LA COOPERAZIONE MILITANTE

Quei volontari nemici dell'Occidente

In questi dieci anni ampi settori del mondo del volontariato hanno "giustificato" il terrorismo islamico con i soliti clichè antioccidentali.

Attualità 16_09_2011
torri


Nel processo di comprensione di quanto avvenuto l’11 settembre 2001 è un errore dalle conseguenze fatali non rendersi conto che un ruolo importante è stato svolto dai soggetti e dagli organismi che approfittano di qualsiasi occasione per alimentare disprezzo e risentimento nei confronti della civiltà cristiano-occidentale, di cui peraltro fanno parte. Vale a dire che ci sono state, e ci sono, chiavi di lettura del terrorismo che compromettono valori, identità, immagine e sicurezza della nostra civiltà. E in prima linea in Italia figurano ampi settori del mondo missionario e del volontariato.

All’indomani dell’11 settembre, passato il primo momento di sbigottimento, è proprio in questi ambienti che è maturata una spiegazione di quanto accaduto che in certi casi somiglia molto a una giustificazione. L’attentato al World Trade Center – spiegava il 14 settembre 2001 Antonio Raimondi, allora presidente del VIS, l’organizzazione di volontariato per lo sviluppo della famiglia salesiana – è stato “un attacco al cuore dell’impero e a tutti coloro che credono di vivere in isole felici” (agenzia di stampa missionaria MISNA).

La successiva offensiva
militare in Afghanistan era quindi nient’altro che il contrattacco di quell’impero contrabbandato per necessaria misura di sicurezza: “quella che stiamo vivendo – è il commento in data 15 ottobre di Padre Ottavio Raimondo, in un editoriale della casa editrice missionaria EMI di cui è direttore – e che qualcuno cerca di farci credere che sia un’indolore operazione di antiterrorismo, è la guerra del predominio economico che vuole un pianeta diviso tra chi globalizza e chi è globalizzato, aumentando i privilegi dei primi e i doveri per i secondi”.

Invece la giusta reazione agli attentati dell’11 settembre – secondo don Antonio dell’Olio di Pax Christi, dalle pagine del quotidiano Avvenire, 13 settembre – sarebbe stata restituire finalmente “ciò che è stato rubato a tanti popoli, pena la collera dei poveri che può essere terribile”; e – aggiungeva Padre Gabriele Ferrari, ex superiore generale dei Missionari Saveriani, in un lancio d’agenzia MISNA del 25 settembre – disinnescare così, “intervenendo sulle ingiustizie strutturali proprie del cosiddetto nuovo ordine mondiale”, la “colossale mina vagante che presto o tardi doveva pur scoppiare” rappresentata dalla “rabbia accumulata e profonda contro l’arroganza, il disprezzo e il trionfalismo con cui noi Occidentali ci siamo comportati negli ultimi tempi nei confronti del Sud del mondo”.

La vera minaccia alla pace mondiale, sempre secondo padre Ottavio Raimondo, è data “dal terrorismo economico che affama il Sud del mondo”; e per il Cipsi – in un comunicato dell’8 ottobre – dalla “violenza strutturale dei morti per la fame e le malattie, per il debito, per l’economia fatta a uso e consumo dei ricchi” e dall’ostinazione a voler “salvaguardare non la civiltà, ma un benessere fasullo che si regge sullo sfruttamento e sull’esclusione”; dalla “prepotenza del mondo occidentale che impone la propria cultura umiliando sistematicamente le altre” e “dall’arroganza di un mondo che decide tutto per conto suo sulla pelle di stati indipendenti ma poveri, come se questi ultimi fossero i servi dell’Occidente” (di nuovo Padre Gabriele Ferrari, 25 settembre, MISNA); dalla collera giusta di “un mondo che viene rapinato nella ricerca esasperata di profitti a breve termine e in cui il divario tra i più poveri e i più ricchi aumenta di anno in anno” (Tavolo Intercampagne e Rete Liliput, in un comunicato stampa del 13 settembre); e – ancora Antonio Raimondi, MISNA, 14 settembre – dalla “divaricazione tra Stati che hanno ogni potere di decidere e popoli che sono costretti a subire senza scegliere il loro futuro”.

L’inesattezza delle analisi che del terrorismo islamico incolpano l’Occidente, per la povertà e la disperazione che porta nel mondo, era evidente anche nei giorni in cui venivano formulate. Nei dieci anni trascorsi, anche le masse popolari più isolate e imbevute di propaganda antioccidentale hanno incominciato a rendersi conto che della povertà e dei diritti universali violati di cui patiscono sono responsabili l’avidità e il delirio di potere non dell’Occidente, ma dei loro leader che saccheggiano ricchezze immense e usano ogni mezzo pur di continuare a governare. Lo hanno capito i protagonisti della primavera araba e le tante piazze africane in rivolta, per il pane e per la libertà.

Dove i leader resistono e persistono nel vanificare ogni speranza di progresso, si radica poi il dissenso esasperato che trova, in effetti, nel fondamentalismo la spiegazione della corruzione delle leadership al potere e la promessa di miglior governo e nel terrorismo l’arma per combatterle.