L'ANALISI

Le mani dell'Is sul traffico dei rifugiati

Uno dei jihadisti autori degli attentati di Parigi, rivendicati dall’Isis, lo Stato Islamico, era entrato in Europa presentandosi come profugo siriano. Le autorità greche hanno infatti confermato che il passaporto siriano trovato vicino al cadavere di uno dei terroristi era stato usato il 3 ottobre da un uomo accolto in Grecia.

Editoriali 16_11_2015
Passaporto do un rifugiato

Uno dei jihadisti autori degli attentati del 13 novembre a Parigi, rivendicati dall’Isis, lo Stato Islamico, era entrato in Europa presentandosi come profugo siriano. Le autorità greche hanno infatti confermato che il passaporto siriano trovato vicino al cadavere di uno dei terroristi che hanno attaccato lo Stade de France era stato usato il 3 ottobre da un uomo accolto e registrato nell’isola di Leros. Fonti croate, inoltre, affermano che cinque giorni dopo, l’8 ottobre, l’uomo si trovava già in Croazia, nel grande campo profughi di Optatovac. Di lì poi ha raggiunto in qualche modo Parigi.

Chi fosse in realtà resta da vedere. Procurarsi un passaporto falso e una nuova identità è solo questione di contatti e di soldi. I trafficanti di uomini provvedono anche a questo, oltre a organizzare l’espatrio, i viaggi via terra e via mare e il soggiorno negli hub in cui gli emigranti irregolari sostano tra una tappa e l’altra, in attesa di ripartire. Ogni Stato che ha aderito alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati è tenuto a ricevere i richiedenti asilo e a ospitarli in attesa che il loro caso venga esaminato. Poiché quello di rifugiato è uno status giuridico individuale che viene concesso a determinate, ben precise condizioni, ogni richiesta di asilo deve essere vagliata con attenzione il che può comportare lunghe attese sia per la difficoltà, in certi casi, di accertare l’effettivo stato di pericolo in cui versavano in patria i richiedenti sia per il numero elevatissimo di domande presentate. 

Gli emigranti irregolari che sanno di non avere i requisiti per essere accolti come rifugiati contano proprio sui tempi lunghi, e sulla possibilità di ricorso in caso di esito negativo: possono trascorrere mesi e anni prima che vengano eventualmente espulsi e intanto magari trovano il modo di restare legalmente oppure di far perdere le proprie tracce entrando nella clandestinità. Tutto è più facile, però, per chi proviene da Paesi in guerra o in cui si verificano gravi, sistematiche violazioni dei diritti umani: ad esempio, la Siria, per via della guerra civile e dell’Isis, e l’Eritrea, paese oppresso da una delle peggiori dittature del pianeta. La maggior parte dei richiedenti asilo che nel 2014 hanno ottenuto lo status di rifugiato – 184.665 su oltre 570.000 domande presentate – proveniva infatti da Siria ed Eritrea, seguite da Afghanistan, Iraq e Iran  (v. “Migrazioni, emergenza del XXI secolo”, il volume-dossier, numero 2 della collana de “I libri della Bussola”) .

Con passaporti falsi, specie se attestanti la provenienza da situazioni critiche come appunto la Siria, riescono a entrare in Europa anche i jihadisti dell’Isis: attraversando il Mediterraneo diretti in Grecia, come il terrorista di Parigi, oppure in Italia. Il Califfato da tempo si è inserito nel traffico di uomini, nelle organizzazioni create per trasportare gli emigranti irregolari africani e asiatici: imprese sempre più redditizie, con proventi che secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni complessivamente oscillano ormai tra i tre e i 10 miliardi di dollari. L’Isis non solo ne ricava un notevole guadagno, ma se ne serve per portare in Europa i propri combattenti. Da tempo il sospetto che dei terroristi arrivino in Europa come emigranti e profughi è diventato una certezza. Molti partono dalla Libia dove l’Isis ha conquistato delle enclave trasformandole in basi strategiche da cui organizzare attentati in Europa. Non ne fanno mistero i jihadisti che anzi si vantano sui social media dei successi conseguiti in Libia, grazie anche al contributo di migliaia di miliziani africani e asiatici unitisi ai combattenti libici, e lanciano sfide all’Occidente e agli “infedeli” minacciando di invadere l’Italia e il Vaticano. 

Come dimostrano gli attentati di Parigi, superato il controllo alla prima frontiera, i terroristi entrati come profughi, e così pure i cittadini europei convertiti alla causa jihadista, non incontrano eccessive difficoltà a muoversi all’interno dell’Unione Europea. Nuove notizie lo confermano. Il 5 novembre la polizia tedesca ha fermato un uomo, forse un altro attentatore diretto a Parigi, che viaggiava a bordo di un’automobile carica di armi. Nascosti nella struttura della macchina sono stati rinvenuti chili di esplosivo Tnt (tritolo), mitragliatori, un revolver, due granate, molte munizioni. L’uomo, probabilmente di etnia albanese, originario del Montenegro, proveniva da sud. Si ritiene che possa essere arrivato dapprima in Croazia, a Dubrovnik. Da lì è entrato in Slovenia – un confine facile da superare – poi in Austria e in Germania dove, alla fine, è stato bloccato a Rosenheim, in Baviera. 

Che abbia potuto percorrere centinaia di chilometri superando diverse frontiere prima di essere fermato è oltremodo inquietante. L’ipotesi che fosse diretto in Francia per partecipare agli attentati o recapitare le armi ai terroristi autori della strage del 13 novembre nasce dal fatto che nel suo navigatore è stato trovato un indirizzo di Parigi. Un dettaglio anch’esso preoccupante: a quanto sembra, il governo tedesco non ha pensato di informare la Francia del possibile pericolo.