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Giovanni Paolo II, il papa, il santo. L'amico

Włodzimierz Rędzioch racconta la santità di Giovanni Paolo II attraverso le voci dei suoi amici e dei suoi collaboratori. In 22 interviste – la prima è a Benedetto XVI – il ritratto vivo del papa "di un paese lontano" e così vicino a tutti noi.

Culture 17_03_2014
copertina libro Redzioch

Karol Wojtyla, "il grande papa Giovanni Paolo II", sta per essere proclamato santo. In vista della canonizzazione, il prossimo 27 aprile, sono usciti negli ultimi mesi diversi volumi che ricostruiscono la sua biografia e il suo pensiero, che ne celebrano il carisma, la forza, l'intelligenza, la sapienza, l'eroismo, l'umanità. Riportano i numeri straordinari del suo pontificato oppure rievocano la sua giovinezza, le difficoltà e i drammi affrontati con il coraggio della fede. Ma come si fa a spiegare la santità di tutta una vita?

Włodzimierz Rędzioch ha trovato un modo efficace per farlo. Polacco di Czestochowa e vaticanista per 27 anni al seguito di Giovanni Paolo II, ha intervistato i suoi più cari amici e più stretti collaboratori, realizzando un luminoso mosaico di testimonianze, un racconto corale in cui le esperienze personali si fondono offrendo a chi legge il ritratto vivo di quell'uomo "di un paese lontano" che è stato e continua ad essere così vicino a tutti noi.

«All’inizio», scrive Rędzioch nella prefazione, «non immaginavo dove poteva arrivare la grandezza umana e spirituale di Wojtyla. Ma stando vicino a lui e ai suoi collaboratori a un certo punto mi sono reso conto che era un santo. Più scoprivo questa realtà e meno ne parlavo: mi sembrava di violare un segreto. Ora, però, che anche la Chiesa sta per riconoscere quello che in tanti avevamo capito, mi sono sentito di raccontare attraverso le voci dei suoi collaboratori la storia del santo Giovanni Paolo II».

La prima intervista – l'ultima in realtà ad essere stata raccolta – è quella a Benedetto XVI. Il papa emerito, sapiente teologo, ripercorre i grandi temi dottrinali e pastorali di Giovanni Paolo II, ma restituisce in pochi cenni affettuosi anche l'immagine dell'amico sempre pronto al sorriso, dalla «straordinaria bontà e comprensione». Basta il ricordo dei "pranzi di lavoro" a cui il cardinale Ratzinger partecipava quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede: pur nella serietà che s’imponeva, «c’era sempre posto anche per il buon umore».

Ed ecco delinearsi le prime costanti di tutte le testimonianze: da un lato lo stupore per il lavoro instancabile di un uomo che spendeva tutto se stesso nell'annunciare Cristo («Mi riposerò in Cielo» disse una volta proprio a Ratzinger) e dall'altro la meraviglia e il conforto per la sua pronta disponibilità e per quello sguardo in cui amore e perdono non erano mai il frutto di uno sforzo, ma la conseguenza naturale della sua intima unità con Cristo, Redentore dell'uomo.

«Solo a partire dal suo rapporto con Dio», dice Benedetto XVI, «è possibile capire anche il suo indefesso impegno pastorale» e quel «coraggio della verità», che è «un criterio di prim'ordine della santità». L'intensità della preghiera e la fiducia in Maria sono stati il suo inesauribile nutrimento spirituale. «Così come Maria non visse per se stessa ma per Lui, spiega Benedetto XVI, allo stesso modo egli imparò da Lei e dallo stare con Lei la completa e pronta dedizione a Cristo».

Seguono le testimonianze degli amici di Cracovia, per i quali le porte del Vaticano erano sempre aperte – monsignor Andrzej Maria Deskur, il professor Stanislaw Grygiel, la dottoressa Wanda Póltawska, il cardinale Stanisław Nagy – e quelle dei segretari – il cardinale Stanislaw Dziwisz, monsignor Mieczyslaw Mokrzycki, oggi arcivescovo di Leopoli, e monsignor Emery Kabongo. Ci sono le interviste ai collaboratori che hanno lavorato con lui in Vaticano e nella diocesi di Roma – Joaquin Navarro-Valls, direttore della Sala Stampa Vaticana, e monsignor Pawel Ptasznik, i cardinali Camillo Ruini e Angelo Sodano – e ci sono le dichiarazioni, le confidenze e gli aneddoti del cardinale Tarcisio Bertone e di monsignor Javier Echevarría, attuale prelato dell’Opus Dei, del fotografo Arturo Mari e del giornalista Gian Franco Svidercoschi, del gendarme Egildo Biocca, organizzatore delle gite del Papa, e del medico personale dottor Renato Buzzonetti. 

Ciascuno offre il proprio ricordo personale, brano prezioso di una storia che ha cambiato il mondo. Una storia fatta di grandi gesti pubblici, di risonanza globale, ma anche sempre di quotidiane attenzioni, di fedeltà e amicizia espresse con discrezione. Le ultime voci sono quelle di coloro che a vario titolo sono stati coinvolti nei processi di beatificazione e canonizzazione: il postulatore monsignor Sławomir Oder, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, e le due donne miracolate per intercessione di Giovanni Paolo II, suor Marie Simon-Pierre Normand e Florybeth Mora Diaz.

Pagina dopo pagina, la figura e il volto di Karol Wojtyla, la sua grandezza e la sua santità appaiono nitidamente, come è nitida e viva la sua presenza per gli amici che parlano di lui. È la comunione dei santi, l'allenza viva tra la terra e il cielo. "Che cosa le manca di più di Giovanni Paolo II?" chiede Rędzioch a Grygiel. "Nulla mi manca tranne, ogni tanto, la sua presenza fisica. Tutto ciò che era essenziale e proprio della sua persona mi è sempre presente. La sua morte non ha distrutto nulla. Il nostro dialogo continua. Nel cuore della Chiesa, cioè nell’Eucaristia, non ci sono morti".
 

Accanto a Giovanni Paolo II, a cura di Wlodzimierz Redzioch, pp. 256, Ares, € 15,90.