FUNERALI STORICI

San Pietro riscaldata dall'affetto per Papa Ratzinger

Con le esequie presiedute da papa Francesco e la sepoltura nelle Grotte Vaticane si conclude l'addio al Papa emerito. Una giornata storica, dominata dalla presenza (e dalle dichiarazioni) dello storico segretario Gänswein e dall'affetto dei numerosi fedeli che hanno sfidato l'inverno per salutare il pontefice emerito al grido di "santo subito".

Ecclesia 06_01_2023

La giornata dell'ultimo saluto a Benedetto XVI si è conclusa con la sua tumulazione nelle Grotte Vaticane nella tomba che fu del suo amato predecessore, San Giovanni Paolo II. L'ultimo atto di una giornata che ha visto l'omaggio della gente all'ultimo Papa europeo.

Decine di migliaia di fedeli hanno atteso sin dalla mattina di poter entrare in piazza San Pietro per assistere alla Messa esequiale presieduta da Francesco ma celebrata all'altare dal cardinale decano, Giovanni Battista Re. La nebbia, forse per la prima volta in questa stagione invernale, ha avvolto questo giovedì romano di inizio anno ed ha "inghiottito" la cupola di San Pietro. Come annunciato, la bara in cipresso con le spoglie del Papa emerito è stata trasportata sul sagrato poco prima delle 9, annunciata dalle campane a lutto e seguita dalla recita del rosario. Sul feretro, il segretario particolare monsignor Georg Gänswein accompagnato dal cerimoniere pontificio, monsignor Diego Ravelli hanno adagiato il Vangelo. Ma questa volta, a differenza del funerale di Giovanni Paolo II celebrato proprio dall'allora cardinale decano Joseph Ratzinger, non c'è stato il vento che sfogliava le pagine.

Lo storico collaboratore di Benedetto, monsignor Gänswein si è inginocchiato ed ha baciato la bara. Prima della chiusura c'era stata la lettura del rogito deposto nella bara di cipresso e nel cui testo è stato evidenziato il suo impegno «di fronte al relativismo e all'ateismo pratico sempre più dilaganti» e la «fermezza contro i crimini commessi da rappresentanti del clero contro minori o persone vulnerabi». Non è mancato il rito della velatio con l'apposizione del velo bianco sul volto, sempre per mano di Ravelli e Gänswein. 

Nonostante i media di tutto il mondo fossero concentrati su quanto avveniva in questa piazza, la vita nel piccolo Stato non si è fermata del tutto perché gli uffici sono rimasti chiusi solo fino alle 14 mentre alcuni servizi – come i distributori – hanno seguito l'orario consueto. Non tutti i membri del Sacro Collegio erano presenti sul sagrato ma a farsi notare era la figura ricurva del cardinale cinese Joseph Zen Ze-kiun che a quasi 91 anni ha preteso ed ottenuto il via libera dal regime per poter esserci.

Francesco è arrivato in sedia a rotelle ed ha pronunciato un'omelia  di breve durata, con una sola menzione esplicita del suo predecessore, «Benedetto, fedele amico dello Sposo». Vogliamo «affidare il nostro fratello alle mani del Padre: che queste mani di misericordia trovino la sua lampada accesa con l’olio del Vangelo», ha detto Bergoglio. Al termine della celebrazione, la storica immagine di un Papa che rende omaggio alle spoglie del suo predecessore: ritto in piedi nonostante i problemi motori, Bergoglio si è fermato in preghiera poggiandosi sulla bara. 

Gänswein è stato in qualche modo protagonista della giornata di ieri non solo per la sua commossa partecipazione al funerale, in prima fila al fianco delle memores domini che hanno accudito Benedetto XVI nel monastero Mater Ecclesiae, ma anche per l'uscita delle anticipazioni del libro Nient'altro che la verità. La mia vita al fianco di Benedetto XVI (Edizioni Piemme) scritto a quattro mani con il giornalista Saverio Gaeta.

Poche ore dopo la fine del funerale, infatti, le agenzie hanno cominciato a battere gli sfoghi dell'arcivescovo tedesco contenuti nel testo in uscita, con la confessione di essere rimasto «scioccato» quando Francesco – sull'onda delle polemiche per la pubblicazione del libro Dal profondo del nostro cuore (Cantagalli) con il cardinale Robert Sarah – lo rese un «prefetto dimezzato», come si è autodefinito, destituendolo de facto dal suo ruolo a capo della prefettura della Casa Pontificia. Gänswein ha anche raccontato nel libro che la notizia venne accolta con amara ironia da Benedetto XVI il quale commentò così con il suo segretario: «penso che Papa Francesco non si fidi più di me e desideri che lei mi faccia da custode». E l'ironia di Ratzinger, ben nota a chiunque lo abbia conosciuto anche poco, è una delle caratteristiche meno ricordate nei ritratti che si fanno da sempre di lui. Questo anche perché contrasta con l'immagine del panzerkardinal prima e del pastore tedesco poi che buona parte dei media hanno voluto cucirgli addosso.

E proprio la simpatia di Benedetto XVI è invece l'immagine con cui monsignor Stefan Oster, vescovo di Passau tra i più vicini al Papa emerito, ci tiene a ricordarlo. Il presule, che può vantare di essere il "vescovo di casa" di Ratzinger dal momento che il suo villaggio natale Marktl am Inn rientra proprio nel territorio della sua diocesi, ha confidato alla Nuova Bussola Quotidiana (grazie alla collega Marion Kuhl di Radio Horeb) che il primo ricordo associato a Benedetto XVI è proprio «il suo umore bavarese». Il vescovo è stato ricevuto più volte in questi anni da Ratzinger e l'ultima volta, ci ha raccontato, lo aveva trovato «come al solito gentile, premuroso e spiritoso ma anche molto debole». Oster, uno dei pochi vescovi tedeschi a difenderlo dalle accuse seguite alla pubblicazione del rapporto sugli abusi a Monaco, ha confermato alla Nuova Bussola Quotidiana - rispondendo ad una nostra domanda - che, sì, «la Chiesa tedesca ha bisogno di un santo come Benedetto» ma precisando che «ci vorrà un po' di tempo per la beatificazione e per la canonizzazione».

La folla presente ai funerali, intanto, lo ha già invocato «santo subito» – come fu per Giovanni Paolo II – con tanto di striscione esposto in piazza. Mentre la sua gente, quella arrivata dall'amata Baviera in abiti tradizionali, ha reso onore alla memoria dell'illustro conterraneo suonando per le strade attorno a via della Conciliazione alcuni brani del repertorio. La musica che piaceva tanto a Benedetto XVI, abituato anche in questi quasi dieci anni di ritiro a ricevere delegazioni bavaresi nel monastero Mater Ecclesiae magari brindando – nelle occasioni speciali – con una pinta della famosa birra.