maggiori sono il nichilismo di massa e l’accoglienza formale accompagnata dall’esclusione di fatto, come accade ad esempio in Gran Bretagna e in Francia, tanto maggiore è l’inclinazione al terrorismo.

Nemmeno in Italia tuttavia, dove sia l’una cosa che l’altra hanno minor peso, si può ritenere di esserne al sicuro. Fermo restando dunque  il diritto e il dovere immediati della difesa di polizia e anche militare, la soluzione a lungo termine del problema va cercata percorrendo altre vie.  Non però quella di un’accoglienza passiva, muta e incondizionata. Diversamente da ciò che da noi pensano (anche in ambiente cristiano) tante anime belle, un tale atteggiamento scandalizza i musulmani in buona fede, i quali non apprezzano affatto in coloro che incontrano la mancanza di fermezza nelle proprie convinzioni, mentre induce quelli in mala fede a credere che in Europa tutto sia permesso.