SCUOLA SOVIETICA

Torino non paga le scuole paritarie

Nonostante le promesse del sindaco Fassino, le scuole paritarie tornesi attendono ancora il 50 per cento dei contributi del 2012 (circa 2 milioni di euro): dovuti al ritardo del pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, o c'è lo zampino di un'ideologia statalista che va a braccetto con il caso di Bologna? - L'Italia dei comuni, di R. Cascioli 

Educazione 13_04_2013
Mole Antonelliana

Le promesse fatte personalmente dal sindaco Piero Fassino nel mese di novembre non sono state sufficienti: a dispetto del rientro del Comune di Torino nel patto di stabilità e degli introiti significativi realizzati con l'Imu, a tutt'oggi le scuole dell'infanzia paritarie private torinesi attendono ancora il 50 per cento del contributo 2012 e si trovano pertanto in estrema difficoltà anche per lo stesso pagamento degli stipendi alle insegnanti. Si tratta del contributo pattuito attraverso la convenzione con la FISM, recentemente rinnovata, ammontante ad oltre 1 milione e 700 mila euro, che il Comune avrebbe dovuto versare entro settembre 2012.

Non è questione da poco: 6.233 bambini e 556 insegnanti (di cui 482 laici) rischiano di perdere rispettivamente il loro posto nella scuola dell'infanzia e il loro posto di lavoro, e se le scuole paritarie dovessero chiudere il sistema scolastico cittadino collasserebbe, così come le casse del Comune.

Ormai è noto, e non è questione solo torinese ma nazionale: la spesa che l'Amministrazione dovrebbe sostenere per lo stesso servizio erogato da scuole statali sarebbe di gran lunga superiore, fino a dieci volte tanto. Le statistiche più recenti individuano un costo medio annuo per studente di circa 5mila 800 euro, e dunque il conto per il Comune ammonterebbe ad oltre 36milioni di euro all'anno, a fronte dei 3milioni e 200mila stanziati per la convenzione con la FISM.

Non sono invenzioni dei preti o di qualche ultraliberista cattolico: i dati sono ormai assodati, ne parlano anche specialisti del settore e autorevoli studi internazionali (si ascolti, al riguardo, l'intervista a Giovanni Vinciguerra di Tuttoscuola, GR1 ore 8,00 RadioRai del 10 aprile).

Basterebbe allora che il Comune predisponesse gli atti necessari per la “bancabilità” del contributo, consentendo così alle scuole paritarie di chiedere agli istituti di credito l'anticipo del contributo deliberato, in attesa dell'erogazione da parte dell'amministrazione comunale, almeno fino al 50% dell'importo.

Alcuni consiglieri della maggioranza – riconoscendo il valore delle scuole paritarie per le casse della città – avevano persino sottoscritto una mozione che prevedeva il recupero dei fondi per l'anno scolastico in corso, l'impegno a pagare con puntualità quanto spetta alle scuole per il 2013-14 e la predisposizione degli atti utili per la certificazione del debito e consentire alle scuole creditrici di farsi anticipare i soldi che attendono dal Comune. Dei tre punti, purtroppo, alla fine ne è stato approvato uno solo, ossia quello relativo ai pagamenti dell'anno in corso, di cui però non sono state fissate le date entro cui versare i soldi. Gli altri due sono stati rigettati: per la bancabilità, nello specifico, il Comune afferma di avere allo studio altri provvedimenti.

Ci chiediamo: se un metodo funziona ed è anche più economico, perché mettergli i bastoni tra le ruote in questo modo? Certamente agisce il retaggio della mentalità di una parte della sinistra che demonizza la libera iniziativa, soprattutto quando si occupa di servizi pubblici, perché ne teme i risultati e l'efficienza. Ma questa non è una novità, e fino ad oggi si era riusciti a tenerla a bada.

Il sospetto è che in questi tempi di “grillismo” dilagante e dunque di rigurgiti ideologici avversi alla libertà di educazione, una parte del PD (non il sindaco Fassino) stia puntando i piedi ritardando i pagamenti per cavalcare l'onda del referendum bolognese. Probabilmente si vuole testare la reazione dell'opinione pubblica per capire se c'è spazio per proporre anche a Torino una campagna analoga, andando così alla ricerca del consenso di chi desidera governi (e amministrazioni) “di cambiamento”…

Il copione, infatti, è lo stesso già visto a Bologna: nonostante sia tutto nell'interesse del Comune sostenere le convenzioni con le scuole paritarie piuttosto che dover far fronte ad un aumento, ben più costoso, di iscritti negli asili statali o comunali, l'ala più oltranzista della maggioranza non vuole dare riconoscimento al valore del privato che gestisce un servizio pubblico, opponendosi alle convenzioni e, di conseguenza, minando l'unità interna del Pd. Riuscirà il Pd smarcarsi da quest'ala massimalista e ideologicamente ottusa, che con le sue idee rischia di trascinare l'Italia nel baratro? Ne avrebbero grande giovamento sia il partito sia la convivenza civile.