IL DIBATTITO SU AL

Bisogni prima del dogma: Kasper ha già risposto

Che cosa pensa sui dubia il cardinal Kasper, la cui linea teologica ha fatto da apripista al Sinodo? Era tutto scritto nel 1967 sul suo "Rinnovamento teologico". E se oggi dovesse rispondere direbbe che AL è un testo aperto perché il compito del Magistero è diventato quello di suscitare dubbi, per dare nuovi impulsi all’interpretazione.

Ecclesia 20_11_2016
Walter Kasper

Leggendo i dubbi dei quattro cardinali sulla Amoris laetitia mi sono chiesto che cosa ne penserebbe il cardinale Walter Kasper. Ovviamente è impossibile saperlo. Però qualche ipotesi sulla scorta della sua linea teologica che ha fatto da apertura della lunga fase sinodale conclusasi con l’Esortazione apostolica stessa, ci autorizza a fare qualche libera esercitazione di fantateologia.

In un suo libro del 1967 dal titoloPer un rinnovamento del metodo teologico”, il trentaquattrenne teologo Walter Kasper sosteneva che dopo il Concilio la teologia doveva cambiare metodo. Mentre fino ad allora si partiva dai dogmi e dal magistero e si scendeva ai bisogni umani, il processo doveva essere cambiato: il dogma doveva essere visto come intermedio tra la Parola e la situazione esistenziale e doveva collegarle tra loro. Ecco le sue parole: «Il dogma ora non può più apparire che come una grandezza relativa e storica, che ha solo un significato funzionale. Il dogma è relativo, in quanto è in rapporto con la Parola originaria di Dio, che serve ad indicare, e con le problematiche di un determinato tempo, e in quanto aiuta a intendere con esattezza il Vangelo nelle varie situazioni».

Il nuovo metodo accentuava il primato della Scrittura sulla Tradizione, trascurava che il dogma, prima di essere definito autoritativamente dal magistero, è già contenuto in quanto la Chiesa aveva sempre creduto, e intendeva la tradizione solo come la “interpretazione” della Scrittura. Kasper faceva dipendere questo nuovo metodo dalle novità del Concilio, però il Concilio aveva mantenuto l’equiparazione delle due fonti della Scrittura e della Tradizione.

Appare esplicito che nella nuova proposta metodologica di Kasper, il dogma è soggetto a cambiamento. Essendo a metà strada tra la Parola e la situazione di vita, il dogma cambia mentre cambia l’ermeneutica biblica e cambia mentre cambia la situazione di vita. Il dogma cambia nell’intreccio interrelato di questi due cambiamenti. Sia l’interpretazione della Scrittura, sia quella della situazione di vita, sono pressoché infinite ed inesauribili, sicché la nostra conoscenza del dogma sarà sempre imperfetta e perfettibile, avvolta da una certa dose di ignoranza e tuttavia in grado di progredire. Questo intendono molti teologi quando dicono che il dogma è storico.

Eccoci allora ai cinque dubbi dei cardinali. Nella prospettiva kasperiana, quanto il magistero afferma non può più essere inteso come una chiarificazione definitiva, una precisazione o una definizione dirimente. Quanto il magistero afferma è frutto di interpretazione e deve a sua volta essere interpretato. E’ frutto di una interpretazione della Parola e della situazione storica nello stesso tempo.

Nella prospettiva di Kasper è perfettamente logico che le varie diocesi diano una propria interpretazione di Amoris laetitia, anche se si tratta di interpretazioni molto lontane tra loro e non sono solo pastorali ma anche dottrinali. Se una diocesi decide di permettere l’accesso all’eucarestia ai divorziati risposati e un’altra no – come per esempio succede per le diocesi di Buenos Aires e di Filadelfia - , è difficile sostenere che la differenza tra le due sia solo pastorale e non anche dottrinale.

Scelte di questo genere motivano tutti e cinque i dubbi dei quattro cardinali, che sono dubbi dottrinali e non pastorali. Date le sue premesse, il teologo Kasper riconosce un pluralismo dottrinale, destinato a proseguire anche oltre le diverse linee-guida delle varie diocesi, scendendo anche alla base ecclesiale. Se il criterio è quello dell’interpretazione non si capisce perché ad un certo punto debba essere sostituito da quello dell’applicazione. 

Si noti, per precisione, che la centralità dell’interpretazione nel nuovo metodo kasperiano non significa solo che c’è qualcosa da interpretare che viene poi interpretato. Significa anche che l’atto stesso dell’interpretare è fonte di verità, in quanto la verità sarebbe compromessa sempre con la storia. 

Se ai quattro cardinali dovesse rispondere il cardinale Kasper, secondo me, direbbe che se il Papa avesse voluto precisare qualcosa nell’Amoris laetitia lo avrebbe fatto già nell’Amoris laetitia. Direbbe che il testo dell’Esortazione apostolica è un testo “aperto”, in dissonanza con il vecchio metodo teologico che lui – Kasper – aveva già decretato morto negli anni Sessanta e che invece loro – i quattro cardinali – considerano ancora valido. Direbbe che la richiesta che dei dubbi vengano sciolti dal magistero è una richiesta vecchia e superata, essendo che il compito del magistero è diventato piuttosto quello di suscitare dubbi, per dare nuovi impulsi all’interpretazione. Direbbe che la dottrina è a servizio delle persone nella loro situazione di vita, situazione di vita che non possiamo conoscere mai fino in fondo, come non conosciamo mai fino in fondo i principi dottrinali, che appunto devono sempre essere interpretati.