IL CASO

Vaccini sperimentali o cure? Il giallo del regolamento Ue

I vaccini devono essere utilizzati in via sperimentale solo se non esistono cure alternative. Se esistono valide cure il Comitato deve revocare l'autorizzazione. Un articolo del regolamento Ue del 2006 apre uno squarcio sul tema delle cure da Covid e potrebbe spiegare l'ostinazione del Ministero nel non riformare il protocollo terapeutico domiciliare. Il tutto mentre prosegue il negazionismo sulle vecchie medicine a basso costo e si enfatizzano le speranze su un nuovo farmaco, il Molnupiravir, guarda caso della Pfizer.

Attualità 03_05_2021 English Español

E se avessero ragione quei medici che curano senza arrendersi alla rassegnazione o affidare tutte le speranze al vaccino? Arrivano infatti delle novità sul piano terapeutico: un vecchio farmaco, la Niclosamide, un antiparassitario, che si è dimostrato in grado di inibire la replicazione virale e prevenire così la formazione dei sincizi (la fusione di due o più cellule) indotti dalla spike nei test di laboratorio. Un vecchio farmaco,  usato per trattare le infezioni intestinali, potrebbe diventare un'arma potentissima contro il coronavirus. Così come l’Idrossiclorochina, che era nata come un farmaco contro la malaria (trasmessa da un zanzara), e l’Ivermectina, che uccide i vermi parassiti intestinali, ed è efficace anche contro la scabbia e i pidocchi, un altro antiparassitario potrebbe essere la soluzione per curare il Covid. Un dato che dovrebbe quantomeno fare riflettere scienziati e ricercatori, e che dovrebbe riportare l’attenzione sulla genesi e l’origine del Covid-19, ancora non chiarita.

Lo studio sulla Niclosamide viene portato avanti da un team di ricercatori del prestigioso King’s College di Londra, insieme all’Università degli studi di Trieste e del Centro di ingegneria genetica e biotecnologie (Icgeb) di Trieste, che ha scoperto il meccanismo che porta alla fusione anomala delle cellule polmonari infettate dal coronavirus e come la niclosamide abbia un’azione preventiva, riuscendo a bloccare questo processo guidato dalla proteina spike. Lo studio è stato appena pubblicato su Nature. Come accennato, la niclosamide è un antiparassitario che originariamente, negli anni ’50, veniva utilizzato come molluschicida contro le lumache. Successivamente, a partire dal 1982, è stato approvato anche come trattamento per le infezioni intestinali da tenia negli esseri umani ed è già conosciuto per essere attivo contro alcuni virus. Tra gli scopritori dell’efficacia della Niclosamide sul Covid c’è il professor Mauro Giacca, professore dell’Università di Trieste e docente al King’s College di Londra. E’ lui che ha  scoperto un meccanismo completamente nuovo, attivato dalla proteina spike del virus, che attiva una famiglia di proteine della cellula, chiamate TMEM16, che sono indispensabili per la fusione cellulare. Questo meccanismo è anche alla base dell’attivazione delle piastrine, e potrebbe quindi anche spiegare perché il 70% dei pazienti con Covid-19 grave sviluppa una trombosi.

Vedremo allora se la Niclosamide otterrà la possibilità dall’Ema e dall’Aifa di poter essere usata off label, o se incontrerà il veto istituzionale che già ha bloccato l’Idrossiclorochina e l’Ivermectina. Un veto che colpisce – guarda un po’ - vecchi farmaci a bassissimo costo. Farmaci che potrebbero abbattere drasticamente la mortalità del Covid, facendolo diventare una malattia come molte altre, facendo cessare lo stato di emergenza, e infine rendendo gli stessi vaccini non più cosi indispensabili da farne una pratica generalizzata e coercitiva. Uno scenario imprevisto e straordinario, che potrebbe avere importanti ripercussioni anche sulle strategie vaccinali. I vaccini, che allo stato attuale devono essere considerati dei prodotti utilizzati in via sperimentale (come dichiara la stessa Pfizer fino al 2023) possono essere autorizzati solo se non esistono cure alternative. Se esistono valide cure il Comitato deve revocare l'autorizzazione, secondo l’ Articolo 4 Comma 2 ultimo capoverso  del Regolamento CE 507/2006 del 29 marzo 2006.

Forse questo potrebbe spiegare anche l’ostinazione con cui il Ministero difende il proprio protocollo basato solo sull’uso di antipiretico e vigile attesa, e quindi sul negazionismo intransigente di ogni altro tipo di cura. Non ci deve essere cura, contro ogni evidenza e ogni nuova scoperta: una sorta di oscurantismo.

Questo negazionismo è rivolto però sui vecchi farmaci a basso costo. Potrebbe venir meno però per altri farmaci, e anche questo dà di che pensare. Abbiamo già riscontrato un certo possibilismo nei confronti degli anticorpi monoclonali, ma c’è anche un altro farmaco che sta facendo parlare di sé, e che è stato annunciato coi toni enfatici e miracolistici: è un nuovissimo antivirale, “il farmaco che potrebbe salvare il mondo” come è stato già definito. Si chiama Molnuvirapir, ed agisce come un inibitore della proteasi. I ricercatori che lo stanno mettendo a punto affermano che una pastiglia al giorno per cinque giorni dovrebbe eliminare completamente il Covid.

Chi è l’azienda che lo produrrà e lo metterà in commercio? La Pfizer.

Dopo tutto, le evidenze epidemiologiche potrebbero tra qualche mese dare risultati sull’efficacia dei vaccini deludenti. Non sarebbe la prima volta che un vaccino non corrisponde alle attese. “Scusate, ci abbiamo provato” sarebbe la spiegazione. La Medicina va avanti a tentativi e sperimentazioni. Ma la soluzione alternativa ci sarà comunque, e questa volta possiamo stare sicuri che le autorizzazioni all’uso non si faranno attendere.