NAPOLI

Radicali fuori dalla chiesa, resta la ferita del business

Vittoria della Bussola: niente basilica, i Radicali dovranno cercarsi una nuova sede per il congresso. Ma non c'è da esultare: al parroco che si opponeva alla profanazione è stato imposto il silenzio e rimandata la presa di possesso canonica della chiesa. Con la vicenda di San Giovanni Maggiore la Nuova BQ ha svelato un problema enorme: a Napoli, privati, società e fondazioni dispongono delle chiese per business e interessi personali, tenendo in "ostaggio" i fedeli. E questo il vescovo Sepe lo sa, ma invece di intervenire fa umiliare i giornalisti dai suoi uomini. 

Editoriali 15_09_2019

Anzitutto la buona notizia da comunicare ai lettori della Bussola: il congresso del Partito Radicale non si svolgerà nella chiesa di San Giovanni Maggiore di Napoli. È una vittoria che possiamo appuntarci sul petto perché solo il nostro giornale ha scoperto la notizia, l’ha verificata e l’ha denunciata. Primum fermare il male, ciò che crea scandalo, e un congresso di partito - che più di ogni altro ha combattuto la morale cattolica, poi, è un’aggravante - lo crea. Ma non siamo qui a lodarci. 

In tutti questi giorni non abbiamo visto la diocesi di Napoli negare la chiesa precedentemente prenotata dal partito che fu di Marco Pannella, nonostante quello che hanno scritto alcuni giornali. Per il semplice motivo che la Chiesa di Napoli si è ben guardata dall’annunciare pubblicamente il rifiuto a prestare la chiesa all’assise della Rosa nel Pugno. E questa è la notizia brutta della faccenda, che, unita allo scoprire che l’antica basilica è praticamente prigioniera di interessi alieni al culto, rende questa storia molto dolorosa per i fedeli e la fede in generale: a Napoli, in soldoni, ci sono chiese che sono ostaggio di bisogni commerciali ed economici. E di fronte a questo, l’arcivescovo, il cardinale Crescenzio Sepe non può rimanere in silenzio come invece sta facendo. 

Spieghiamo. L’immagine che può aiutarci a tirare le somme di questa storia è quella delle tre scimmiette che non vedono, non sentono e non parlano. 

“NON PARLANO”
Incominciamo da qui. A non parlare è il parroco cui è affidata la chiesa di San Giovanni Maggiore da appena un anno. A ben vedere è la vera vittima di questa storia perché don Salvatore Giuliano è un prete coraggioso e onesto, che ha provato ad alzare la voce rispetto a una situazione dolorosa: il non poter usare la chiesa neanche per un’adorazione eucaristica perché sempre occupata dalla Fondazione legata agli ingegneri di Napoli con cui la Curia ha un comodato. Vittima, ma anche eroe. Don Salvatore in questi giorni ha ricevuto una valanga di messaggi di incoraggiamento a non mollare e a pretendere dall’arcivescovo un cambio di destinazione del tempio: stracciare il comodato, far cessare gli eventi culturali, e riportare il tempio interamente al culto di Dio. Ma si è dovuto fermare.
Dopo l’atteso incontro di venerdì, il vescovo lo ha costretto al silenzio rispetto al quale lui ha prontamente obbedito. In più, sempre sua eccellenza, ha rimandato sine die l’ormai imminente presa di possesso della chiesa. Il motivo? Non è dato sapersi, ma il sacerdote doveva prendere ufficialmente il possesso della chiesa nei prossimi giorni con una cerimonia. Lo spostamento è davvero curioso e non fa propendere per una soluzione imminente della partita. La convivenza con la Fibart (la fondazione vicina agli ingegneri) è destinata a continuare? Evidentemente, se così fosse, neanche don Salvatore, come il precedente parroco che si dimise per lo stesso motivo, sarebbe il prete adatto a gestire la coabitazione forzata. E questa è una sconfitta. 

“NON VEDONO”
A non vedere lo scandalo di San Giovanni Maggiore è proprio il vescovo Sepe (in foto) che non riconosce che un congresso di partito in una chiesa destinata al culto è già un ottimo motivo per rompere un comodato d’uso, istituto giuridico, tra l’altro, tra i più fragili e deboli da impugnare in un'eventuale causa. Basta riconoscere che l’utilizzo che è stato fatto del luogo concesso è improprio. Ma ciò che è significativo del comportamento della Diocesi partenopea è il disprezzo verso chiunque abbia cercato di avere delle informazioni. «Non mi risulta che ci sia un congresso del Partito Radicale in chiesa», ci dice il portavoce del vescovo dopo giorni e giorni di richieste nel vuoto come se la notizia lo cogliesse del tutto impreparato dopo una settimana. O come se nel frattempo in questi giorni fosse stato a Bora Bora su una zattera di legno. 

Una presa in giro? O un modo per eludere le responsabilità della diocesi? Sicuramente un modo molto poco corretto e trasparente di gestire la comunicazione su una partita che - anche a causa delle continue e-mail arrivate alla Bussola - aveva assunto un rilievo nazionale e un interesse pubblico elevato. Niente da fare. Al terzo “Non mi risulta” abbiamo dovuto salutare. Stupisce però l’atteggiamento pacioso che certi prelati vogliono dare di sè. Oggi va di moda l’essere col popolo, poi appena il popolo inizia a chiedere spiegazioni, questi viene disprezzato.

“NON PARLANO” 
Chi dovrebbe parlare e spiegare molte cose è invece Luigi Vinci, ingegnere in pensione, già presidente dell’Ordine degli ingegneri di Napoli e oggi dominus della chiesa di San Giovanni Maggiore tramite la Fibart, una fondazione da lui creata per la gestione delle attività culturali nel tempio. Al telefono con la Bussola ha mostrato un disprezzo elevato. «Coi Radicali era un pourparler, un’ipotesi e basta», ci rimprovera come se la colpa fosse nostra che abbiamo denunciato la cosa. Pourparler? Facciamo notare che lui stesso, non più tardi di cinque giorni fa, ci aveva confermato l’evento specificando che era concordato con la Curia e che questo ci era stato annunciato dal Partito Radicale in una mail e poi al telefono dal suo segretario Maurizio Turco. «Non mi scocciate», la risposta di Vinci prima di riattaccare per non rispondere più al telefono. Un comportamento di chi sembra voler disporre della chiesa come se fosse di sua proprietà con un'arroganza e una maleducazione davvero uniche. 

Tra l’altro. Si dice spesso che la chiesa è stata restaurata dall’ordine degli ingegneri e che questi adesso la gestiscano. Non è vero. Questo accadeva quando ad essere presidente dell’Ordine sotto il Vesuvio era Vinci. Ma dall’arrivo un paio d’anni fa del nuovo presidente, Edoardo Cosenza, l’Ordine si è chiamato fuori dalla gestione delle chiese e Vinci ha proseguito quindi con la creazione di una Fondazione con la quale accoglie i partecipanti agli eventi (mostre, concerti, congressi e anche…congressi di partito) dicendo «benvenuti nella chiesa degli ingegneri».

E qui veniamo alla nota dolente, forse ancora più grave del congresso dei Radicali, che è stato alla fine cancellato. A Napoli ci sono realtà - lo abbiamo visto anche con la chiesa di Portosalvo - che utilizzano le chiese per fare di tutto tranne che pregare e dirvi Messa. Per soldi, per interesse, per consuetudine, fatto sta che oggi in tante chiese napoletane c’è una situazione che umilia il culto (unico oggetto e fine per una chiesa) per meri interessi commerciali, e tiene in ostaggio i fedeli che invece vorrebbero pregare. Tutto questo a Sepe sta bene? A giudicare da quanto accaduto in questi giorni sembra proprio di sì. E questa è sicuramente la notizia peggiore.