BOTTA E RISPOSTA

La PAV rettifica e minaccia, ma è coda di Paglia

Aborto ed eutanasia, l'ufficio stampa della Pontificia Accademia per la Vita (PAV) contesta un nostro editoriale in cui si parlava di aperture in seno all'Accademia, citando l'intervento del rabbino Slzajen, che sarebbe invece contrario all'aborto. Ma la PAV gioca con le parole per mascherare quello che è un vero e proprio sovvertimento dello scopo per cui l'Accademia è nata.

Life and Bioethics 16_02_2018

Egregio Direttore,

le scrivo in merito ad alcuni errori contenuti nell’articolo «In nome del dialogo, la Pav apre anche all’aborto», a firma di Benedetta Frigerio, apparso in data 14 febbraio 2018 sul sito «La Bussola Quotidiana», da lei diretto. Un articolo presentato come «Editoriale» e che pertanto intende esprimere la posizione ufficiale del suo giornale on line.

A maggior ragione è necessario precisare quanto segue:

- Il Rabbino Szlajen ha pubblicato un articolo sul giornale argentino «Infobae» per illustrare la propria posizione in quanto appartenente alla religione ebraica, chiaramente contraria all’aborto. Alla fine di una lunga argomentazione volta a sostenere la tesi ebraica secondo cui il feto è un essere umano e dunque l’aborto un crimine, il rabbino ha notato che la legge ebraica prevede la possibilità dell’aborto nel caso eccezionale in cui si è chiamati a decidere dell’imminente pericolo di vita della donna e del feto. Riportare solo questa nota finale e non il senso di tutto l’articolo è tendenzioso e non rende giustizia del pensiero dell’autore, né men che meno della posizione della Pontificia Accademia per la Vita.

La informo inoltre che il Rabbino Szlajen si è rivolto al Catholic Herald – giornale inglese responsabile della prima e grave deformazione del suo pensiero – chiedendo ed ottenendo una rettifica. La stessa rettifica ora chiedo a lei su tutto l’insieme dell’articolo che la sua testata ha pubblicato in base a quanto le ho appena precisato.

E infatti ed inoltre:

Altrettanto in mala fede è da ritenersi il tentativo di associare Eutanasia e Cure Palliative svolto dall’autrice dell’articolo. Come chiaramente evidenziato nel Catechismo della Chiesa Cattolica e nel magistero di Benedetto XVI, le Cure Palliative nulla hanno a che fare con l’Eutanasia. Affermarlo o ventilarlo è prima di tutto ignoranza; colpevole ignoranza e tentativo improvvido di frastornare e scandalizzare i lettori. Lo scorso novembre la Pontificia Accademia non ha organizzato un convegno sull’eutanasia ma sul «fine vita» dal titolo esatto: «Meeting of End-of-life Questions» il titolo esatto e che ha avuto un lungo ed importante messaggio del Papa. Convegno in collaborazione con la World Medical Association che tra le sue direttive impegna gli aderenti a respingere l’eutanasia. L’Eutanasia è la procedura medica per mettere volontariamente e precocemente fine ad una vita umana. Le Cure Palliative accompagnano il malato  nell’ultima fase della sua vita, alleviandone le sofferenze con una adeguata terapia del dolore e favorendo relazioni significative e condizioni di cura corrispondenti alla sua inviolabile dignità. Come dice il Catechismo «esse costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata» (n. 2279). Confondere con l’eutanasia è un gravissimo errore.

Sapere, infine, che tutte le religioni hanno a cuore l’accompagnamento e la cura della persona morente, è una buona notizia e certo non un «umanitarismo religioso allarmante». Per questo motivo, all’interno del convegno del 28 febbraio e 1 marzo dedicato alle Cure Palliative, cui presenzieranno alcuni dei massimi esperti mondiali in questo campo,  la Pontificia Accademia per la Vita ha previsto una specifica sessione in cui dialogheranno esponenti di varie religioni scambiandosi le rispettive esperienze.

Chiedo la rettifica e la pubblicazione integrale di questo testo a norma della Legge sulla Stampa, avvisandola che in caso contrario ed anche in futuro, l’Accademia si avvarrà di tutti gli strumenti giuridici a disposizione per difendere la verità delle proprie posizioni.

Mi auguro che d’ora in poi il doveroso dibattito tra lecite posizioni diverse possa fondarsi su una comunicazione rispettosa delle posizioni di tutti i soggetti.

L’Ufficio stampa della Pontificia Accademia per la Vita

Fabrizio Mastrofini

Città del Vaticano, 14 febbraio 2018


Risponde Riccardo Cascioli:

Egregio dottor Mastrofini,

già da tempo osserviamo che giocare con le parole è una specialità del nuovo corso della Pontificia Accademia per la Vita (PAV). La sua lettera di rettifica ne è una ulteriore conferma. Però a tutto c’è un limite. L’editoriale incriminato, come è evidente dall’incipit, voleva evidenziare l’ennesimo caso di membro della nuova PAV che non avrebbe potuto essere chiamato nell’Accademia fino all’agosto 2016, quando con la nomina di monsignor Vincenzo Paglia alla presidenza è iniziata una vera e propria rivoluzione culturale ed etica. Così che un organismo voluto da san Giovanni Paolo II per difendere la vita - così duramente attaccata dal mondo - anche con l’ausilio della scienza, si è trasformato in una assise dedita alla ricerca di soluzioni condivise con il mondo; l’affermazione di una cultura della vita non consiste più in un dialogo che parte dalla riproposizione del magistero della Chiesa, ma nel tentare di accordarsi con esperti di altre confessioni cristiane, religioni o con agnostici e atei su concetti fumosi (che ognuno può riempire di contenuti diversi) sul tema della vita, concetto che nel frattempo è stato esteso dalla vita umana personale a qualsiasi forma di vita. Basti citare il nuovo statuto laddove tra le finalità c’è anche «la promozione di una qualità della vita umana che integri il valore materiale e spirituale, nella prospettiva di un’autentica “ecologia umana”, che aiuti a ritrovare l’equilibrio originario della Creazione tra la persona umana e l’intero universo». È una formula che può significare tutto, va bene per il cattolico come per pagani e animisti. Non è evidentemente a caso che sia stato eliminato per i membri della PAV l’obbligo di sottoscrivere l'«Attestato di Servitore della Vita», documento che impegnava a sostenere gli insegnamenti della Chiesa sulla vita.

Quanto al Rabbino Szlajen, nessuno ha scritto che è un feroce abortista, ma solo che egli ammette delle eccezioni che – contrariamente a quel che lei afferma – non riguardano soltanto il rischio di vita per la madre, ma anche malattie che condannano il feto alla morte (anencefalia e non solo) e lo stupro. Le risulta che queste eccezioni siano coerenti con il magistero della Chiesa cattolica? Secondo lei il rabbino Szlajen avrebbe potuto sottoscrivere la dichiarazione voluta da san Giovanni Paolo II proprio per promuovere una autentica cultura della vita? Prima di scrivere una lettera alla Bussola forse avrebbe fatto bene a rispondere a queste semplici domande.

Peraltro, come lei ben sa, quello del rabbino Szlajen è soltanto l’ultimo caso di una lunga serie di membri della PAV, nominati dopo la rifondazione dell'Accademia, dal curriculum molto discutibile, e la Nuova Bussola Quotidiana ne ha dato puntuale informazione (per un rapido ripasso clicchi quiqui, qui e qui)

Quanto alla questione delle cure palliative, mai abbiamo affermato che queste coincidono con l’eutanasia. Per cui respingo volentieri al mittente l’accusa di malafede. Abbiamo invece spiegato che c’è chi maschera l’eutanasia con le cure palliative (vedi il caso della sedazione palliativa che facilmente si può trasformare in sedazione eutanasica) ma anche con il rifiuto dell’accanimento terapeutico (includendovi anche la sospensione di idratazione e nutrizione). Se avesse la pazienza di riguardarsi recenti casi di cronaca capirebbe che si tratta di ben più che un rischio. Inoltre, permetterà che a questo proposito si possa rilevare con una certa preoccupazione che tra gli invitati al prossimo simposio sulle cure palliative organizzato dalla PAV ci sia una relatrice quanto mai possibilista in tema di eutanasia (clicca qui). Quanto al convegno svoltosi in Vaticano, in collaborazione con la World Medical Association, abbiamo già dato ampio resoconto (clicca qui).
E per favore, anche qui, non giochiamo con le parole: quando a parlare di “fine vita” ci sono relatori pro-eutanasia, su temi chiaramente eutanasici, soltanto uno stupido può pensare che non ci siano quantomeno aperture.
Quanto all’affermazione che «tutte le religioni hanno a cuore l’accompagnamento e la cura della persona morente», ancora una volta devo notare questa perversione nell’uso delle parole: si getta fumo per dare un’impressione che è diversa dal significato che si vuole intendere. Per capirci facendo riferimento all’ultimo caso di cronaca, anche l’on. Marco Cappato e l’associazione Luca Coscioni «hanno a cuore l’accompagnamento e la cura della persona morente», ma come è facile capire intendono esattamente l’opposto di quanto insegna la Chiesa cattolica. Così, se è vero che in tutte le religioni troviamo chi si oppone all’eutanasia, non è vero che tutte le religioni sono per principio contrarie all’eutanasia; anzi, in buona parte si ammettono almeno delle eccezioni. Così non è per la Chiesa cattolica. E non lo sarà mai, per quanto si sforzi la nuova PAV.