dicastero per la demolizione della fede

«Sì alla benedizione delle coppie gay». Il Papa accelera

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Con la dichiarazione Fiducia supplicans il card. Fernández (Dicastero per la Dottrina della Fede) benedice qualsiasi tipo di unione. Basta non predisporre appositi rituali e che non si confondano con il matrimonio: l'apparenza è salva, la dottrina no.
La posta di Tucho: la via dell'eresia è lastricata di dubiadi Tommaso Scandroglio

Ecclesia 19_12_2023 English Español

Si può benedire l’unione di persone dello stesso sesso, purché non si confonda con una benedizione nuziale. È la sostanza dei 44 paragrafi della Dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni del Dicastero per la Dottrina della Fede, pubblicata ieri, 18 dicembre 2023, e firmata dal Prefetto, il cardinale Victor M. Fernández, dal Segretario per la Sezione Dottrinale, mons. Armando Matteo, e da papa Francesco.

Così il paragrafo centrale della Dichiarazione: «Nell’orizzonte qui delineato [che presenteremo, n.d.a.] si colloca la possibilità di benedizioni di coppie in situazioni irregolari e di coppie dello stesso sesso, la cui forma non deve trovare alcuna fissazione rituale da parte delle autorità ecclesiali, allo scopo di non produrre una confusione con la benedizione propria del sacramento del matrimonio».

Il documento si propone di offrire «nuovi chiarimenti (…) sul Responsum ad dubium formulato dall’allora Congregazione per la Dottrina della Fede e pubblicato il 22 febbraio 2021» (n. 2), per cercare di venire incontro a quanti «non hanno condiviso la risposta negativa al quesito o non l’hanno ritenuta sufficientemente chiara nella sua formulazione e nelle motivazioni» (n. 3). L’intento di Fernández è quello di mantenere «gli aspetti dottrinali» del Responsum, coniugandoli coerentemente con «quelli pastorali», che nel 2021 non sarebbero stati adeguatamente presi in considerazione, mentre invece sarebbero stati promossi dalle Risposte di papa Francesco ai dubia dei cinque cardinali.

La strada tracciata può essere sintetizzata in questo modo: coerentemente al Responsum, la Dichiarazione continua a respingere benedizioni o riti che possano apparire come approvazioni di unioni non coniugali o che in qualche modo presentino una somiglianza con i riti nuziali. Per avere sufficienti margini di chiarezza, la Dichiarazione intende collocare le benedizioni «al di fuori di un quadro liturgico» (n. 23), come «atti di devozione che “trovano il loro spazio al di fuori della celebrazione dell’Eucaristia e degli altri sacramenti”» (n. 24).

Incalza Fernández: «La Chiesa, inoltre, deve rifuggire dall’appoggiare la sua prassi pastorale alla fissità di alcuni schemi dottrinali o disciplinari (…). Perciò, quando le persone invocano una benedizione non dovrebbe essere posta un’esaustiva analisi morale come precondizione per poterla conferire» (n. 25). È dunque in questo contesto aliturgico e arituale che, secondo la Dichiarazione, possono essere date delle benedizioni anche a coppie irregolari e dello stesso sesso, chiedendo, mediante esse, a Dio le grazie loro necessarie.

Sarebbe dunque questo l’approfondimento (cf. n. 26) del Responsum del 2021. Ma, ancora una volta, dei documenti “scomodi” che lo precedono, Fernández seleziona solo quello che gli serve, distorcendolo nel significato, per la sua tesi precostituita. Perché per il Responsum la questione non è semplicemente quella di non confondere esternamente le benedizioni di queste coppie con il matrimonio – problema che potrebbe essere ovviato dalla proposta della Dichiarazione. Il punto è invece un altro, che Fernández nemmeno menziona: che cosa si benedice quando si benedice una coppia? Se si tratta appunto di una coppia significa che si benedice una relazione; altrimenti si benedirebbero le singole persone. Ma, spiegava il Responsum, «per essere coerenti con la natura dei sacramentali, quando si invoca una benedizione su alcune relazioni umane occorre (…) che ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e ad esprimere la grazia»; e dunque «solo quelle realtà che sono di per sé ordinate a servire quei disegni [di Dio nella Creazione]» possono essere benedette.

Ora, proprio perché tali relazioni non sono ordinabili ai disegni divini, perché oggettivamente contrari ad essi, queste coppie non possono ricevere alcuna benedizione. Come coppie. La Chiesa può permettere la benedizione di un non cattolico, perché, in quanto persona umana, è ordinato alla chiamata alla vita della grazia, ma non può benedire una coppia omosessuale, perché quella relazione di coppia non è in alcun modo ordinata ai disegni di Dio.
Non c’entra dunque nulla il fatto che la Chiesa non deve richiedere «troppi prerequisiti di carattere morale» (n. 12), perché si tratterebbe di benedizioni e non di sacramenti. Si tratta semplicemente di capire se l’oggetto della benedizione è ordinato o meno a servire ai disegni di Dio; non i disegni “occulti”, ma quelli manifestati nella Creazione e nella Rivelazione.

È da notare che a questa conclusione il Responsum era giunto proprio «per essere coerenti con la natura dei sacramentali». Fernández ha pensato di uscire dalla strettoia, ripetendo continuamente nell’Istruzione che le benedizioni sono gesti semplici, amati dalla gente, che non devono sottostare alla «pretesa di un controllo» (n. 12) e dunque non devono essere in alcun modo ritualizzate (cf. n. 38). Ma per quanto queste benedizioni non siano inserite nei rituali, per quanto l’Istruzione intimi che mai dovranno essere date «contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a essi» (n. 39), restano pur sempre dei sacramentali e rispondono alla logica dei sacramentali. Il sacerdote, quando impartisce una benedizione, anche se non è solenne, anche se data nel retro della sacristia, agisce come ministro della Chiesa e impartisce un sacramentale, e il gesto dev’essere dunque coerente con la natura dei sacramentali.

Prendiamola da un altro punto di vista. La radice di ogni benedizione sta nella benedizione originaria, che troviamo nel libro della Genesi: «E Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse» (Gn 1, 21-22). La benedizione di Dio è conseguente al suo sguardo che si posa su una “cosa buona”. Dio posa lo sguardo sulla sua opera o sull’opera dell’uomo, vede che è buona e benedice, nel nostro caso, per mezzo del ministero della Chiesa. Ma quando posa lo sguardo su una coppia che vive la propria sessualità al di fuori del matrimonio legittimo che cosa vede? Vede qualcosa che contraddice oggettivamente il disegno della creazione e non la benedice. E nemmeno i ministri di Dio possono farlo.

Ci si domanda poi che fine facciano tutte le raccomandazioni di non equiparare queste benedizioni al matrimonio, con la quali si pensa di risolvere la questione, quando, al n. 40, si dà questa indicazione: «Tale benedizione può invece trovare la sua collocazione in altri contesti, quali la visita a un santuario, l’incontro con un sacerdote, la preghiera recitata in un gruppo o durante un pellegrinaggio». La benedizione acquista di fatto una dimensione pubblica. E che senso ha una benedizione al cospetto di un’assemblea se non quello di dare un riconoscimento pubblico a queste convivenze? Se (a fatica) si concedesse che non è questo l’intento di questo passo dell’Istruzione, rimane il fatto che una benedizione ad una coppia data in un contesto pubblico non può non assumere questo significato.

Dunque, semplicemente, continua a non essere possibile benedire una coppia irregolare in quanto coppia, per la natura stessa dei sacramentali e per l’oggettivo disordine di quella relazione. Ogni ministro della Chiesa che faccia diversamente si prende la responsabilità di benedire quello che Dio non può benedire. Perché Dio, a differenza di quanto sta accadendo in questo pontificato, non contraddice se stesso.

La scure è ormai posta alla radice dell’albero (cf. Lc 3, 9) e si stanno svelando i pensieri di molti cuori (cf. Lc 2, 35). Che non capiti che chi alzerà la mano per benedire ciò che il Signore non ha ordinato di benedire si esponga alla sorte di quei profeti che il Signore non aveva inviato: «Allora il profeta Geremia disse al profeta Anania: “Ascolta, Anania! Il Signore non ti ha mandato (...) perciò dice il Signore: Ecco, ti mando via dal paese; quest'anno tu morirai, perché hai predicato la ribellione contro il Signore”» (Ger 28, 15-16).



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