ISLAM

Iraq, il mito del Califfo divide l'islam più che unificarlo

Nel corso della storia del mondo musulmano, la figura unificante del califfo, discendente diretto di Maometto e supremo governante, è sempre stata più mitologica che reale. Anche l'autoproclamato califfo Al Baghdadi suscita rivalità e non unione.

World 11_07_2014
Al Baghdadi

“O musulmani in ogni dove, buone notizie per voi e aspettate il bene. Levate il capo, poiché oggi – per concessione di Dio – avete uno stato e un califfato, che vi restituirà dignità, forza, diritti e potere. E’ uno Stato in cui arabi e non arabi, il bianco e il nero, l’orientale e l’occidentale sono tutti fratelli. È un califfato che ha riunito a sé il caucasico, l’indiano, il cinese, il levantino, l’iracheno, lo yemenita, l’egiziano, il maghrebino, l’americano, il francese, il tedesco e l’australiano. Allah ha ricongiunto i loro cuori e loro sono diventati fratelli per merito della Sua grazia, si amano a vicenda per amore di Dio, sono schierati nella stessa trincea, difendendosi e proteggendosi a vicenda, e sacrificandosi l’uno per l’altro.. […] Quindi, musulmani, accorrete al vostro Stato. Sì, è il vostro Stato. Accorrete perché la Siria non è per i siriani, e l’Iraq non è per gli iracheni.[…] O musulmani, chiunque sia in grado di compiere l’egira verso lo Stato islamico, lo faccia, perché l’egira verso lo Stato islamico è obbligatoria.” Così ha tuonato il 5 luglio Abu Bakr al-Husayni al-Qurashi al-Baghdadi, autoproclamatosi principe dei credenti e leader dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante. Da quel momento si è innescato un acceso dibattito in ambito islamico sulla liceità dell’eventuale instaurazione di un nuovo califfato.

In primo luogo è indispensabile comprendere il significato sia della parola califfo sia dell’istituzione del califfato. Khalifa è, letteralmente, “colui che viene dopo” quindi il successore di Maometto. Il termine khalifa al singolare ricorre due volte nel testo coranico. La prima volta riferito ad Adamo: “E quando il tuo Signore disse agli angeli: Ecco io porrò sulla terra un mio Vicario” (II,30), la seconda riferito a Davide (XXXVIII, 26): “O Davide! Noi ti abbiam costituito Vicario sulla terra, giudica dunque fra gli uomini secondo verità e non seguir la passione che ti travierebbe dalla via di Dio e quelli che deviano dalla via di Dio avranno castigo violento, per avere dimenticato il giorno del Conto”. Davide, profeta e re per i musulmani, cumulava in sé autorità religiosa e politica. Il termine nel Corano si trova spesso  al plurale con il significato di “successori”, eredi, possessori.

Ciononostante il califfato storico ha comunque inizio con il primo califfo ben Guidato Abu Bakr, che non a caso è il nome che si è attribuito al-Baghdadi. La tradizione storiografica islamica narra, fornendo varie versioni, quanto segue: “Quando Abu Bakr successe al Profeta fu chiamato khalifatu Allah, vicario di Allah. Omar lo maledisse dicendo: ‘Quello è Davide’. L’uomo lo chiamò allora khalifatu khalifati rasul Allah, vicario del vicario dell’Inviato di Allah, e Omar commentò: Giusto stavolta però diventa un po’ lungo. Chiese l’uomo: Insomma come ti dobbiamo chiamare? E l’uomo rispose: Voi siete i credenti e io sono il vostro capo perciò chiamatemi ‘capo dei credenti’ (amir al- mu’minin)”. E anche in questo caso la narrazione del dibattito sul termine khalifa riconduce al titolo che al-Baghdadi si è attribuito. Non solo, ma in alcune parti del messaggio del 5 luglio ricorda la prima  khutba, la predica, pronunciata dal vero califfo Abu Bakr così come riportata nella biografia ufficiale di Maometto.

Nel corso della storia del mondo islamico solo in tre casi il titolo di khalifat Allah è stato utilizzato, anche se in modo possiamo dire ufficioso: il primo che utilizzò questo titolo in un’iscrizione fu l’omayyade Abd al-Malik (685-705), che fu di fatto il primo califfo ad avere mire imperiali consapevoli ed esplicite, quale rivale musulmano dell’imperatore di Costantinopoli; vi sono poi le monete dell’abbaside Ma’mun (813-833) nelle quali è definito khalifat Allah;  il terzo infine a utilizzare il titolo in un’iscrizione fu uno degli ultimi califfi abbasidi al-Nasir (1180-1225) che non solo si proclamò khalifat Allah, ma affermò di esercitare tale funzione sulla totalità dei musulmani.

Per tutto il Medioevo il titolo fu portato solo da coloro che sostennero, o almeno rivendicarono, la carica di supremo governante musulmano, mai dai sovrani minori con pretese più limitate.

In linea di principio poteva dunque esistere un solo califfo e il principio fu mantenuto nel corso della storia. L’eccezione fu la grande sfida lanciata dai califfi fatimidi che comparsi nel Nordafrica agli inizi del X secolo governarono l’Egitto, la Siria, l’Arabia occidentale, e tentarono invano di conquistare l’Oriente. Il califfato di quell’epoca dovette affrontare un anticaliffo. Il primo, e per lungo tempo unico esempio di califfato puramente locale fu quello stabilito dall’emiro omayyade di Cordova nel 929.

Il titolo di califfo mostrò quindi ben presto la propria lontananza dalla realtà di un mondo, quello islamico, difficilmente riconducibile a un unico sovrano o a un unico Stato. Non a caso già nel 1194 lo storico persiano Rawandi scriveva: “Se il califfo è l’imam, allora la sua costante occupazione deve essere la preghiera, dato che la preghiera è il fondamento della fede e delle buone azioni. La sua preminenza in questo campo e il fatto che egli serva da esempio al popolo gli devono bastare. Questa è la vera sovranità: assurda l’interferenza del califfo negli affari del governo che dovrebbero restare affidati ai sultani”. Pensiero questo che coincide appieno con quanto espresso nel 1925, un anno dopo l’abolizione dell’istituzione del califfato da parte di Kemal Atatürk, dall’intellettuale egiziano ‘Ali ‘Abd al-Raziq nel saggio L’islam e i fondamenti del potere. L’idea fondamentale del saggio è che “l’islam è una fede, non uno Stato”.

Secondo ‘Abd al-Raziq la rivelazione e l’esperienza di Maometto non possono giustificare l’interdipendenza dell’islam con la politica che anzi ha sempre avuto sulla “comunità dei Credenti” (umma) conseguenze nefaste. Siffatte idee vennero aspramente criticate, suscitarono reazioni indignate e violente, il saggio venne messo al bando e il suo autore destituito dall’incarico universitario presso l’università islamica di al-Azhar.

Le reazioni al discorso di al-Baghdadi confermano comunque, e purtroppo, che l’istituzione del califfato resta ancora oggi un mito cui aspirano i fondamentalisti islamici, un mito che va di pari passo con la ricostruzione della mitica, e fantomatica, umma. Interessante è a riguardo il comunicato emesso dall’Unione internazionale degli studiosi islamici presieduta da Yusuf Qaradawi, teologo di riferimento dei Fratelli musulmani, e tra i cui membri spicca Rached al-Ghannouchi, leader del partito tunisino Al-Nahdha anch’egli legato alla Fratellanza. Il comunicato esordisce con queste parole: “L’Unione internazionale degli studiosi islamici ha seguito le affermazioni provenienti da un’organizzazione chiamata “lo Stato islamico” e che è nata in Iraq dall’unione con altre forze irachene per la difesa dei sunniti in Iraq e dei perseguitati in questa regione,  ci rallegriamo di loro e accogliamo questa unione di intenti per rifiutare l’oppressione e la tirannide sulla terra, ma […] ha annunciato il califfato islamico.” Quindi nel comunicato si sottolinea una comunione di intenti in nome della giustizia contro i tiranni, ma al contempo questa comunione si ferma nel momento in cui si proclama il califfato. La reazione dell’Unione non è dovuta al fatto che i Fratelli musulmani non credono nell’istituzione del califfato, al contrario, ne esigono e reclamano il monopolio assoluto. D’altronde l’ex Guida Suprema della Fratellanza Mahdi Akef ha avuto modo di dichiarare: “Quali sono i loro obiettivi? Il sogno dei Fratelli Musulmani è istituire uno Stato islamico globale. Istituire? Dove? Non lo so. Noi musulmani siamo attualmente sparsi dovunque. Molti paesi e differenti gruppi.” Che il califfato sia il sogno ultimo dei membri della Fratellanza a livello mondiale è ribadito proprio dal comunicato emesso il 7 luglio scorso: “Tutti noi sogniamo il califfato islamico seguendo l’esempio del Profeta e ci auguriamo nel profondo del cuore di instaurarlo al più presto, tuttavia l’islam ci ha insegnato e la scuola della vita ci ha insegnato che i grandi progetti richiedono grande riflessione, una profonda preparazione, un’unione di forze […] Dobbiamo instaurare una nazione governata dalla sharia […] il califfato dal punto di vista giuridico e legale significa nomina, poiché il califfo – dal punto di vista linguistico e legale – è il rappresentante della umma, colui che ne è responsabile attraverso il giuramento di fedeltà che ne ha confermato l’autorità […] quindi annunciare il califfato non è sufficiente per instaurare il califfato.”

Non si tratta semplicemente di una lotta per il potere tra al-Baghdadi e i suoi seguaci, che di fatto non sono quantificati, e i Fratelli musulmani. Il comunicato dell’Unione internazionale degli studiosi islamici ribadisce non solo che la Fratellanza ha come obiettivo ultimo il califfato, ma che rifiuta che questa istituzione venga imposta dall’alto come nel caso dell’ISIS. I Fratelli musulmani ritengono fondamentale il consenso che va creato nel tempo, con “moderazione” e gradualità attraverso un costante lavoro dal basso. E’ evidente che la proclamazione del califfato da parte di al-Baghdadi possa provocare preoccupazione sia a livello regionale che a livello internazionale, ma il comunicato proveniente dalla Fratellanza internazionale è ben più allarmante e conferma che il sogno del califfato non è finito con la presidenza di Mohammed Morsi in Egitto, bensì si è solo temporaneamente fermato. Inoltre se al-Baghdadi chiama all’egira dei musulmani (jihadisti) in Medio Oriente, i Fratelli musulmani hanno già compiuto in passato e continuano a compiere la loro egira verso Occidente dove la democrazia meglio si confà alla realizzazione del loro sogno.