INTERVISTA / CONNIE YATES

«Indi come Charlie Gard: dobbiamo combattere, il sistema crollerà»

Ascolta la versione audio dell'articolo

Alla Bussola parla la mamma di Charlie Gard, il primo dei bambini inguaribili uccisi dal Servizio sanitario britannico: «A noi genitori rimane il senso di colpa per non aver potuto salvare i nostri figli». «In tribunale i medici mentono ma i giudici sono dalla loro parte». «Dobbiamo continuare a combattere per impedire che altre famiglie debbano vivere la stessa cosa»
- Lo "schiaffo" del giudice all'Italia esige una risposta, di Riccardo Cascioli
- DOSSIER: Il caso Indi Gregory

Life and Bioethics 14_11_2023 English
Connie Yates con il figlio Oliver

«Speravo non accadesse anche a loro. Vivranno con questo per il resto della loro vita». «Non ho molta speranza che il sistema cambi, ma non possiamo arrenderci, dobbiamo continuare a lottare, anche se nulla è cambiato da quando Charlie è morto sei anni fa». Il tempo si ferma per Connie Yates ogni volta che arriva la notizia della morte di un altro bambino per mano del servizio sanitario nazionale e del sistema giudiziario nel Regno Unito.

Suo figlio, Charlie Gard, è morto poco dopo le tre del 28 luglio 2017, quando il personale sanitario ha staccato il respiratore che lo teneva in vita. Da allora, numerosi bambini e adulti hanno subito la stessa sorte nel Regno Unito. Indi Gregory che, come Charlie, soffriva di sindrome da deplezione del DNA mitocondriale (MDS), è morta ieri mattina, lunedì 13 novembre, all'1:45, 32 ore dopo che il suo ventilatore era stato staccato.

La Bussola Quotidiana ha parlato al telefono con Connie Yates poche ore dopo la morte di Indi. E ci racconta come lei e suo marito, Chris Gard, stanno ancora cercando di venire a patti con il modo in cui Charlie ha incontrato la morte.

Ci può dire i suoi primi pensieri quando ha appreso la notizia della tragica morte di Indi?
La notizia della morte di Indi è devastante. Speravo che non accadesse anche a loro. Spero che troveranno un po’ di pace sapendo che hanno fatto tutto il possibile per Indi. Il problema è che è stato loro impedito di fare di più. Se fossero riusciti a portare Indi in Italia, oggi sarebbe ancora viva. Non è colpa loro. Ma noi genitori viviamo con il senso di colpa per non essere riusciti a salvare i nostri figli. È incomprensibile per chiunque non abbia vissuto l'esperienza. È qualcosa che non riesci mai a superare e con cui devi convivere per il resto della tua vita. Io soffro ancora di stress post traumatico (PTS).

È risaputo che lei ha cercato di trarre qualcosa di buono dalla morte di Charlie presentando al Parlamento un disegno di legge privato noto come “legge Charlie”. Ci è riuscita?
La Fondazione Charlie Gard ha riunito molti esperti in diversi campi per creare un quadro giuridico che risolvesse i disaccordi tra genitori e professionisti medici nel corso del trattamento di un bambino. L’abbiamo chiamata “Legge Charlie”. Quando è stato accettato a livello governativo eravamo molto fiduciosi, ma il governo ha passato il disegno di legge al Nuffield Council of Bioethics per un’ulteriore revisione. Sfortunatamente, non hanno riconosciuto il punto cruciale della Legge Charlie, vale a dire che le famiglie dovrebbero avere il diritto di accettare cure all’estero se tale opzione fosse disponibile. A nostro avviso lo squilibrio di potere a favore dei medici e dello Stato non è ancora adeguatamente affrontato. Sono lieta che i genitori possano ora ricevere assistenza legale per le controversie. È stato un risultato positivo. Ma chiaramente non è abbastanza. Se lo fosse, non avremmo così tanti casi di alto profilo nelle notizie.

In passato, gli inglesi hanno manifestato pubblicamente la loro indignazione per casi come quello di Charlie e Indi. Ora sembrano apatici, cosa è cambiato?
Credo che la gente pensi che questo non accadrà a loro. Io stessa non pensavo che potesse succedere a me. Negli ultimi anni c’è stato anche un cambiamento significativo nella cultura. Le persone sono meno compassionevoli, più interessate ai propri problemi e chiudono un occhio sulle preoccupazioni degli altri. Ma questi casi dovrebbero suonare come un campanello d’allarme. La cultura della morte allarga sempre più la sua rete. Attualmente, a un malato di cancro a cui potrebbe essere detto che gli restano tre mesi di vita, i medici non dicono “non ti curiamo più”. Anzi, usano anche farmaci sperimentali se non ci sono altre opzioni. A volte, il paziente migliora e vive più a lungo del previsto. Questo è esattamente quello che volevamo per Charlie e che i genitori di Indi volevano per lei. Ma questa opportunità è stata negata loro perché avevano la MDS. Le implicazioni per il futuro potrebbero essere devastanti. Lo Stato potrebbe decidere di applicare un percorso di morte ai malati di cancro o a qualsiasi altro paziente in condizioni critiche.

Quando i medici insistono sul fatto che curare pazienti come Charlie e Indi sia inutile, dicono che alcune vite sono più importanti di altre. Cosa ne pensa?
La vita è vita, che duri un anno o dieci. Stiamo parlando di carne e sangue qui. È molto pericoloso prendere decisioni sulla vita e sulla morte su questa base. È troppo aperto alla manipolazione. Perché una vita dovrebbe essere considerata più preziosa di un'altra, solo perché può durare più a lungo? Nessuno sa quanto vivranno. Adesso siamo qui, questa è l’unica certezza che abbiamo.

Nessuna famiglia che è andata in tribunale per contestare la decisione dei medici ha affermato in seguito di ritenere di aver avuto un processo equo. Perché?
Io posso parlare per me, ma altre famiglie mi hanno detto di aver avuto esperienze simili in tribunale. Prima di testimoniare sei invitato a giurare sulla Bibbia di dire la verità. L'ho fatto, ma nessuno dei dottori lo ha fatto. In effetti, hanno detto molte bugie. Ad esempio, ci è stato detto che avremmo potuto portare Charlie a casa a morire. Quando hanno cambiato idea hanno dovuto giustificare la decisione. Hanno fornito ragioni ridicole, tipo che il ventilatore non entrava dalla nostra porta d'ingresso pur sapendo che non era vero; oppure che le scale erano un problema quando vivevamo al piano terra. Dicono al giudice che il trattamento di sostentamento vitale deve essere rimosso perché tuo figlio sta soffrendo sapendo che non è vero. Qualunque cosa dicano i medici, i giudici ci credono, mai danno credito ai genitori. Non puoi trovare la verità in un mucchio di bugie.

Un'altra critica menzionata è la mancanza di compassione. Lei ha trovato che i processi fossero crudeli?
Decisamente. Non vedono mai il quadro più ampio, il che significa che escludono fattori che aumentano la sofferenza di tutte le persone coinvolte. I medici pensano di saperlo meglio, ma cosa c'è di più dannoso della morte? Impedire a Charlie e Indi di tornare a casa dopo che gli era stato detto che potevano, ha causato grande dolore alla famiglia. Indi aveva anche una sorella. Questa è un'esperienza traumatica per un fratello o una sorella.

Non è inutile cercare di combattere il sistema quando è impossibile vincere?
Dobbiamo combattere il sistema affinché un giorno qualcuno possa vincere. È forte la tentazione di arrendersi, ma sarebbe un errore. Dobbiamo continuare a combattere. Dobbiamo cercare di impedire che un'altra famiglia viva la stessa esperienza che abbiamo vissuto noi. Certo, è difficile e stressante. Verrai anche attaccato da troll con commenti feroci. Ma devi fare ciò che è giusto e seguire le tue convinzioni, non lasciare che niente e nessuno ti scoraggi. Questo è quello che abbiamo fatto e consiglierei a chiunque stia sfidando il servizio sanitario nazionale in tribunale di fare lo stesso. Un giorno il sistema crollerà.



LIVERPOOL CARE PATHWAY

La legge per cui Charlie Gard non fu il primo a morire così

31_01_2018 Roberta Spola

Ecco il protocollo di accompagnamento alla morte sviluppato a fine anni ’90 nel Regno Unito per il presunto "miglior interesse" del paziente in cui chi poteva presumibilmente morire entro un anno veniva inserito in un elenco chiamato "death list": gli ospedali ricevevano denaro in base al numero di pazienti in lista.

VITA E GIUDICI

Charlie Gard è solo l'inizio

09_07_2017 Marco Respinti

In Inghilterra è venuto alla luce un nuovo caso in cui i giudici hanno intimato di non rianimare un bambino gravemente cerebroleso. Nome e luogo sconosciuto, per evitare pressioni mediatiche. Ma intanto si moltiplicano i casi di contenziosi tra medici e genitori di bambini gravemente disabili.

IL CARDINAL SGRECCIA

Charlie Gard: è eutanasia e non "accanimento"

03_07_2017

"In queste ore drammatiche, assistiamo, dolenti ed impotenti, agli sviluppi ultimi e agli esiziali contorni che sta assumendo la vicenda del piccolo Charlie Gard". Il bambino inglese, 10 mesi di età, per la sua grave malattia dovrebbe essere accompagnato alla morte, proprio in queste ore, sulla base della sentenza poi confermata dalla Cedu. Elio Sgreccia, già presidente della Pontificia Accademia per la Vita, smonta le tesi a favore della morte.

di Elio Sgreccia*

IL PAPA E L'ESERCITO DI CHARLIE ROMPONO IL SILENZIO di Stefano Magni