PAPA FRANCESCO

Da Benedetto a Francesco, un legame saldo

Nell'incontro con i cardinali del 15 marzo Papa Francesco non ha fatto cenno alla macchina del fango che si è tempestivamente mossa contro di lui, ma ha ricominciato da dove il Papa emerito Benedetto XVI aveva interrotto. 

Ecclesia 16_03_2013
Bergoglio e Ratzinger

Nell'incontro con i cardinali del 15 marzo Papa Francesco non ha fatto cenno alla macchina del fango che si è tempestivamente mossa contro di lui riciclando vecchie calunnie argentine su una sua presunta complicità con violazioni dei diritti umani da parte della dittatura militare, una vicenda su cui è intervenuto il portavoce padre Lombardi e di cui La Nuova Bussola Quotidiana si era occupata tempestivamente, ricostruendo anche nei minuti particolari la genesi della bufala.
O forse, un accenno sorridente alla sua tranquillità di fronte alle polemiche viene da quel commento scherzoso sull'età avanzata sua e di molti cardinali, esortati a essere davvero «come il buon vino, che con gli anni diventa più buono» e a donare «ai giovani la sapienza della vita». E qui il Pontefice ha evocato «quello che un poeta tedesco diceva della vecchiaia: "Es ist ruhig, das Alter, und fromm": è il tempo della tranquillità e della preghiera».

La citazione - la seconda letteraria, dopo quella dedicata ieri al romanziere francese Léon Bloy (1846-1917) - è del poeta tedesco Friedrich Hölderlin (1770-1843), che era già una presenza non inconsueta negli scritti e discorsi del cardinale Bergoglio. Forse si può ricordare che Benedetto XVI ebbe a evocare anche lui Hölderlin, nel suo viaggio in Germania del 2011, a proposito delle sue stesse radici tedesche, e vedere in questa citazione un omaggio alla vecchiaia davvero di tranquillità e di preghiera del Pontefice Emerito.

Papa Francesco ha infatti esordito con «un pensiero colmo di grande affetto e di profonda gratitudine» per Benedetto XVI, non di mera circostanza dal momento che il nuovo Pontefice ha evocato non solo la «totale dedizione» alla Chiesa del suo predecessore ma anche «il Suo magistero», che rimane un riferimento imprescindibile.
«Sentiamo - ha detto Francesco - che Benedetto XVI ha acceso nel profondo dei nostri cuori una fiamma: essa continuerà ad ardere». Il Pontefice è poi ripartito precisamente da dove Papa Ratzinger aveva concluso il suo Magistero di fronte alla stessa platea, nell'ultimo saluto ai cardinali: la necessità che il collegio cardinalizio sia unito. «Qualcuno mi diceva: i Cardinali sono i preti del Santo Padre. Quella comunità, quell’amicizia, quella vicinanza ci farà bene a tutti». Comunità non meramente umana, ma nello Spirito Santo, che «è il supremo protagonista di ogni iniziativa e manifestazione di fede».

L'unità non è uniformità, è armonia. Parlando con ampi brani a braccio in lingua italiana, Papa Bergoglio ha notato che «il Paraclito fa tutte le differenze nelle Chiese, e sembra che sia un apostolo di Babele». Invece, produce il contrario di Babele: un'unità nella diversità, dunque un'armonia. Lo Spirito Santo «è Colui che fa l’unità di queste differenze, non nella "ugualità", ma nell’armonia. Io ricordo quel Padre della Chiesa che lo definiva così: "Ipse harmonia est". Il Paraclito che dà a ciascuno di noi carismi diversi, ci unisce in questa comunità di Chiesa». E Papa Francesco è anche ripartito da quello che Benedetto XVI aveva lasciato in un certo senso a metà, cioè «dalla celebrazione dell’Anno della fede».

Questo non comporta novità, ha spiegato il Pontefice, ma «la missione di sempre: portare Gesù Cristo all’uomo e condurre l’uomo all’incontro con Gesù Cristo Via, Verità e Vita, realmente presente nella Chiesa e contemporaneo in ogni uomo. Tale incontro porta a diventare uomini nuovi nel mistero della Grazia, suscitando nell’animo quella gioia cristiana che costituisce il centuplo donato da Cristo a chi lo accoglie nella propria esistenza».

Benedetto XVI, ha affermato Papa Francesco, «ci ha ricordato tante volte nei suoi insegnamenti e, da ultimo, con quel gesto coraggioso e umile» che la Chiesa non è nostra, non è in mano agli uomini: «è Cristo che guida la Chiesa per mezzo del suo Spirito. Lo Spirito Santo è l’anima della Chiesa con la sua forza vivificante e unificante: di molti fa un corpo solo, il Corpo mistico di Cristo». Se crediamo davvero a questa guida, non possiamo cedere al pessimismo.

E qui, per la seconda volta in due discorsi, il Papa ha menzionato il diavolo, un altro tema ben presente negli interventi del cardinale Bergoglio. «Non cediamo mai - ha detto - al pessimismo, a quell’amarezza che il diavolo ci offre ogni giorno; non cediamo al pessimismo e allo scoraggiamento». Il pessimismo è una tentazione. Viene dal diavolo. Noi cristiani non siamo pessimisti: «abbiamo la ferma certezza che lo Spirito Santo dona alla Chiesa, con il suo soffio possente, il coraggio di perseverare».

E di ripartire con la nuova evangelizzazione, dove si tratta «anche di cercare nuovi metodi di evangelizzazione, per portare il Vangelo fino agli estremi confini della terra (cfr At 1,8)». Non pensiamo che il cristianesimo non interessi più.
«La verità cristiana è attraente e persuasiva perché risponde al bisogno profondo dell’esistenza umana, annunciando in maniera convincente che Cristo è l’unico Salvatore di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. Questo annuncio resta valido oggi come lo fu all’inizio del cristianesimo, quando si operò la prima grande espansione missionaria del Vangelo».

In queste ultime parole - dopo l'eco di Benedetto XVI - risuona un tema tipico del beato Giovanni Paolo II (1920-2005): solo Cristo, «l'unico», sa come salvare l'uomo, oggi nella nuova evangelizzazione come ieri nella prima evangelizzazione. «Tutto l'uomo e tutti gli uomini».