St. John the Evangelist by Ermes Dovico
VERSO IL 25 SETTEMBRE

La legge naturale, il criterio guida per il voto

Il riferimento generale nella scelta su chi votare è dato dal bene comune e, in particolare, dal rispetto dei princìpi della legge naturale. Non è moralmente lecito votare partiti che propongono soluzioni inique (aborto, eutanasia, fecondazione artificiale, “nozze gay”, ecc.). Oltre alle proposte programmatiche vanno valutate anche le omissioni, in base ad alcuni criteri. Vediamoli.

Editoriali 09_09_2022

Per il cattolico votare è sempre un dramma ed è fonte di un dissidio interiore, spesso assai acuto, dato che nessun partito o coalizione soddisfa appieno le sue aspettative. Di fronte a questo scenario quindi per chi votare?

Il riferimento generale è dato dal bene comune. Occorre votare per coloro i quali propongono le soluzioni più efficaci per tutelare il bene comune e accrescerlo. Cosa è il bene comune? Vi sono più definizioni corrette di bene comune presenti nella tradizione aristotelica-tomista, ma qui ne evidenziamo una: il bene comune è quell’insieme di condizioni (bene comune in senso strutturale) che permettono al singolo, alla famiglia e altre realtà sociali di vivere i principi della legge naturale (bene comune in senso sostanziale). Dunque queste condizioni devono permettere all’uomo di vivere virtuosamente.

Da ciò consegue che non è lecito dare il proprio voto a quei partiti che nei due dei tre ambiti classici di ripartizione del potere pubblico (potere legislativo ed esecutivo) propongono soluzioni inique, cioè contrarie alla legge naturale. Esemplifichiamo, accennando, per motivi di spazio, solo all’ambito legislativo. Non sarebbero meritevoli di essere votate quelle coalizioni che promuovono normative inique. Tali sono, ad esempio, leggi che comandano atti contrari alla legge naturale: pensiamo ai sindaci che devono per legge celebrare le unioni civili, ai giudici minorili che devono decidere se la minore ha preso la decisione di abortire con maturità, ai farmacisti obbligati a vendere pillole potenzialmente abortive, ai medici che devono praticare l’eutanasia su richiesta. Un partito che quindi fosse contrario all’obiezione di coscienza dei medici in tema di aborto sarebbe un partito che non meriterebbe il nostro voto. Una legge ingiusta è anche quella che comanda condotte sì in se stesse giuste perché consone alla legge naturale, ma sproporzionate. Pensiamo ad imposte troppo esose rispetto al potere contributivo e ai bisogni.

Passando dai comandi ai divieti, un partito agirebbe contrariamente alla legge naturale se si rifiutasse di vietare mala in se lesivi del bene comune, come aborto, eutanasia, divorzio, “matrimoni” gay, etc., perché condotte ritenute invece buone (sul punto ritorneremo tra poco). Altre legislazioni inique sarebbero quelle che vietano atti commissivi consoni alla legge naturale in modo sproporzionato ossia irragionevole: vietare la libertà di parola e di religione come previsto dal Ddl Zan. Un’altra tipologia di leggi ingiuste sono quelle norme che legittimano condotte intrinsecamente malvagie: aborto, eutanasia, divorzio, omosessualità, uso di droghe, fecondazione artificiale, etc. A questo proposito teniamo conto che attualmente molti partiti di area levantina vogliono appoggiare alcuni disegni di legge a favore del suicidio assistito, della liberalizzazione delle cosiddette droghe leggere e di un ampliamento dell’ambito normativo delle unioni civili (in particolare dell’omogenitorialità).

Domanda necessaria a questo punto: come facciamo a capire se il partito X è favorevole alla legittimazione dell’aborto, al divieto dell’obiezione di coscienza, etc.? Si tratta del tema delle fonti dell’azione politica. È un terreno scivoloso perché vedremo che è difficile precisare al millimetro il contenuto delle proposte politiche. Dunque i criteri qui indicati devono essere presi cum grano salis. Partiamo dalla fonte più importante, perché più oggettiva: il programma politico, la vera carta d’identità del partito.

Quesito: se nel programma c’è solo un punto contrario alla legge naturale e tutti gli altri sono leciti? È sufficiente un solo punto programmatico che legittima o comanda una condotta contraria alla legge naturale o vieta in modo irragionevole una condotta consona alla legge naturale perché non si possa votare per quel partito, dal momento che il cittadino darebbe il suo voto anche a quel punto programmatico. Dionigi l’Areopagita nella sua opera I nomi divini così scrive: “Il bene è causato da una integrità di cause, il male invece anche da particolari difetti” (cap. IV). Parimenti Tommaso d’Aquino così si esprime: “Per rendere cattiva un’azione basta un solo difetto: invece perché sia buona in senso assoluto non basta un particolare aspetto di bene, ma si richiede una bontà integrale” (Summa Theologiae, I-II, q. 20, a. 2 c.). Dare il proprio voto a simile programma politico infettato anche in un solo punto da una proposta iniqua sarebbe come apporre la propria firma ad un contratto a piè di pagina dove ci fosse anche una sola clausola ingiusta. Con quella firma accetterei tutte le condizioni e clausole contenute in quel contratto.

Come invece valutare l’omissione nel programma politico ad esempio di un comando necessario (medico cura il nascituro), di una iniziativa altrettanto necessaria (abbassare le tasse) o di un riconoscimento di un diritto (obiezione di coscienza nella legge sull’eutanasia già vigente)? Dipende dal motivo per cui non si è voluto inserire tale proposta. Se, come già accennavamo, l’omissione è data dalla volontà di non riconoscere ad esempio l’obiezione di coscienza in materia di eutanasia, questa omissione non sarebbe accettabile. Se invece l’omissione fosse dettata da necessità - è impossibile proporre e ottenere ora l’abrogazione della 194 - oppure da opportunità - sarebbe controproducente fare una simile proposta ora, ma non in futuro - allora il voto a tale partito sarebbe lecito.

Un’altra fonte per comprendere le finalità di un partito o di una coalizione è data dalle azioni pregresse, dalla sua storia. Ad esempio non si potrebbe mai votare per un partito che ha dato il suo voto alla legge sulle unioni civili, sul divorzio breve, sull’eutanasia, sulla “Buona scuola” dove è previsto l’insegnamento del gender, sulla legittimazione dei figli incestuosi e ha appoggiato i disegni di legge relativi alla legalizzazione delle droghe, all’omofobia, al suicidio assistito. Rientra nello storico di un partito, poi, se i suoi leader si sono dichiarati a favore della maggiore accessibilità delle pillole abortive, della reclusione in casa di milioni di cittadini durante la pandemia, della vaccinazione obbligatoria, dell’utero in affitto, dell’omogenitorialità, dei gay pride, dell’immigrazione senza regole, della rivoluzione green indiscriminata, etc.

Inoltre occorre valutare il divario tra promesse fatte nel passato e risultati ottenuti tenendo conto dei motivi per cui non si è ottenuto quel risultato: difficoltà oggettive non prevedibili, tornaconto, atteggiamento menzognero, etc. Le azioni del passato da valutare sono anche quelle omissive: non aver votato contro una legge ingiusta o a favore di una giusta, aver evitato di riparare ad alcune sentenze inique (vedasi la sentenza della Consulta che ha aperto all’aiuto al suicidio), o semplicemente non aver reso noto la propria contrarietà ad esse, etc.

Dopo il programma politico e il passato di un partito, un’altra fonte da tenere in considerazione, è la condotta, sia pubblica che privata, del singolo candidato. Ma su questo tema, semmai, torneremo un’altra volta.