scandali

Anche suor Samuelle accusa il "superprotetto" Rupnik

Ascolta la versione audio dell'articolo

Ancora nessuna sanzione è stata adottata nei confronti del gesuita, malgrado il moltiplicarsi di testimonianze da parte di religiose abusate e stanche di veder insabbiate le proprie denunce. Garantismo a senso unico, per l'abusatore e non per le vittime.

Ecclesia 14_04_2023

Ancora nulla di concreto accade sul versante dell’incredibile vicenda di abusi psicologi e sessuali, ripetuti per oltre trent’anni dal gesuita sloveno, Padre Marko Ivan Rupnik, su almeno una ventina di donne, prevalentemente suore.

Il “superprotetto” Rupnik è passato finora indenne alla denuncia di nove vittime, ritenute credibili dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, ma lasciate cadere in prescrizione da papa Francesco, che si era giustificato definendo la prescrizione «una garanzia» per l’accusato, evidentemente senza la stessa preoccupazione garantista per le vittime. Poi il caso clamoroso dell’assoluzione di una complice de sexto, questa volta troppo recente per andare in prescrizione (il caso risale al 2015), che ha comportato una scomunica latae sententiae, prontamente rimossa dal fantasma di Canterville.

Segate le gambe per due volte al Dicastero, la palla è passata ai Gesuiti. Dai quali giungono nuove voci, tanto per cambiare contraddittorie: prima il Superiore della Provincia slovena, Padre Miran Žvanut, annuncia (vedi qui e qui) l’imminente scioglimento del Centro Aletti e l’esilio di Rupnik all’Aloisianum di Gallarate, che da prestigiosa Facoltà di Filosofia è divenuta in poco tempo una casa di riposo per gesuiti anziani e ammalati. Nessuna parola su processi o sanzioni. Poi, nemmeno il tempo di dire amen, che il Delegato del Generale dei Gesuiti per le case internazionali di Roma, P. Johan Verschueren, aveva già smentito tutto. Che il treno da Roma a Gallarate sia deragliato sull’Appennino?

La gestione del “caso Rupnik” da parte della Compagnia di Gesù continua a far acqua da tutte le parti, ragione principale che aveva spinto alla confessione pubblica alcune ex suore, stanche di vedere ogni loro denuncia prontamente insabbiata e Rupnik, sistematicamente protetto ed impunito: Anna, Klara, Ester, Roberta. Alle quali si aggiunge ora una nuova testimonianza, quella di suor Samuelle.

Nel numero del 6 aprile 2023, il settimanale La Vie, raccoglie le parole di questa sorella, 47 anni, entrata a 21 anni nel ramo femminile della Fraternités monastiques de Jérusalem, a Parigi. Si tratta di due istituti, uno maschile e uno femminile, di diritto diocesano, fondati nel 1975 dall’abbé Pierre-Marie Delfieux (1934-2013), anch’egli al centro di denunce di abusi di natura spirituale e psicologica. Nel 2019 un’ex-suora, Anne Mardon (vedi qui), consegnava la storia della sua relazione distorta con P. Delfieux al libro Quand l’Eglise détruit, in seguito al quale la Fraternité decise di aprire le porte a quanti possono essere cadute vittime del loro fondatore. La comunità accusa numerose uscite, forti depressioni tra le giovani monache, tentativi di suicidio, accoglienza senza discernimento di nuovi membri, una vita sregolata, con cibo e riposo insufficienti.

Torniamo a Sr. Samuelle. Gli anni all’interno dell’istituto si rivelano molto difficili; la suora avverte su di sé un continuo controllo da parte dei superiori, soprattutto ogni volta che costruisce un rapporto di amicizia con qualche sorella in particolare. In un colloquio con P. Delfieux, che si pone come l’unico interlocutore possibile, il fondatore allude ad una sua possibile tendenza lesbica. Solo vent’anni dopo, la suora scoprirà che ad aver destato tutti questi sospetti maniacali era stata una confidenza dei genitori a Delfieux, preoccupati che sua figlia potesse avere questo orientamento. 

Questa risposta del fondatore peggiora la già provata situazione interiore della suora che, nel 2010, per cercare una via d’uscita dalle difficoltà interne alla Fraternità – che lascerà definitivamente nel 2018 –, decide di risiedere al Centro Aletti, attratta dalla prospettiva di frequentare un corso di mosaico della durata di quattro anni, con il famoso gesuita. Letteralmente dalla padella alla brace.

«Ha percepito la mia difficoltà, ha visto in me dei punti deboli, e se ne è approfittato»: è la sintesi della suora, che rivela ancora una volta l’inquietante capacità di Rupnik di selezionare accuratamente le proprie vittime. Poi l’avvio di singolari “corteggiamenti”, sempre più insistenti fino a toccare il tasto più doloroso della vittima, che, nel caso di Sr. Samuelle, era la minaccia di essere allontanata dal Centro Aletti, che significava per lei il ritorno nell’ambiente della Fraternità: «Ho resistito per un po’ interiormente, ma dopo molte pressioni ed il ricatto di mandarmi via, mi sono assoggettata. Posso dire che con quello che ho vissuto con lui è stato veramente un dominio: è entrato nel mio spirito, ne ha preso il comando e sono divenuta prigioniera di lui».

A quel punto iniziano delle frequentazioni serali discrete, durante le quali Rupnik allunga le mani sulla suora, gioca con il suo reggiseno, giustificando i suoi gesti sotto il velo della sua superiore purezza: «È bello che possiamo fare così, insieme, io prete e tu suora. È limpido. Io ho uno sguardo puro su di te», le diceva. «Non ha mai oltrepassato i limiti, spostandosi sui genitali. Sapeva molto bene quello che faceva». Gesti che la lasciavano come pietrificata, incapace di reagire, di opporsi.

Rupnik, come i fratelli Philippe (vedi qui, qui e qui), appartiene alla sfera di coloro che, rigenerati dallo “spirito”, si ritengono al di sopra della legge morale e tutto quello che compiono nella libertà di questo “spirito” è puro e santo. Visionari, maniaci, folli, gnostici: qualunque sia la spiegazione di questi comportamenti, è un fatto che essi vengono sistematicamente protetti dalle istituzioni ecclesiastiche.

Tornata in Francia per aprire un proprio atelier, Suor Samuelle vive dei momenti terribili, nei quali cerca di liberarsi interiormente dalla presa che Rupnik ha avuto su di lei. Nell’inverno del 2014, trova la forza interiore di affrontare il gesuita e gli rimprovera di avere una relazione malata con lei. E lui, come di consueto, fa finta di nulla e rimbalza alla sua vittima le accuse: «Mi ha detto che vedevo sesso dappertutto, che lo stavo tradendo, che aveva la coscienza tranquilla e che doveva lasciarmi per andare a celebrare la Messa, prima di andarsene come una furia».

Dopo la pubblicazione del libro di Anne Mardon, anche Suor Samuelle decide di raccontare la propria storia di sofferenza all’interno della Fraternità di Gerusalemme, dapprima con una testimonianza scritta nel 2020, e l’anno dopo, raccontando di persona. In questa seconda occasione, la suora ha potuto parlare anche di quello che aveva subito da Rupnik; così i suoi interlocutori le hanno proposto di esporre il suo caso alla Compagnia di Gesù; un dossier su Rupnik era già aperto e la suora ha potuto raccontare tutto nei dettagli, sentendosi, secondo la sua testimonianza, ben accolta.

Eppure siamo qui, nell’aprile 2023, senza che nei confronti di Rupnik siano ancora state prese serie sanzioni, senza che sia stata messa in luce la rete di silenzi e complicità che gli hanno permesso di giocare a fare il santone per decenni, spezzando la vita di molte religiose, profanando i loro voti (e i suoi), e gettando fango sulla Chiesa.