2010 - CINEMA

Ricrearsi senza mandare il cervello all'ammasso

È stato un buon anno. Il settore tiene bene, le idee non sono mancate, il 3D trionfa. Ora attendiamo il nuovo Clint Eastwood

Culture 31_12_2010
cinema 3D

Il 2010 che va a terminare è senza dubbio stato un buon anno dal punto di vista cinematografico. Il cinema continua a essere uno dei passatempi meno costosi per le tasche degli italiani (provatevi ad andare allo stadio o a teatro, tanto per fare un confronto), la gente continua ad andare vedere i film (+ 10% di biglietti staccati rispetto al 2009), l’emorragia delle piccole sale che chiudono sembra aver trovato un argine nella proiezione digitale e 3-D. Libere dai vincoli della pellicola, attrezzate a ricevere le immagini e i suoni via satellite, molte monosale hanno scoperto nuovi sbocchi e nuovo pubblico con la trasmissione in diretta dell’opera lirica, del teatro, dei concerti di musica classica e pop. Un modo nuovo per ricreare un tessuto intorno alle sale (specialmente le parrocchiali, troppo spesso trascurate anche dai parroci) che si spera possa costituire una tendenza anche nel futuro, per evitare che in Italia rimangano solo i multiplex.


Per quanto riguarda più strettamente i film, le tendenze del cinema commerciale, da un po’ di tempo a questa parte, sono abbastanza consolidate: la perfezione degli effetti speciali, unita al successo del tridimensionale, fanno sì che Hollywood punti sempre di più su questo genere di film. Pensiamo a tutti i titoli derivati dal mondo dei fumetti; il 2010 è stato l’anno di Iron Man-2, nel 2011 ci aspettano Lanterna Verde e Thor, ma ora (visto che il genere tiene), l’interesse di Hollywood si è spostato sui videogiochi (Prince of Persia è solo l’inizio) o addirittura sui giocattoli (come nel caso di Transformers).

Anche i film del fantasy più classico ormai si sono convertiti al 3-D, come nel caso del terzo episodio della serie di Narnia: Il viaggio del veliero è ricco di costumi, scenografie, ricostruzioni ed effetti speciali. Non è il migliore della serie, ma chi ha amato il libri di C.S. Lewis o desidera farli conoscere ai più piccoli, può andare a vederlo e ritrovare lo spirito dell’autore. Immediatamente affine, da un punto di vista tecnologico, è l’animazione. Che sia tridimensionale o meno, è arrivata a punti di perfezione tale che ormai a determinare il successo di un film sono le storie: la tecnica è ormai a portata di tutti, ma le storie bisogna saperle raccontare, e due sono le animazioni veramente interessanti dell’anno: Rapunzel, che (per storia e narrazione) è al livello delle migliori produzioni Disney come da anni non succedeva, ma soprattutto Toy Story 3, che possiamo definire senza dubbio il capolavoro della Pixar: le avventure di Woody e Buzz toccano con grazia e profondità una tale quantità di temi, da renderlo uno dei film più belli della storia del cinema.

Questo per sgombrare il campo dal luogo comune che da Hollywood non possa giungere niente di interessante o di serio: il cinema americano è la seconda industria di quel Paese, dopo quella aerospaziale (l’avreste mai detto?); come tale non ama rischiare, ma se capisce che c’è un pubblico, non se lo lascia scappare (è proprio il caso de Il Leone, la strega e l’armadio, che ha dato inizio alla saga di Narnia, ma non sarebbe mai stato girato se Il Signore degli Anelli non avesse avuto un successo così evidente).

Sono almeno altri due i film del 2010 di Hollywood che meritano una menzione: The Social Network di David Fincher, ma soprattutto Inception, di Christopher Nolan. Il primo per aver rivelato l’origine di Facebook, un fenomeno che è ormai impossibile da ignorare, e per capire quali sono gli scenari digitali nei quali ci muoviamo e la loro possibile evoluzione, negativa o positiva che sia. Il secondo per essere riuscito, parlando del sogno, a fare un film che non trascura la realtà, ma che parla dell’uomo e del suo desiderio più profondo.

Lasciamo gli Stati Uniti e veniamo all’Europa con due film “d’autore”: il primo, il danese In un mondo migliore, di cui abbiamo scritto poco tempo fa, è un titolo che interroga padri e madri, spesso poco consapevoli del mondo dei propri figli. Il secondo, Uomini di Dio, premiato anche al Festival di Cannes, è diventato un piccolo “caso”: in Francia ha avuto un inaspettato successo di pubblico, che dimostra come la storia dei sette monaci martiri nell’Algeria degli anni ‘90 possa essere una testimonianza viva e appassionante della fede anche per l’uomo contemporaneo che vive in un mondo totalmente secolarizzato. Un piccolo film, che in Italia incontra le abituali difficoltà distributive, ma che è ancora in molte sale nel nostro paese e che vale assolutamente la pena di vedere. Da ultimo, un film che, se non europeo, è mediterraneo: l’israeliano Il responsabile delle risorse umane tratto dal libro di Amos Oz e diretto da Eran Riklis (lo stesso de Il giardino di limoni) è una vicenda delicata e commovente che prende spunto da un banale fatto di cronaca (la morte in una fabbrica di Gerusalemme di un’operaia immigrata dalla Romania) per una riflessione sul destino comune di popoli e persone.

Chiudiamo con l’Italia, verificando innanzitutto una tendenza positiva, ossia la voglia di far sorridere senza ricorrere alle volgarità dei cinepanettoni: Benvenuti al Sud e La banda dei Babbi Natale sono la dimostrazione che si può far ridere senza mandare all’ammasso l’intelligenza, e magari, come nel caso de La bellezza del somaro, si può farlo prendendo di mira un diffuso conformismo che vuole i genitori come “amici” permissivi dei figli. Sergio Castellitto (che de La bellezza del somaro è regista e interprete) e sua moglie Margaret Mazzantini (autrice del libro da cui è tratto il film) di figli ne hanno quattro e si dimostrano particolarmente sensibili all’argomento, facendo strame di luoghi comuni e costumi “illuminati”. Ma soprattutto ridando a una persona anziana (uno splendido Enzo Jannacci) quella saggezza che vorremmo ancora trovare.

Infine, che ci aspetta nel 2011? Altri supereroi, altri sequel, altre storie tragiche o comiche. Da non perdere, tra pochi giorni, Hereafter, dell’ottantenne Clint Eastwood, il secondo regista al mondo in quanto a longevità (il primo è l’ultracentenario portoghese Manoel de Oliveira, anche lui sul set). Eastwood è capace sempre di sorprenderci, e man mano che passano gli anni i temi dei suoi film diventano sempre più stringenti. Hereafter prende spunto da una vicenda paranormale, ma in verità parla di cose molto reali e tangibili, che riguardano tutti. Altri due titoli interessanti, per i primi mesi dell’anno: 127 ore, di Danny Boyle (già oscar per The Millionaire) sulla vera vicenda di un uomo che ha dovuto fare una drammatica scelta per sopravvivere, e il remake di un famoso western con John Wayne, Il Grinta, per la regia dei fratelli Coen, una coppia che raramente delude lo spettatore. Ma di questo e altro ancora, ne parleremo a suo tempo. Buona visione a tutti.

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