LA CAMPAGNA #SALVIAMOLECHIESE

La cattiva teologia che ha desacralizzato le chiese

Se si trattasse di sciatteria potrebbero esserci attenuanti, ma le nuove forme di okkupazione delle chiese con eventi profani e di cattivo gusto hanno radici teologiche lontane. Che affondano, guarda un po', in Karl Rahner e nel suo tentativo di togliere il sacro perché ormai il mediatore tra Dio e l'uomo è il mondo. Invece la chiesa, per la presenza del Santissimo Sacramento dell’altare, è un luogo “metafisico” e non più solo storico. 

-IL SUINO ARRIVA IN CATTEDRALE: LE SEGNALAZIONI DEI LETTORI di Andrea Zambrano

Ecclesia 12_12_2017
Gigantografie di Mao Tse-Tung in una chiese del frusinate

La campagna della Nuova BQ #salviamolechiese circa le nuove forme di okkupazione delle chiese con sfilate di moda, rassegne dell’artigianato locale, mostre di quadri di dubbio gusto e così via … mette il dito in una piaga che ha origini lontane. Se si trattasse solo di sprovvedutezza e noncuranza la cosa non sarebbe poi così grave. Sprovvedutezza e noncuranza riguardano casi particolari, pur se di numero crescente, e possono pretendere le attenuanti che si danno di solito agli sprovveduti e ai noncuranti. Il fatto è, purtroppo, che questa nuova okkupazione delle chiese è stata ampiamente teorizzata e addirittura fondata teologicamente. E’ per questo che la cosa è piuttosto grave: l’okkupazione delle chiese con i corsi di aerobica rappresenta l’ingresso del profano nel sacro o, meglio, l’annullamento della distinzione tra sacro e profano. E questo concetto la teologia lo sta insegnando ormai da decenni, almeno fin dagli anni Sessanta del secolo scorso.

Nel 1969 Ladislaus Boros scriveva che da quando Cristo si è incarnato, Dio lo si incontra nell’uomo e il mondo è diventato grazia. Due anni dopo, Gustavo Gutiérrez, padre della teologia della liberazione, insisteva sul medesimo concetto: «Da che Dio si fece uomo, l’umanità, ogni uomo, la storia, sono il tempio vivo di Dio. Il pro-fano, ciò che sta fuori del tempio, non esiste più», e concludeva così il suo ragionamento: «Se l’umanità, se ogni uomo, è tempio vivo di Dio, allora incontriamo Dio nell’incontro con gli uomini, nell’impegno col divenire storico dell’umanità».

Clodovis Boff, fratello del più noto Leonardo, nel suo libro “La grazia liberatrice nel mondo” sosteneva che non bisogna più parlare della grazia, come fa la Chiesa, ma lasciare la grazia parlare, intendendo che la grazia opera nel mondo e parla attraverso i fatti del mondo. In precedenza, eravamo nel 1964, Jürgen Moltmann aveva spiegato che c’era stata una evoluzione della presenza di Dio tra gli uomini: dapprima nella tenda, poi nell’Arca, poi nel tempio … fino a quando Dio avrebbe preso dimora nell’umanità stessa. Pannenberg aveva parlato di rivelazione come storia, Schlette di epifania come storia, Cullmann di salvezza come storia. Tutte queste teologie hanno sostenuto che Dio si sarebbe rivelato non tramite una teofania diretta, ma in modo indiretto tramite gli avvenimenti della storia. Il sacro, inteso come il luogo e la dimensione diretta della rivelazione e della teofania, doveva quindi essere sostituito col profano, inteso come il modo indiretto con cui Dio si rivela e guida la storia della salvezza. Edward Schillebeecks aveva scritto nel 1965 che «Tutta la vita profana costituisce una specie di esplicitazione di ciò che vuol dirci l’intima offerta della grazia di fede». Nello stesso anno Harvey Cox aveva dichiarato che «Dio ama il mondo e non la Chiesa».

Se si vuole però andare alle origini di questa identificazione del sacro col profano occorre parlare di Karl Rahner. Per lui il mondo come esistenza è il luogo della auto-rivelazione di Dio all’uomo. Noi non incontriamo mai gli insegnamenti di Dio e Dio non ci ha dato degli insegnamenti diretti, noi vediamo il mondo e gli uomini e lì Dio comunica se stesso in via anonima e priva di contenuti, una via che accetta e fonda la nostra libertà. Ecco allora «L’odierna tendenza a parlare non di Dio, bensì del prossimo, a predicare non l’amore di Dio, bensì l’amore del prossimo, a non dire Dio, bensì mondo e responsabilità verso il mondo».

La storia della salvezza coincide quindi con la rivelazione e con la storia dell’umanità e non c’è distinzione tra storia sacra e storia profana: «Il mondo media a Dio come a colui che si comunica nella grazia, e in questo senso il cristianesimo non conosce alcun settore sacrale delimitato, nel quale soltanto potremmo trovare Dio». Il mediatore tra gli uomini e Dio è ormai diventato il mondo.

Questi scarni esempi possono adeguatamente testimoniare che l’ingresso della “pizza solidale” in duomo o dei pranzi con i poveri in cattedrale non sono solo dovuti a superficialità o sprovvedutezza, ma sono alimentati da una visione della relazione tra il mondo e la Chiesa che data ormai da alcuni decenni. Non ha importanza la notevole differenza tra le dotte asserzioni dei teologi e lo squallore di molte di queste okkupazioni, le idee filtrano dalla aule universitarie alle piccole parrocchie di periferia dove qualcuno organizza l’ingresso del mondo in chiesa senza aver mai letto Cox o Rahner ma seguendone ugualmente e di fatto gli insegnamenti.

Se Dio si manifesta prima di tutto nel mondo tramite eventi storici, allora lo si incontra nella prassi di fare entrare gli eventi storici nelle chiese. Viene quindi trascurato che la Chiesa è il luogo in cui il fedele può entrare in contatto con quanto storico non è. Lo spazio sacro è il luogo dell’eterno. La Chiesa, per la presenza del Santissimo Sacramento dell’altare, è un luogo “metafisico” e non più solo storico: lì è presente l’Alfa e l’Omega della storia, che proprio perciò non è storia. Ed infatti, quando entra la “pizza solidale” in duomo, il Santissimo – almeno per ora - viene trasportato altrove.