St. John the Evangelist by Ermes Dovico
L'INTERVISTA

«Aiutiamo l'islam nel cammino di riforma»

Padre Scattolin, da 30 anni al Cairo: «L'università di Al Azhar ha iniziato un'opera di rinnovamento culturale».
- Tra Al Azhar e Vaticano si cerca di ricucire

Attualità 25_01_2011
padre scattolin

Dopo lo strappo dell’Università di Al Azhar (il centro più importante di elaborazione della teologia islamica, con sede al Cairo) che ha annunciato nei giorni scorsi di interrompere i rapporti con la Santa Sede a causa delle presunte ingerenze del Papa negli affari interni dell’Egitto, si è messo in moto un processo per far ripartire il dialogo. La Santa Sede ha cercato fin da subito di smorzare i toni, mostrandosi conciliante anche con il governo egiziano che pure aveva richiamato il proprio ambasciatore in Vaticano per consultazioni.

Secondo Asia News i rappresentanti cattolici in Egitto sono più volte intervenuti nei giorni scorsi per chiarire il senso delle parole del Papa dopo la strage di cristiani ad Alessandria dello scorso 1° gennaio. Parole decisamente forzate dalla tv araba al Jazeera per indurre a credere che Benedetto XVI avesse chiamato i paesi europei alla mobilitazione contro l’Egitto e i paesi islamici.

Ne parliamo con padre Giuseppe Scattolin, missionario comboniano, che raggiungiamo al telefono al Cairo, dove è presente da trenta anni, prima come insegnante universitario, poi come studioso della spiritualità islamica tanto da avere una proficua collaborazione con l’università Al Azhar. Padre Scattolin è anche membro del comitato scientifico di Oasis, la Fondazione creata dal cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, per promuovere il dialogo tra cristiani e musulmani.

Padre Scattolin, allora la clamorosa rottura di Al Azhar è tutta frutto di un equivoco?
Credo si tratti soprattutto di un equivoco, ed è bene che chi può chiarirlo lo faccia attraverso contatti diretti.

Il patriarca greco-melchita Gregorios III se l’è presa direttamente con la tv al Jazeera che “cerca di seminare confusione”.
Sicuramente gli estremisti cercano di approfittare di ogni cosa per esasperare le tensioni, e quando si toccano certi argomenti è molto facile. Bisogna capire che ci sono differenze di linguaggio. Quando noi facciamo certe affermazioni ci sembrano normali, ovvie, ma magari qui suonano in tutt’altro modo o vengono riportate in modo che suonino in un altro modo. Ad esempio, l’appello a proteggere i cristiani indirizzato ai governi europei ha immediatamente fatto scattare il collegamento con i protettorati delle potenze europee imposti nell’800. Si capisce che la cosa suona ostile…

… Anche se il Papa in realtà non ha detto proprio così. E forse lo sceicco di Al Azhar, Ahmed al Tayeb, il primo ad accusare il Papa di ingerenza, ha i mezzi culturali e linguistici per sapere cosa abbia veramente detto Benedetto XVI.
Bisogna capire il contesto difficile in cui ci troviamo, e non solo dal punto di vista religioso. Bisogna guardare oltre il singolo episodio. Bisogna sapere che il nuovo sceicco al Tayeb è persona convinta della necessità di una profonda trasformazione culturale dell’islam, della necessità di fare i conti con la modernità. E per questo ha un progetto per fare di Al Azhar un centro di incontri internazionali tra diverse culture. Già importanti personalità da Inghilterra e Francia sono state coinvolte. Ma il cammino di rinnovamento è un percorso a lungo termine, non è facile e ovviamente ci sono molte resistenze.

Al Tayeb ha rimproverato al Papa, anche qui ingiustamente, di pensare solo ai cristiani e non ai musulmani.
Vede, anche qui il tema è delicato proprio per quel movimento di rinnovamento che dicevo. La questione della sicurezza delle minoranze non riguarda solo i cristiani, basta dare un’occhiata all’insieme dei paesi arabi per capire la vastità del problema. Anche per i musulmani è difficile: per le minoranze sciite in paesi sunniti e viceversa. La vera sfida di questi paesi è creare uno Stato di diritto in cui tutti i cittadini siano sicuri. Per questo è fondamentale un forte rinnovamento culturale che faccia i conti con la modernità. E’ solo questo processo che può portare la democrazia, che si imposta solo culturalmente.

Pare di capire che lei sia un po’ critico nei confronti delle politiche dei governi occidentali.
Non entro in questioni politiche. Dico però che i responsabili dei nostri paesi devono tenere conto di questo travaglio, di come favorire o almeno non ostacolare questa riforma. Nell’islam ci sono certamente dei problemi di fondo, che però vanno affrontati con il metodo giusto e attenti a non soffocare il rinnovamento. Perché il rischio di fare il gioco degli estremisti è molto alto. Tanto per fare degli esempi: i toni di certi telepredicatori evangelici, che ormai con il satellite sono ampiamente accessibili, provocano reazioni di chiusura e ostilità; oppure, la politica americana nella regione mediorientale è disastrosa proprio perché alimenta le reazioni dei fondamentalisti. Nella stessa direzione spinge anche il perpetuarsi del problema palestinese: una popolazione schiacciata suscita reazioni estremiste. E poi non dobbiamo dimenticare cosa sta avvenendo dalla Tunisia all’Egitto, da come evolverà la situazione potrà dipendere anche il rinnovamento culturale o meno di questi paesi.

Ma in che modo si può favorire questa trasformazione culturale?
Come dicevo prima, il problema dell’islam è soprattutto fare i conti con la modernità, e direi che una delle caratteristiche principali sia il valore della persona, che non dipende dall’appartenenza a una religione o all’altra. Per quello che noi chiamiamo l’islam politico questo è un punto insuperabile. Ma nell’islam c’è anche la tradizione sufi, che io ho studiato a fondo, dove si trova il concetto dell’uomo immagine di Dio. Ecco, si deve partire da qui per arrivare a definire il valore assoluto della persona umana, da cui poi discendono i diritti umani fondamentali.

Ma quanto incide davvero il sufismo nell’islam?
Il sufismo è trasversale alle diverse tradizioni ed ha valori spirituali profondi, paragonabili alla mistica cristiana. Nella storia molti teologi islamici hanno considerato il sufismo come il cuore della fede islamica, la realizzazione più profonda della fede islamica. E anche lo sceicco di Al Azhar, Ahmed al Tayeb, ha questa convinzione. Io stesso ho curato un’antologia di scritti sufi per il mondo arabo, ed è molto importante far conoscere e diffondere questa ricchezza spirituale per contrastare la diffusione dell’islam politico. Ma anche nei nostri paesi dobbiamo impegnarci a studiare e ad aprire un confronto, mettere in piedi dei centri culturali seri e adeguati, ad esempio per aiutare ad una riflessione sui diritti umani.