Che ne sarà di Asia Bibi sotto il governo Khan
Pakistan, l’ex campione di cricket Imran Khan sarà il prossimo capo del governo. Giurerà il 14 agosto. E che fine farà Asia Bibi, che è ancora in carcere, da 9 anni, condannata a morte per blasfemia e in attesa di una sentenza di appello? Che ne sarà, in genere, delle minoranze cristiane e non musulmane? Le premesse non sono positive.
Pakistan, l’ex campione di cricket Imran Khan sarà il prossimo capo del governo. Giurerà il 14 agosto, giorno del 71mo anniversario dell’indipendenza, ma ha già vinto. Benché i risultati delle elezioni siano contestati dall’opposizione, ha abbastanza seggi per formare il suo governo con il partito Pakistan Tehreek-e-Insaf (Pti). E adesso che fine faranno i cristiani? E che fine farà Asia Bibi, che è ancora in carcere, da 9 anni, condannata a morte per blasfemia e in attesa di una sentenza di appello della Corte Suprema? Che cosa ne sarà della legge sulla blasfemia, la più controversa in assoluto, il cui tentativo di riforma è costato la vita a Salman Taseer (governatore del Punjab) e Shahbaz Bhatti (ministro delle Minoranze), entrambi assassinati nel 2011?
Il 24 novembre del 2010, quando la vicenda di Asia Bibi era appena agli inizi, Imran Khan dichiarava che il caso non dovesse essere strumentalizzato politicamente dal Partito del Popolo, lo stesso fondato da Benazir Bhutto (assassinata nel 2008), lo stesso in cui militavano sia Salman Taseer che Shahbaz Bhatti. Era dell’idea che il caso Asia Bibi dovesse essere risolto nelle aule di tribunale e non con un atto politico di grazia. Tuttavia, nello stesso discorso, Khan affermava anche la sua volontà di riformare la legge. O per lo meno di applicarla in modo “equo”, perché troppo spesso veniva usata come pretesto per punire le minoranze, “contro lo spirito dell’islam e della Costituzione del Pakistan”. Allora dichiarava che “esponenti religiosi, leader delle minoranze e politici di tutti i partiti” avrebbero dovuto sedersi attorno a un tavolo e riformare la legge, per salvare le vittime dalle sofferenze dell’abuso di questa norma. E si riferiva proprio ad Asia Bibi, la donna cristiana arrestata semplicemente sulla base di un sospetto, di una diceria riferita dalle sue compagne di lavoro in un’area rurale. Ancora nel 2011, nella sua autobiografia, Imran Khan lamentava il fatto che nessuna azione fosse stata intrapresa contro i leader religiosi che “incitano all’omicidio in un periodo in cui un dibattito febbrile (sulla blasfemia, ndr) ha portato all’omicidio”. In quel caso si riferiva all’omicidio del governatore del Punjab Salman Taseer.
Buone notizie, dunque? Niente affatto. Perché nel frattempo Imran Khan ha cambiato completamente idea. O per lo meno, ha cambiato completamente retorica politica, ma in una maniera che non promette nulla di buono per l’immediato futuro dei cristiani del Pakistan. “Noi sosteniamo l’articolo 295c e lo difenderemo”. L’articolo 295c del codice penale è la legge sulla blasfemia: Khan ha promesso di difenderla, in campagna elettorale, di fronte a una platea di leader religiosi islamici, a Islamabad. “Mio padre è stato un eroe e un campione del cambiamento, voleva emendare questa legge barbara – ha dichiarato al quotidiano britannico Guardian Shahbaz Taseer, figlio del governatore assassinato – Imran Khan, invece, è un vigliacco, sta dalla parte degli assassini e dei linciatori. Questa legge è scritta per perseguitare la gente, non per rispettare il nostro profeta”. Questa svolta elettorale, stigmatizzata dal figlio della vittima eccellente, è comunque contestata da sempre meno candidati. Basti pensare che in memoria di Qadri, l’assassino di Taseer, si è formato un intero partito, il Tehreek-e-Labbaik, che ha presentato tanti candidati quanti sono quelli dei partiti tradizionali.
Il Pti di Imran Khan, comunque, oltre che difendere la legge sulla blasfemia, si sta dimostrando più realista del re. Sempre in questa campagna elettorale ha accusato la Lega Musulmana del rivale Nawaz Sharif di aver “annacquato” la formula del giuramento, che fa riferimento alle finalità del profeta Maometto. La formula sarebbe stata cambiata per permettere di non discriminare anche la minoranza degli Ahmadiyya, considerati eretici dai sunniti perché credono che un altro profeta possa essere nato dopo Maometto. Nella formula originaria del giuramento, il ministro “solennemente dichiara che Ahmadi è un falso profeta”, mentre nella formula emendata e introdotta dal governo Sharif è stato sostituito con un “crede che”. Su questa presunta blasfemia politica e religiosa il Pti ha fatto una pesca a strascico di consensi, candidati e leader religiosi si sono spesi per la causa, parte del voto più religioso del Punjab, roccaforte della Lega Musulmana, è passato al Pti in queste ultime elezioni. La minoranza Ahmadiyya sa che non potrà contare su una linea più morbida.
E nemmeno i cristiani, comunque. Nasir William, direttore della Commissione per le comunicazioni sociali della diocesi di Islamabad-Rawalpindi, dichiara all’agenzia missionaria Asia News: “Tutti i governi precedenti hanno fallito nel dare uguali diritti alle minoranze religiose del Pakistan”. Secondo il sacerdote, “nel suo discorso dopo la vittoria, Imran Khan ci ha assicurato i principi fondamentali garantiti dalla Costituzione, ma è rimasto in silenzio quando i leader del suo partito Pakistan Tehreek-e-Insaf (Pti) hanno definito i cristiani kaafir (infedeli) e churhas (di bassa casta) nelle assemblee e nei discorsi televisivi”. Poi aggiunge: “I cinque anni di governo di Khan potrebbero non essere sufficienti a contrastare decenni di fondamentalismo religioso. Sono deboli le ipotesi di grandi manifestazioni di protesta e di sit-in, dato che si vocifera che i militari appoggiano il suo partito”.
Hyacinth Peter, segretario esecutivo della Commissione Giustizia e pace della Conferenza dei superiori maggiori dichiara, sempre ad Asia News, che Imran Khan non ha “alcun interesse” per le minoranze. Perché ha difeso la legge sulla blasfemia, appunto. E perché, alla prova del governo locale, il Pti ha discriminato le minoranze. “Nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa – spiega Hyacinth Peter - l’ex governo del Pti ha cancellato dai programmi scolastici tutti i riferimenti alla laicità dello Stato che erano stati introdotti dalla precedente amministrazione. Tra questi, le immagini di bambine senza il dupattas (velo), i dolci di Natale e la croce come simbolo sulle ambulanze, il saluto del ‘buongiorno’ al posto di ‘Assalamu Aliakum’ e così via”. Il governo nella provincia settentrionale, al confine con l’Afghanistan, ha approvato solo il 3% di quote di posti di lavoro riservati alle minoranze, mentre nel resto del paese è del 5%. Idem dicasi per la quota di seggi.
Altro sintomo: i risarcimenti di circa 200 milioni di rupie (pari a 1,34 milioni di euro) non sono stati distribuiti alle famiglie delle vittime dell’attentato del 2013 nella chiesa protestante di Peshawar. Invece a febbraio il governo provinciale guidato dal Pti ha offerto un finanziamento di 277 milioni (1,8 milioni di euro) alla scuola coranica Darul Aloom Haqqania, “culla per molti jihadisti e leader talebani dell’Afghanistan nel distretto di Nowshera”. Nel 2016 la stessa università ha ricevuto altri 300 milioni di rupie (2 milioni di euro) dall’amministrazione provinciale. Pare che i fondi tagliati ai cristiani siano andati alla madrassa. Così dice l’opposizione. Non sono comunque dei bei segnali.