Famiglie gay, la Cassazione riscrive la Costituzione
Nuova sentenza scandalosa della Suprema Corte, in un caso di separazione conferma l'affidamento del figlio a madre e convivente, accusando il padre di pregiudizi nei confronti degli omosessuali e negando «la dannosità di quel contesto familiare».
Ci risiamo. La musica è sempre la solita. Alcuni giudici per l’ennesima volta si sono messi a cambiar le leggi in barba al Parlamento e in barba al buon senso. Il fatto è questo. Un uomo di religione islamica - di cui si conosce solo l’acronimo: E.T.S. - mette al mondo un figlio con un’italiana (I.B.) la quale dopo qualche tempo lascia l’uomo e va a vivere con una donna. Non una qualsiasi. Infatti I.B. era tossicodipendente e si innamora dell’educatrice della comunità di recupero che frequentava tempo addietro. L’uomo poi, tanto per mettere un po’ più di sale alla vicenda, viene alle mani con questa educatrice in un’occasione. E così la Corte di Appello di Brescia stabilisce l’affidamento esclusivo a favore della madre. Insomma un bel pasticcio: loro non sono sposati, lei è tossicodipendente, lui un poco manesco e il figlio dovrà crescere in una coppia omosessuale.
L’uomo però non ci sta e ricorre in Cassazione. Gli argomenti sono dei migliori. Infatti l’avvocato del padre, nel ricorso, ha paventato “ripercussioni negative sul bambino” a motivo del fatto che sarebbe stato educato da due donne e due donne omosessuali. Inoltre c’è il forte dubbio se non la certezza che simile coppia non sarebbe in grado di "garantire l'equilibrato sviluppo del bambino". Inoltre tale decisione dei giudici di Brescia, secondo il ricorrente, reca un danno “ai diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio di cui all'articolo 29 della Costituzione, all'equiparazione dei figli nati fuori dal matrimonio con i figli legittimi di cui all'articolo 30 della Costituzione e al diritto fondamentale del minore di essere educato secondo i principi educativi e religiosi di entrambi i genitori".
In queste poche righe del ricorso c’è il succo di questa prima parte della vicenda. Affidare le cure del bambino ad una donna legata affettivamente ad un’altra donna, porta con sé gravi conseguenze giuridiche e sociali. Primo: i giudici di Brescia è un po’ come se avessero legittimato e inventato un altro tipo di famiglia oltre a quella naturale fondata sul matrimonio: la “famiglia” omosessuale. Però è una decisione anti-costituzionale, dato che per il nostro ordinamento di famiglia c’è solo quella nata dal rapporto di coniugio. Secondo: i figli nati al di fuori del matrimonio devono godere degli stessi diritti dei figli nati da una coppia sposata. Il principale di questi diritti è essere educato dai propri genitori biologici, anche nel caso in cui i genitori siano in lite tra loro (l’affido esclusivo scatta solo per motivi gravissimi). Nel caso di Brescia i giudici invece hanno deciso non solo di impedire al padre di vedere il figlio – se non per un breve lasso di tempo ogni quindici giorni - ma hanno inserito il minore in un ambiente non adatto alla sua educazione, discriminandolo rispetto a tutti gli altri bambini che vengono cresciuti da coppie eterosessuali.
Come ha risposto ieri la Cassazione? Gli ermellini non hanno accolto il ricorso perché secondo loro alla base delle lamentele “non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale”, concludendo che “si dà per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino”.
Allora a beneficio dei magistrati romani richiamiamo invece i dati di alcuni studi scientifici che provano il contrario. I bambini che crescono all’interno di una coppia omosessuale hanno una probabilità assai maggiore, rispetto ai minori che vengono educati in famiglie di coppie eterosessuali, di soffrire di importanti disturbi psicologici, di avere un’autostima bassa, di darsi alla tossicodipendenza e soffrire di autolesionismo , (S. Deevy, When mom or dad comes out, «Journal of Psycological Nursing», 27 (1989), p. 34). Tutto questo proprio perché manca la figura paterna e materna. L’obiezione solita in genere è questa: “Però ci sono bambini cresciuti benissimo anche con la presenza della sola donna e bambini che soffrono molto in coppie normali”. Risposta: occorre pretendere per il bambino il meglio, non il meno peggio; la situazione ideale, non la situazione imperfetta nella speranza che funzioni come la perfetta. Inoltre nel caso che stiamo esaminando il bambino non crescerà solo con sua madre, ma anche con un’altra donna, ingenerando nella psiche del figlio confusione sui ruoli e le identità sessuali (cfr. G. Lobbia – L. Trasforini, Voglio una mamma e un papà. Coppie omosessuali, famiglie atipiche e adozione, Ancora, 2006)
C’è un altro pericolo che attenta alla serenità del bambino: la precarietà delle relazioni omosessuali. I bambini hanno bisogno di legami duraturi, di stabilità per crescere in modo sano. Ora è provato che i legami omosessuali sono assai più fragili di quelli delle coppie eterosessuali, (D. McWirther - A. Mattison, The male couple, Reward Books, 1984).
Altro inciampo: gli omosessuali hanno una salute peggiore rispetto agli eterosessuali, soffrono di maggiori problemi psicologici, che si ripercuotono sui bambini (in particolare in merito proprio alle coppie lesbiche si veda: E. Rothblum, Depression Among Lesbians, «Journal of Gay & Lesbians Psycoterapy», 1, 3 (1990), p. 76; S. Welch, Lesbians in New Zealand, «N.Z.J. Psychiatry», 34 (2000), pp. 256-263; T. Sandfort, Same-Sex Sexual Behaviours and Psychiatric Disorders, «Archives of General Psychiatry», 58 (2001), pp. 85-91. Altri dati possono essere rinvenuti in G. Samek Lodovici, Matrimonio e divorzio, e in T. Scandroglio, Questioni di vita e di morte, Ares).
I problemi per la prole poi si ripercuotono nel tempo fin nell’età adulta: infatti il 12% dei figli che vengono educati da coppie omosessuali ha idee suicide (contro il 5% di figli di coppie eterosessuali sposate), il 40% è incline al tradimento (contro il 13%), il 28% è senza lavoro (contro l’8%), il 19% è in trattamento psicoterapeutico (contro l’8%) e con maggior frequenza ricorre agli assistenti sociali, il 40% (contro l’8%) è affetto da qualche patologia venerea (M. Regnerus, How different are the adult children of parents who have same-sex relationships? Findings from the New Family Structures Study, «Social Science Research», 4 (July 2012)).
Infine in questo particolare caso il figlio esce da un’esperienza traumatica – la separazione dei genitori – per poi trovarsi in un’altra situazione anomala e quindi fonte di disagio - gli altri hanno un padre e una madre, io no - che si troverà costretto ad accettare (X. Lacroix, In principio la differenza, Vita e Pensiero, p. 56).
A fronte di queste osservazioni di carattere scientifico, che sono mere spigolature nell’oceano di studi sul tema, ci pare che siano i giudici di Cassazione e non il ricorrente ad essere caduti – per rubare una loro espressione - in “un mero pregiudizio” dal sapore però molto ideologico.