EDITORIALE

Londra insegna: dalle unioni civili al matrimonio gay il passo è breve

Approvata la trasformazione del termine "unioni civili" in "matrimonio" per i gay senza alcuna opposizione. Le unioni civili esistono già da 9 anni, così il cambiamento è stato facile.

Editoriali 18_07_2013
Parlamento inglese

Per pura coincidenza ero a Londra, davanti al Parlamento, quando il 16 luglio è stata approvata la legge che cambia il nome alle "unioni civili" tra omosessuali in "matrimonio". Ho così potuto constatare, una volta di più, come i media manipolano le notizie: la "grande folla" plaudente di cui ha parlato in Italia "Repubblica" era in realtà un gruppetto di quattro gatti, portati sul posto da "qualcuno" in camion e con cartelli molto professionali, ben preparati e costosi. Le fotografie in primo piano, che non permettono di valutare quanto o quanto pochi siano i manifestanti, hanno fatto il resto.

Ma quella dello scarso entusiasmo per la legge è una buona notizia a metà. Infatti, è anche vero che nessuno ha manifestato "contro" il matrimonio omosessuale. Un milione di persone a Parigi, nessuno a Londra. Colpa del caldo di luglio? Del fatto che solo la Chiesa Cattolica era davvero contraria? Non proprio.

La verità è che la legge non è affatto rivoluzionaria. Mercoledì molti giornali inglesi non le hanno neppure concesso la prima pagina. Da nove anni, dal 2004, le coppie dello stesso sesso in Gran Bretagna possono contrarre in municipio - e nelle chiese protestanti "progressiste" che si prestano - una cosa chiamata "unione civile". Ci sono gli abiti bianchi, la musica, i fiori, gli anelli e una cerimonia che la legge definisce "identica" a quella che sancisce il matrimonio fra un uomo e una donna, tanto che i funzionari comunali cattolici che non vogliono unire civilmente i gay hanno chiesto - invano - il diritto all'obiezione di coscienza. Circostanza ancora più importante, un' "unione civile" permette a una coppia di omosessuali di adottare bambini.

Non solo: i giornali si sono gradualmente abituati a scrivere che due uomini o due donne "si sono sposati", e la formula è entrata nel linguaggio comune. Così la legge del 16 luglio ha solo adottato il nome "matrimonio", anziché "unione civile", per qualcosa che già tutti chiamavano "matrimonio". Semplice come bere un bicchier d'acqua, e non una grande notizia, ancorché - come ha ammonito la Chiesa Cattolica - anche le parole abbiano un peso, così che la nuova legge indebolisce ulteriormente la famiglia.

Ma c'è una lezione per l'Italia. Da noi anche alcuni cattolici si fanno irretire da chi propone le "unioni civili" come male minore e unica alternativa al matrimonio omosessuale altrimenti inevitabile. Ma è un imbroglio. Londra insegna: prima si introducono le unioni civili e dopo qualche hanno la leggina che cambia loro nome in matrimonio passa in modo rapido e quasi senza opposizioni. Come un bicchier d'acqua, appunto. Chi vuole le unioni civili per evitare il matrimonio avrà prima le unioni civili e poi il matrimonio. Con adozioni annesse.