L'ANALISI

Amoris laetitia non giustifica fughe in avanti

Una lettura attenta e senza pregiudizi ideologici dell'esortazione post-sinodale fa emergere che il vero centro del documento è la valorizzazione della famiglia. E sulla comunione ai divorziati risposati il Papa non prende posizione, per cui non può non restare in vigore la prassi precedente.

Ecclesia 26_04_2016
Stephan Kampowski

Nella sua esortazione post-sinodale Amoris Laetitia Papa Francesco riassume i risultati dei due sinodi sulla famiglia del 2014 e del 2015. Per quanto riguarda le domande più scottanti, egli dice “no” a quelli che si auguravano dei criteri vincolanti per regolare l’eventuale accesso alla comunione da parte dei divorziati “risposati” civilmente (si pensi, ad esempio al cardinal Kasper, Il vangelo della famiglia, p. 75). Non è improbabile che Papa Francesco abbia in mente precisamente questa domanda quando scrive: «Non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero» (AL 3). Perciò Amoris Laetitia non vuole prendere una decisione in materia. 

L’esortazione fissa ben altre priorità. Come lo stesso Santo Padre disse nella conferenza stampa durante il volo di ritorno da Lesbo il 16 aprile 2016: il documento vuole affrontare l’odierna crisi della famiglia, che si esprime nel fatto che la gente si sposa sempre di meno, che non nascono più dei bambini e che là dove i bambini ci sono spesso devono crescere senza i genitori. Il problema principale consiste dunque nel fatto che la famiglia non viene più percepita come lieta novella. È quella la sfida alla quale Francesco vuole rispondere (cfr. AL 35). A tale scopo riflette sull’amore e dà uno spazio centrale al tema dell’educazione. 

Perciò i capitoli quattro e cinque stanno al centro non soltanto letteralmente ma anche tematicamente. Ci presentano una meditazione sull’inno alla carità di San Paolo Apostolo (cfr. 1Cor 13) e una riflessione sulla fecondità dell’amore. Anche al tema dell’educazione viene dedicato un capitolo intero (cap. 7), anche se esso pervade praticamente tutta l’opera. È il caso anche dell’argomento della fecondità dell’amore. In questo contesto viene ribadita esplicitamente la dottrina di Humanae vitae (cfr. AL 80 e 222). 

Anche se Papa Francesco – insieme ai Padri sinodali – si rivolge con grande rispetto a quelli che vivono in unioni non-matrimoniali, sottolinea comunque la necessità di «invocare con essi la grazia della conversione» (AL 78). Allo stesso tempo chiarisce in un'altra parte quello che è specifico del matrimonio e della famiglia quale istituzione senza alternativa: «Nessuna unione precaria o chiusa alla trasmissione della vita ci assicura il futuro della società» (AL 52) e – si potrà legittimamente aggiungere – della Chiesa. Di conseguenza sarà di importanza cruciale avvicinare i giovani al matrimonio appena possibile. Difatti, la preparazione al matrimonio comincia praticamente con la nascita (cfr. AL 208). Entrano qui anche «l’educazione dell’emotività e dell’istinto» (AL 148) e la riscoperta della virtù della castità quale «condizione preziosa per la crescita genuina dell’amore interpersonale» (AL 206). Tutto ciò si lascia riassumere nel concetto della «pedagogia dell’amore» (AL 211). 

Nella sua presentazione del vangelo della famiglia, Francesco si rifà esplicitamente alla teologia del corpo di S. Giovanni Paolo II (cfr. AL 150-164). I temi centrali della teologia del corpo vengono ripresi dall’Amoris laetitia: il significato della differenza sessuale, l’unione indissolubile e fedele tra uomo e donna, la fecondità del loro amore nell’apertura alla vita. 

Si vede chiaramente che la domanda del divorzio e delle seconde unioni non è per nulla l’argomento principale dell’esortazione post-sinodale. Il documento vuole piuttosto mostrare che la famiglia non è un problema ma «principalmente un’opportunità» (AL 7). Si tratta dell’arricchimento reciproco tra Chiesa e famiglia. Come la famiglia è una piccola chiesa domestica, così la grande Chiesa è chiamata a diventare più familiare: una «famiglia di famiglie» (AL 87). 

Che cosa vuol dire tutto questo per i divorziati “risposati”? Si dovrebbe pensare che un Papa coraggioso come Francesco – un Papa che ha il cuore di un pastore e che si preoccupa del bene del gregge – si esprimerebbe con chiarezza se volesse cambiare in modo fondamentale la prassi attuale. Lui sa che per la pastorale non c’è nulla di più velenoso che l’ambiguità. E perché dovrebbe avere paura di esprimersi in un modo inequivocabile? Esistono due documenti dei suoi predecessori che dicono con tutta la chiarezza del mondo che in alcune circostanze – ad esempio quando è in gioco il bene dei figli – i divorziati “risposati” possono essere esonerati dall’obbligo della separazione e possono anche ricevere la comunione finché prendono l’impegno di vivere secondo la verità della loro situazione, cioè come persone che non sono sposate, vale a dire come fratello e sorella (cfr. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio 84; Benedetto XVI, Sacramentum caritatis 29). Papa Francesco stesso parla di una «pastorale del vincolo» (AL 211). Di conseguenza nel discernimento di una situazione specifica la domanda dell’eventuale esistenza di un vincolo matrimoniale previo avrà ancora un ruolo centrale. 

Chi cerca sostegno per un cambiamento della prassi ecclesiale in genere fa riferimento al numero 305 con la nota a piè di pagina 351: «A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa». Nella nota 351 viene poi aggiunto: «In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti». Dalle spiegazioni che seguono sarà poi evidente che qui si intende la comunione e la confessione. Ci sono diversi modo di leggere questi testi in consonanza con la tradizione e con la prassi attuale. L’ho già fatto in un altro luogo (clicca qui). 

A questo punto dobbiamo porci una sola domanda: È davvero probabile che Papa Francesco – che si augura una «pastorale del legame» e che è consapevole del fatto che «la misericordia non esclude la giustizia e la verità» (AL 311) – voglia cambiare la prassi costante della Chiesa, che risale a Gesù e all’apostolo Paolo e che è radicata nella dottrina, con una nota a piè di pagina? Anche se un tale modo di procedere dovesse essere semplicemente un segno di umiltà – come suggeriva il Cardinal Schönborn (Presentazione di Amoris laetitia, Vaticano, 8 aprile 2016) – si potrebbe presumere che almeno il Papa stesso sarebbe consapevole di tale provvedimento. Quando il giornalista Jean-Marie Guénois di Le Figaro gli chiede esplicitamente sul significato di tale nota, Francesco soltanto risponde: «Io non ricordo quella nota» (Conferenza stampa, 16 aprile 2016). Quale valore poi avrà il suo rimando alla spiegazione del documento data dal Cardinal Schönborn con il quale nella stessa conferenza stampa il Papa risponde alla domanda circa le nuove possibilità per i divorziati “risposati”? Schönborn si rifaceva in larga misura alla nota della quale il Papa non si ricorda. Perciò il Papa non ricorderà neanche delle rispettive spiegazioni del cardinale viennese. 

Perciò, per interpretare il documento non ci resta che leggere il testo stesso: un testo nel quale, sì, ci sono forse delle ambiguità, ma nel quale il Papa non prende mai posizione esplicita. Difatti, dice esplicitamente di non voler prendere posizione (cfr. AL 3). Un principio ragionevole per il discernimento dovrebbe senz’altro essere che ciò che è chiaro ha precedenza su ciò che è dubbioso. Familiaris consortio 84 e Sacramentum caritatis 29 sono chiarissimi in quello che scrivono. Per cambiare la prassi descritta in questi documenti ci sarebbe bisogno di una dichiarazione del Papa della stessa autorità (allora, almeno un’esortazione apostolica e non un’intervista, che non è magistero) ed altrettanto chiara. Questo finora non è certamente il caso.

Perciò nonostante la pressione dell’opinione pubblica e nonostante le mosse anche di chi all’interno della Chiesa vuole andare avanti e mettere davanti al fatto compiuto, una lettura oggettiva e studiata di Amoris laetitia non giustifica i cambiamenti rispetto alla domanda della comunione ai divorziati "risposati". Piuttosto rimane in atto la prassi esistente. Non significa per niente che dopo la pubblicazione di Amoris laetitia non ci siano «nuove possibilità concrete» per i divorziati “risposati” (cfr. Conferenza stampa, 16 aprile 2016). Un cammino di accoglienza, accompagnamento e integrazione come immaginato da Francesco ha tante possibilità che saranno in perfetta consonanza con la «pastorale del vincolo» cui parla lo stesso Papa.