Il linguaggio oscuro della riforma del Senato
Tutto si può dire dell'attuale Costituzione italiana, men che non sia chiara. La riforma è invece scritta con un linguaggio molto più tecnico, molti cambiamenti importanti sono lasciati (volutamente?) all'oscuro e descritti in termini vaghi. Parrebbe più il testo della conversione di un decreto legge, invece che una legge suprema.
Il Comitato dei Diciotto fu l’organo delegato dall’Assemblea Costituente per la redazione della bozza della futura Costituzione: uno dei suoi compiti fu quello di scrivere la legge fondamentale dello Stato in modo chiaro, semplice e comprensibile da tutti. Furono interpellati anche dei linguisti per rendere il testo fruibile; ottenendo un “prodotto”pregevole, se non altro sotto il profilo linguistico. Pure in questa prospettiva il confronto col disegno di legge di riforma sottoposta al referendum del 4 dicembre è veramente improponibile. Una veloce lettura permette di cogliere la distanza di stile tra la Costituzione vigente e il testo su cui siamo chiamati a votare: il primo è essenziale e lineare, dà l’idea di uno scritto raffazzonato, a volte oscuro, e quasi incomprensibile.
Per il nuovo art. 55 Cost, per esempio,“ Il Senato valuta le politiche (…) e verifica l’impatto delle politiche dell’Unione europea”; ora, a parte la sgradevole percezione, che comporta l’uso di un sostantivo più adatto ad un’analisi da laboratorio, che cosa significa “verifica l’impatto”? Di seguito: “concorre ad esprimere pareri”. Il parere lo esprimi o non lo esprimi, ma non concorre. E poi, con chi concorri? La confusione raggiunge il parossismo con la formulazione del nuovo art. 70. Leggetelo d’un fiato, vi perdete. Sono elencati gli articoli, i commi e persino i periodi di rimando, che identificano la funzione legislativa, quando è esercitata collettivamente dalle due Camere, in un ginepraio che confonde il lettore più esperto. Più che la riforma della Costituzione, sembra di leggere una legge di conversione di un decreto legge.
Per descrivere il procedimento di approvazione di un disegno di legge viene adoperato un vortice di termini, di rimandi, di avverbi gettati alla rinfusa, che mescolano e complicano. Eppure, su una scelta così importante ogni cittadino dovrebbe essere posto nella condizione di capire e di quindi di valutare. A meno che non si vuole che ci si esprima per un atto di fede nelle intenzioni del premier, principale sponsor della riforma. Lo merita?